mercoledì 18 giugno 2014

Salvador: burocrazia all’ italiana

La donna era incinta di nove mesi. Si trascinava tutti i giorni davanti al’ internet bar del Porto di Barra, Salvador di Bahia, per chiedere una esmola (come si definisce la carita’ in portoghese). Con i pochi reais racimollati poteva comprarsi la “colla”, dose quotidiana di droga.
Poi infine giunse il giorno del parto. Lo aspettava da tanto tempo. Era gia’ tutto pronto.
Aveva già stabilito il prezzo. La coppia di portoghesi avrebbe pagato poco meno del migliaio di reais pattuito. Avrebbe potuto comprarsi una scorpacciata di “roba” buona.
Ma dopo un mese stava di nuovo là, davanti all’internet cafe’ del porto di Barra a chiedere una semola.

Problema di Bahia? Non del tutto. Anche problema italiano. Perchè? Si chiederà il mio lettore intrigato. Per la situazione in cui versa la adozione internazionale a Bahia, cui persone senza scrupoli “aggirano” con questa pratica vergognosa della compra in loco dei bebe’.

Sapevate che il vice consolato onorario di salvador, non essendo un consolato ufficiale, non puo’ aiutare nella realizzazione delle pratiche di adozione internazionale, che devono essere trattate a Rio de Janeiro? I tempi diventano biblici per chi vuole adottare legalmente, senza contare la terribile burocrazia brasiliana.

La domanda che alcuni lettori mi pongono è la seguente: Come umili contribuenti del salasso di imposte che paghiamo in Italia, avremo il diritto di spendere una percentuale infima del bilancio nazionale per potenziare i consolati italiani ed anche creare consolati che possono svolgere le pratiche di adozione internazionale come a salvador di Bahia?

In fondo i soldi sono nostri, le pratiche sono tantissime, le donne italiane in ansia di diventare mamme sono tantissime in Italia e soprattutto i bambini poveri che mendicano nelle strade di Salvador sono migliaia. I “viaggi della speranza” di coppie italiane a salvador di Bahia diventono veri e proprie via crucis della burocrazia italiana e brasiliana.

Perchè non creare un consolato vero a Bahia (non solo uno onorario con funzioni molto ridotte) che puo’ accelerare dal lato italiano questo processo lungo e snervante, che incentiva la pratica sordida della compra del bebe’ (anche da parte di italiani stessi)?

La domanda la giro umilmente al presidente Prodi che sicuramente è piu’ competente di me nel rispondere alle associazioni di donne italiane interessate all’adozione internazionale. I gravi tagli al bilancio della recente finanziaria ai consolati italiani nel mondo ha sicuramente aggravato il problema.

D’ altro lato il vice consolato di salvador è, per chi ha sperimentato personalmente l’ esperienza di chiedere un normalissimo certificato, anni luce dall’ applicazione delle leggi di trasparenza amministrativa approvate piu’ di un decennio fa in Italia.

Sapevate ad esempio che per chiedere un certificato da presentare alla polizia federale (pratica normale per chi vorrebbe stare a salvador in situazione legale) le differenze tra le procedure di Rio de Janeiro e salvador de Bahia sono enormi?

E’ paradossale che nel 2006 le procedure usate ricordano l’ Italia del dopoguerra e gli indimenticabili films del passato sulle “pratiche per ottenere il pezzo di carta”.
Non ci credete? Leggete qua:
Tutto aitante e pieno di allegria l’ italiano medio si presenta al vice consolato di Salvador de Bahia nella storica Casa di Italia per avere il famoso certificato. Ma gia’ sulla porta incontra una fila lunghissima: per una strana politica adottata dal Ministero degli Esteri i consolati italiani (probabilmente unici al mondo) adottano la politica della fila unica. Che cosa significa?
Significa che se migliaia di brasiliani a salvador, come a Rio o Sao Paulo, vogliono diventare italiani, devono recarsi al consolato per cominciare le pratiche. Fino a qui tutto bene.
Purtroppo i candidati brasiliani sono migliaia e si mettono in fila anche alle 3 del mattino.
Percio’ se l’ aitante italiano va alle 9 del mattino la fila che gli sta davanti è enorme e soprattutto è unica.
Ma cosa fanno il consolato americano a Rio o lo stesso consolato brasiliano in Italia?
Due file, una per i nazionali l’ altra per gli stranieri. Discriminazione? No, in fondo il consolato è territorio nazionale e quindi è giusto che un nazionale, che paga le tasse e quindi mantiene le spese del consolato, abbia una fila separata.
Ma torniamo al nostro aitante italiano. Beh, per la verità non è piu’ tanto aitante. Dovete sapere che il sole di Bahia è veramente forte e puo’ provocare anche svenimenti. Aspettare tanto tempo nel sole non è consigliabile.

