venerdì 24 aprile 2009

Italiani all’estero: la luce in fondo al tunnel?

“Max avevi detto che era finita, che non c’era piu’ speranza, che era inutile scrivere sugli italiani all’estero ed eccoti qua a scrivere di nuovo. Cos’è successo?” mi chiede con occhi socchiusi in un questa fredda giornata di aprile il mio amico al bar nel porto da Barra, Salvador, Bahia.
Il freddo e la pioggia la fanno da padrona in questo periodo e nessuno esce fuori di casa se puo’. Come al solito in questa citta’ quando piove crollano le case costruite nelle favelas e invacoes con materiale fragile. E soprattutto la gente muore. Come e’ accaduto ad una bimba di un mese che nella favela della Gamboa, Contorno e’ stato uccisa da un masso che, staccatosi dal terreno friabile, l’ha fatta a pezzi.
Favela della Gamboa. E’ proprio questa la risposta alla domanda del mio amico. Ci sono stato. Li’ ho incontrato Daniele Valieri, un ragazzo di quarant’anni perseguitato dalla cattiva sorte e da persone cattive, ma anche da molta ingenuita’. Dopo aver visitato questo nostro connazionale che viveva da indigente in condizioni disumane ho scritto in dicembre 2008 un articolo che ha commosso molte persone. Ho ricevuto molte emails di solidarieta’. Tuttavia la situazione di Daniele non e’ cambiata. Il console onorario di salvador non ha alzato un dito per aiutare Daniele che ha continuato a vivere in una situazione infernale. Leggete l’articolo nel mio blog per sapere i dettagli.

Dopo aver cessato di scrivere ho cominciato ad interagire con un gruppo di italiani all’estero di quelli veri, che vivono all’estero e che conoscono sul serio i nostri problemi. Non politici che hanno la residenza all’estero e vivono tranquillamente sempre in Italia. Vengono all’estero solo di passaggio, vengono eletti e poi spariscono. Colpa nostra ad eleggerli direte voi lettori. E avete ragione perche’ e’ colpa nostra anche se l’ombra dei brogli e’ sempre presente quando si parla di voto all’estero.

All’inizio ero un po’ scettico ma piano piano questa comunita’ di italiani all’estero mi ha conquistato. Persone che vanno dall’ Australia alla Germania, dal Brasile agli Usa, dal Giappone all’Europa: si tratta di persone che conoscono bene i problemi degli italiani all’estero. A volte si discute animatamente su argomenti politici e per questo ho creato un blog che parla esclusivamente dei problemi delle comunita’ italiane all’estero a cui tutti partecipano, tanto di destra quanto di sinistra. Il blog ha cercato di trattare problemi quali quello della pensione ricevuta all’estero, i diritti degli italiani all’estero, cosa significa essere cio’ in vari paesi del mondo, etc.

Ma che c’entra questo ti chiederai mio caro lettore? C’entra e molto. Perche’ ieri per caso dopo non averlo sentito per mesi ho chiamato a Daniele. Con una voce rotta mi ha comunicato che, abbandonato da tutti, non aveva i soldi nemmeno per pagare l’affitto nella favela. Sarebbe andato a vivere sotto il ponte del Contorno. Quando mi ha detto cio’ ho avutro un brivido lungo la schiena.
Il ponte del Contorno. Quando sono andato li’ a visitare Daniele non sapevo vivesse li’ vicino. L’ho scoperto dopo, quando ho seguito le sue indicazioni che mi aveva dato dal cellulare.
Il ponte del Contorno e’ qualcosa di ributtante: topi, scarafaggi, siringhe, spazzatura, vetro rotto. E la strada d’accesso per la favela e probabilmente il posto di spaccio di droga del posto. Il pantano che si crea quando piove fa affogare le scarpe. Li’ ci sono case diroccate, abbandonate, senza elettricita’. So che pensate miei cari lettori. Posti cosi’ ci sono anche in Italia. E invece no credetemi.
Qui in Sudamerica allo schifo delle condizioni igienico-sanitarie disumane si mischia la poverta’ estrema di alcuni che vivono nelle favelas che possono ammazzarti senza pieta’ per prenderti i jeans, perche’ le scarpe non ce l’ha nessuno che vive la’ e quindi nemmeno Daniele.

