Sono un privilegiato. Sto facendo un lavoro interessante e bellissimo. Non per la paga, che al contrario e’ molto piccola. Ma se fosse stato per quella non avrei lasciato il lavoro superpagato della City di Londra per fare il giornalista in Brasile.
Da quando lavoro per una piccola ong per gli italiani all’estero di Bahia, APK, sto incontrando persone veramente interessanti. Veri e propri piccoli eroi sconosciuti di Bahia. Eroi italiani. Che l’Italia non conosce. Che a volte le autorita’ consolari locali non hanno mai visto. Ma che grazie al mio lavoro i lettori di tutto il mondo stanno conoscendo e apprezzando.
Ricevo lettere da Sydney, da Kuala Lumpur, da Philadelfia chiedendomi sempre piu’ storie su di loro. Come quella che vi racconto oggi, di questo italiano che ha fatto tanto in Brasile, eroe sconosciuto in un mondo moderno che mette in prima pagina chi guadagna un milione di dollari e che dimentica chi non e’ famoso ma che dedica la sua vita al sacrificio, al prossimo.
Padre Francesco Carloni, frate cappuccino di Salvador de Bahia. Lo incontro in un caldissimo primo pomeriggio domenicale. Busso con insistenza alla porta del monastero della piazza della Pidedade nel centro di Salvador. Dopo un po’ un frate mi apre. Chiedo del padre italiano, padre Francesco. “Frei Francesco esta’ almocando” padre Francesco sta pranzando mi dice l’umile padre, aspetti qui per favore. E mi seggo in una di quelle austere sedie tipiche dei conventi benedettini, in attesa del padre italiano.
Dopo un po’ viene un simpatico vecchietto minuscolo dentro una saia tipica dei benedettini e mi dice: “Salve sono Frei Francesco”. E cosi’ comincia la nostra amabile conversazione sulla vita di questo padre italiano di Montecaroto, Jesi, Marche, venuto in Brasile 36 anni fa.
A quell’epoca la vita era molto piu’ dura di oggi in Brasile Frei Francesco aveva deciso di venire perche’ aveva sentito parlare di Frei Beto e di altri padri che avevano deciso di aiutare i poveri e di affrontare i pericoli della dittatura militare a loro rischio e pericolo. Dittatura dura e spietata, anche se non molto conosciuta, quella brasiliana, che ha lasciato dei marchi profondi ancora oggi.
A quell’epoca i padri potevano essere arrestati e torturati con facilita’. Ma il simpatico marchigiano dall’aspetto fragile e dalla forza di volonta’ mastodontica non aveva avuto paura ed anzi aveva vissuto nell’interno dello stato di Bahia per aiutare i senza tetto e senza terra.
Per darti un ‘idea di dove lavorava, mio caro lettore, ti basti sapere che l’interno dello stato di Bahia mi ricorda il titolo di uno Zagor (fumetto italiano che reputo essere il migliore, per lo meno 30 anni fa): Terra senza legge. Niente strade asfaltate, terre sconfinate possedute da padroni che non vivevano li’ ma a Sao Paolo, lavoro schiavo diffusissimo e degradante, approfittatori di tutti i tipi e loro, i dannati della terra.
Gente poverissima che annoveravano anche figli di nostri emigrati, italiani in condizione di indigenza sfruttati come gli ex-schiavi negri liberati dalle catene legali ma non quelle economiche del potere dei fazendeiros (proprietari terrieri). Chi li osava sfidare rischiava la vita, visto che loro erano la legge. Ma il nostro simpatico marchigiano, minuscolo ma grandissimo, aveva svolto un grande lavoro ad Esplanada, nell’interno della Bahia, nel completo anonimato.
Dopo aver girato per decenni ad assistere i poveri della Bahia era finito nella capitale dello stato di Bahia, Salvador.
Piccola parentesi tutta italiana. Frei Francesco era tornato per un breve periodo in Italia. Poiche’ era registrato all’ AIRE non aveva diritto ad assistenza sanitaria in Italia. Cosa buffa perche’ lo stesso avveniva in Brasile. L’Italia non lo aiutava ne’ li’ ne’ in patria. Tuttavia ebbe un inizio di polmonite e rischio’ seriamente la vita. Era gia’ stato ricoverato al pronto soccorso con urgenza quando scoprirono che non aveva diritto all’assistenza. Francamente non so se cio’ fosse giusto o no secondo la legge italiana. So che gli dissero cio’. Tuttavia la compassione per il piccolo e fragile padre italiana fu piu’ forte della burocrazia italiana che l’avrebbe lasciato morire. Percio’ (gli dissero) fecero un eccezione e lo ricoverarono. Cosi’ si salvo’ la vita.
Ah, se cio’ avvenisse anche per gli emigrati italiani in condizione di estrema indigenza in Brasile tanti non sarebbero morti in anni recenti qui in Brasile.
Cosi’ frei Francesco ritorno’ a Salvador e continua il suo lavoro con il sorriso di sempre.
Piccolo eroe italiano sconosciuto in questa terra di Bahia, come tanti altri che umilmente lavorano in condizioni che in Italia sarebbero considerate disumane e qui sono considerate normali.
Non importa se l’Italia li ignorano, pensa solo a quanto costano, e’ cosi’ avara con loro.
Hanno deciso di vivere cosi’ e non saranno quattro centesimi del governo italiano che li fara’ cambiare idea.
Solo che forse meriterebbero di essere come minimo ricordati dal nostro stato, cosi’ generoso con alcuni banchieri nostrani, avidi e senza scrupoli, che sono salvati dal disastro che hanno causato ai poveri risparmiatori italiani, e cosi’ taccagno con i nostri eroi sconosciuti di Bahia.
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