Finalmente il nostro amico è arrivato allo sportello degli uffici del consolato e qui la prima sorpresa. I documenti da presentare sono tantissimi (quasi 10 rispetto a 2 o 3 di rio de Janeiro). In piu’ ascoltate questa: mentre a Rio il modulo puo’ essere tranquillamente scaricato da internet a salvador i moduli (sono due) devono essere riempiti personalmente in piedi nell’ufficio consolare. Il nostro amico ex-aitante chiede di prendere il modulo con se’, visto che deve tornare per presentare tutti i moduli che non ha (aveva controllato i documenti richiesti nel site di Rio de Janeiro ma qui a salvador si chiede molto di piu’). E qui la sorpresa: il modulo non puo’ uscire dall’ ufficio del consolato (sara’ segreto di stato?). Pertanto la prossima volta bisognera’ riempirlo personalmente e in piedi.

L’ ex-aitante raccoglie tutti i documenti richiesti, le foto, etc. etc. e si ripresenta (nella lunghissima fila) al consolato. Day 2: è finita? Manco per idea.

Nuova sorpresa: bisogna pagare una tassa di 86 reais (circa 31 Euro), piu’ di 7 volte quella di Rio. Perchè? La regola della tabella 67n: no, non è un film di Toto’, è la classificazione della tassa da pagare per l’ iscrizione consolare per certificati da presentarsi alle autorità brasiliane da parte del consolato di Salvador.
Autentica di fotografia, la spiegazione ufficiale delle autorità dell’ufficio consolare. Con questa giustificazione si applicano costi e moduli diversi per gli stessi certificati in diversi parti del Brasile. Insomma se stiamo a Rio siamo fortunati comparati a Salvador perche’ la’ il consolato ci trattera’ in maniera differente per lo stesso certificato. Ma il principio dell’uguale trattamento dei cittadini italiani di fronte l’ amministrazione pubblica? Ma mi faccia il piacere, direbbe Toto’.
E’ interessante notare che i fondi del vice consolato onorario di salvador vanno in un conto personale (ma separato) del vice console onorario. Inutile dire che non esiste pubblicita’ sulla movimentazione di tale conto. Ed il principio della trasparenza amministrativa?

Il nostro ex-aitante ha solo 100 reais, non ha il troco (il cambio).
Allora la sentenza è la seguente: perchè l’ ufficio non ha a disposizione il troco, devi uscire a cambiare i soldi e poi tornare. L’ ex-aitante (da adesso lo chiameremo il depresso) dice che non sa dove cambiare i soldi, deve scendere (a piedi) andare in strada, correre come un disperato, cambiare i soldi e poi tornare. E soprattutto fare cio’ il prima possibile perchè l’ orario di ricevimento sta per scadere e se non si ripresenta in tempo utile deve fare tutto di nuovo un altro giorno.
Ma la sentenza è già stata emessa dall’ ufficio consolare e, se non vuole perdere tempo, deve cambiare i soldi e subito: correre, correre, correre.
E allora il nostro aitante, pardon depresso, corre come Mennea (attento ad attraversare la strada ex-aitante che qua a Bahia è facile essere messo sotto) e finalmente torna in tempo utile.

Bene avrai il certificato in 15 giorni. Ma come, per un semplice certificato 15 giorni? Il personale è poco, pagato male e solo di tasca propria dal console onorario, percio’ smettila di protestare ex- aitante.