Senza esitazioni ho contattato il gruppo di italiani all’estero, miei nuovi amici. Non citero’ i nomi delle persone perche’ sarebbe ingiusto escludere alcuni. Sono tanti eroi anonimi che si sono mobilitati subito, senza esitazione e senza conoscere assolutamente Daniele. Una cosi’ subitanea solidarieta’ mi ha francamente meravigliato. Alcuni si sono offerti di aiutare finanziariamente Daniele, tutti abbiamo scritto all’ambasciata, al Ministero degli Esteri ai politici eletti all’estero. Con la sola eccezione di Fabio Porta che ha promesso il suo subitaneo interessamento nessuno di questi ha risposto.
Poi il “miracolo”. Il console di rio de Janeiro, gran brava persona da poco arrivato a Rio, Umberto Malnati ci ha scritto affermando che sono stati stanziati mille reais per aiutare Daniele ad uscire dall’inferno dove si trovava. Inoltre la sua situazione sara’ seguita in futuro. E dire che il console onorario sapeva tutto da mesi e non ha fatto niente. Piccolo passo avanti che salvera’ la vita di daniele per lo meno per il momento.
Ma, al di la’ della gioia di aver potuto aiutare veramente e non a parole un italiano indigente c’e’ un fatto che ci deve far pensare.
La solidarieta’ internazionale e concreta tra gli italiani all’estero ha aiutato un nostro connazionale a non morire di stenti. E’ un fatto. Si tratta di una luce in fondo al tunnel degli italiani all’estero. Forse la sola e unica via di aiutare gli italiani all’estero, abbandonati dai politici, e’ di aiutarci tra di noi. Come nel caso di Daniele.

domenica 5 aprile 2009

Il giullare degli indigenti italiani

Finalmente e’ risolto. L’annoso problema degli emigrati in condizione di estrema indigenza. Si adottera’ la soluzione finale. Quella ultima. Quella fisiológica.
Considerato che:
1) stiamo parlando di ultrasessantacinquenni in condizione di indigenza in particolare nelle favelas sudamericane;
2) se ne è cominciato a parlare nel 1975 alla Prima Conferenza Nazionale dell'Emigrazione, come há autorevolmente confermato l’onorevole Bafile (sono gia’ passati 30 anni e morti chissa’ quanti emigrati nel frattempo);
3) si prevede una gradualità progressiva per l'erogazione dell'assegno di solidarietà in base alla quale non verrebbe erogato immediatamente l'importo mensile di 123 euro ma per il primo anno di applicazione della legge verrebbero dati 90 euro mensili, per il secondo anno 106,5 euro e si arriverebbe solamente nel terzo anno di applicazione alla cifra di 123 euro: proposta Bafile se e chissa quando sara’ approvata, e com cifre cosi’ basse da sembrare fatte com spirito umoristico,
la soluzione finale sembra la seguente: aspettiamo che questi indigenti passino a miglior vita.
Infatti, considerando che la vita media in américa Latina (specialmente nelle favelas) difficilmente supera i 65 anni, gia’ i nostri connazionali indigenti sono um esempio di longevita’ per gli standard sudamericani.
Se a questo aggiungiamo che lê difficolta’ di approvazione di proposte di legge come quella della onorevole citata e la fragilita’ del presente governo, e’ evidente che la proposta di legge (quella vera, segreta, non rivelata ma che si puo’ dedurre daí fatti citati), la soluzione del governo dell’Illustrissimo Danieli sembra essere:
facciamola finita com ‘sti vecchi, aspettiamo che crepino. In fondo dal 75 ad oggi la maggior parte gia’ se ne e’ andata, e’ solo questione di aspettare un poco perche’ anche gli ultimi si esauriscano.
Ma sapete qual’e’ l’ironia della sorte?
Che se, come nelle commedie medievali, un giullare invertisse i destini di alcuni degli ultrasettantenni poveri indigenti (próprio in Sudamerica) con quelli di alcuni illustri rappresentanti di questi che siedono al Parlamento della loro stessa eta’, questi ora vivrebbero nelle favelas sudamericane e la soluzione fisiologica sarebbe adottata proprio per loro.
Pertanto fortuna per loro che queste cose succedono solo nelle commedie, anche se nella vita mai dire mai.