La scena non è quella di un film di Toto’, è quella molto probabile che vivrete se andate al famoso vice-consolato onorario di Salvador.
Ma che dice il vice console onorario di ciò’?
Beh, prima di tutto dice che i dipendenti li paga lui di tasca propria e non riceve quasi nulla dall’Italia per coprire i costi del consolato. Poi, che applica strettamente le direttive del consolato di Rio, e che percio’ non e’ responsabile se eventuali direttive nuove non gli vengono comunicate. Inoltre il consolato di Rio a volte non risponde nemmeno alle richieste che invia.
Ma sottolinea di essere in piena sintonia con il console di Rio.

E il console di Rio?
Massimo Bellelli e’ un gentiluomo e sottolinea le difficolta’ finanziarie in cui versa la rete consolare italiana: “Le segnalo peraltro che il vice consolato essendo onorario non ha personale stipendiato dal Governo italiano che anzi,purtroppo, con i vari tagli di bilancio apportati al Ministero degli Esteri nemmeno rimborsa tutte le spese vive che dovrebbe per legge restituire.Cio' pone l'ufficio e l'utenza, come puo' capire, in una difficile posizione.”

“a fronte di una domanda di servizi elevata da parte italiana e brasiliana il Vice Consolato ha una capacita' di elaborazione limitata dalle limitate risorse”.

“il Ministero degli Esteri, naturalmente e' informato della situazione ma deve ripartirsi tra tutte le sedi soprattutto tenendo conto dei limiti di bilancio. Il problema principale e' che l'Italia non e' sufficientemente sensibilizzata sul fatto di capire che strutture efficienti e forti all'estero sono un investimento mentre l'ottica che prevale al Ministero del Tesoro e in Parlamento che e' quella dei tagli alla rete estera.”

“Devo dirle peraltro che gli italiani non si registrano o non frequentano il Consolato non per i costi(l'iscrizione e' gratuita e tra l'altro un obbligo di legge altrimenti non ha diritto a certi servizi ) ma per l'abitudine italica di essere indipendenti e di farsi vivi solo quando c'e' un problema ed anche perche' molti non vogliono comparire, non vogliono perdere la residenza in Italia perche´magari gli porta benefici, vivono a Bahia solo pochi mesi,ecc.ecc. Il risultato e’ quindi anche a Roma non hanno ben chiaro il quadro della realta' locale e dell'esigenza di servizi tanto che si lamentano che Salvador assorbe piu' risorse che gran parte degli altri posti.”

Abbiamo chiesto lumi circa i punti menzionati nell’ articolo e in generale sulla situazione di abbandono in cui versa la comunita’ italiana di Salvador di Bahia, tanto al dottor Mario Trampetti, funzionario di grado elevato del ministero degli esteri quanto alla signora Francesca Marinaro, consigliera del ministro Massimo D’ Alema.
La signora Marinaro ci ha mandato la propria risposta che pubblichiamo volentieri.

“ho letto la sua corrispondenza con il Console Massimo Bellelli e apprezzo lo spirito dialogante che ne risulta per cercare di risolvere le questioni da lei sollevate.”

“Per questo nell'ambito della Finaziaria, come Ministero degli Affari Esteri siamo impegnati nella difesa di capitoli di spesa sufficientemente adeguati alle necessità riformatrici.
Questo l'impegno del ministro D'Alema e del Vice Ministro Danieli.”

“Fu grazie ad Enrico Berlinguer che nel 1984 il mondo dell'emigrazione italiana ha avuto un suo eletto nel Parlamento europeo. L'emigrazione italiana è, infatti, il mondo da cui provengo. La condizione migratoria è una esperienza di vita che difficilmente si cancella.”

Beh prendiamo atto e siamo lusingati che la questione che stiamo sollevando interessa i vertici del ministero degli esteri ed il governo.

Tuttavia a Salvador de Bahia la situazione rimane uguale per gli italiani, che continuano a sentirsi abbandonati dalle autorita’ del proprio paese e passi concreti per mudare cio’ non se ne vedono.
La mancanza di un vero consolato e di un Comite’ di italiani all’estero continua, i tempi biblici dell’ adozione e le scene alla Toto’ al consolato onorario di Salvador continuano.

Quando tutto cio’ mudera’?

Boh, mistero di Bahia.

Pubblicato il 24 novembre 2006

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