(articolo pubblicato il 28 ottobre 2007 )

giovedì 2 aprile 2009

Italiani all’estero: e’ finita?

“Caro Max dimmi una cosa: perche’ continui a scrivere sugli italo-brasiliani e sugli italiani all’estero? Non vedi che ormai molti non ti pubblicano, che dici cose scomode, che non guadagni niente a dire la verita’?”. Chi mi siede di fronte nel boteco (bar povero) dei giornalisti italiani di Sao Paolo e’ il mio amico basso e tarchiato di origini meridionali. Ma l’altro cronista, spilungone nordico aggiunge: “Max, non lo vedi che e’ finita? Che gli italiani all’estero non contano piu’ niente? Che sono usati per meri fini elettorali, e che alla fine sara’ loro tolto anche il diritto di votare rappresentanti all’estero? Con il tuo background dovresti scrivere di finanza, di mille altre cose, piuttosto che di italiani all’estero”. Il clima e’ davvero di depressione totale e per alleviare questo caldo africano-tropicale solo una cervejinha (birra) gelata.
“La verita’ e’ che siamo alla fine della corsa. Gli italiani all’estero sono stati di moda per un certo periodo di tempo ma ora e’ praticamente finita per loro. Ne’ da destra ne’ da sinistra c’e’ alcun segnale per loro. Solo silenzi. E solo alcuni cronisti onesti lo dicono. Il resto a sperticarsi in elogi ed arrampicarsi sugli specchi per negare cio’ che evidente: di noi italiani all’estero non gliene frega niente a nessuno” aggiunge con accento romanesco l’amico dal fondo.
“E vedete le figure che dominano il panorama degli italiani all’estero nella politica italiana. Con qualche emerita eccezione veramente di valore, sembra di tornare ai tempi di prima di tangentopoli in Italia. Mezze figure a volte sinistre, furboni e trasformisti dell’ ultima ora, persone che sono eletti all’estero e subito si candidano in Italia perche’ hanno fiutato l’aria che tira e vogliono evitare di perdere la poltrona. Per non parlare di imbroglioni autentici arrivati non si sa come in Parlamento. E l’ironia della sorte sai qual’e’? Che fuori d’Italia abitano alcuni degli italiani migliori, quelli che sono stati cercati da grandi corporations o istituzioni per lavorare perche’ mancavano skills adeguate in quei paesi. E emigrati antichi, di grandissimo valore che hanno dedicato la loro vita a guadagnarsi il pane onestamente. Ma ambo le categorie si tengono alla larga dalla politica. Sembra che pensano che sia una cosa torbida. E come si puo’ dare loro torto viste le figure che circolano in quell’ambiente degli italiani all’estero?” si chiede il tipo basso e tarchiato.

E con questa domanda vi lascio miei cari lettori. Sto francamente pensando di smettere di scrivere. Come dicono i miei colleghi, sembra una lotta difficile e impari. Ma cio’ che e’ peggio, inutile. Il “nuovo” e’ come il vecchio o anche peggio. Le leve nuove e brillanti sono emarginate sempre di piu’ dalla politica degli italiani all’estero. Crescono e si fortificano persone di dubbia qualita’. Ci sono elementi validissimi che lavorano alacremente e onestamente. Ma loro stessi sono sfiduciati.
Perche’ continuare a scrivere percio’?

Di Girolamo, la vergogna degli italiani all’estero

“Caro Max scrivi sempre sul caso Battisti, e hai ragione. Tuttavia per parlare degli italiani all’estero devi parlare anche di altri casi. Che ne pensi del caso Di Girolamo?” mi chiede il mio lettore dal Belgio.
A ricordare il meraviglioso Belgio, dove decenni fa studiai al famoso College d’Europe di Brugge (reputata la migliore scuola al mondo per studi sull’Unione Europea), riconosco che il caso Di Girolamo mi fa vergognare di essere italiano.
Ironia della sorte per uno come me che e’ sempre stato fiero di essere italiano. Tuttavia cio’ che si insegnava al College d’Europe sulla formazione di un futuro europeo era basato su un principio molto semplice: il rispetto delle leggi, per lo meno quelle basilari. Ed il caso Di Girolamo rappresenta il contrario. Rappresenta il buggerarsi di tutte le regole sulle quali si fonda la democrazia. Nessuna sorpresa che quando si parla di abolire i rappresentanti italiani eletti all’estero, il primo caso che viene citato e’ sempre il suo.

E bisogna ammetterlo. Con alcune eccezioni questo caso mostra quello che e’ sempre stato evidente in Italia. Quando si tratta di difendere i propri colleghi, la solidarieta’ di casta e’ spietata. Ma facciamo un passo indietro.

Vediamo che dice il sito Wikipedia a riguardo del “senatore abusivo” di Girolamo:
“Nelle elezioni del 2008 si candida per il Popolo della Libertà nella circoscrizione estero. Tuttavia, di Girolamo non risulta, all'atto della candidatura, residente all'estero, ma avrebbe presentato domanda di residenza in Belgio solo l'8 maggio 2008, dopo le elezioni. Mancherebbero dunque i requisiti per l'elezione. Per questo il giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Roma ha chiesto per di Girolamo gli arresti domiciliari con le accuse di aver attentato ai diritti politici dei cittadini, falsa attestazione o dichiarazione a un pubblico ufficiale sulla sua identità, falsità ideologica commessa dal pubblico ufficiale in atti pubblici determinata dall'altrui inganno, concorso in falsità ideologica commessa da pubblico ufficiale in atti pubblici, concorso in falsità in atti destinati alle operazioni elettorali determinata dall'altrui inganno, concorso in abuso di ufficio, falsità in atti destinati alle operazioni elettorali, false dichiarazioni sulle sue generalità.
Nel settembre 2008, il Senato non concede però l'autorizzazione all'arresto; le prove contro di lui sono però utilizzate dalla stessa Giunta per proporne la decadenza dal seggio di senatore.
Il 29 gennaio 2009 l'Assemblea del Senato - respinta la proposta di rinvio della discussione sulla decadenza dal seggio - ha preferito capovolgere la proposta della Giunta, a cui è stato ordinato di riesaminare il caso e di riportarlo in Assemblea solo dopo la sentenza penale definitiva.”

A questo punto e’ evidente che, se anche uno come Tremaglia (PDL) definisce il caso di Girolamo “una vergogna” significa che una cosa abominevole e contro tutte le regole democratiche sta accadendo.

Ma veniamo alla solidarieta’ di casta. Il 24 settembre, con il voto segreto al Senato questi sono stati i risulati sull’arresto di Di Girolamo: 204 no all’arresto (Pdl, Lega, Pd, Udc), soltanto 43 sì (IdV e qualche pidino sciolto).

E allora diciamocelo francamente. Quello che conta e’ la solidarieta’ di casta. Come nel caso Di Girolamo. E allora evitiamo di incolpare gi italiani all’estero per le vergogne nazionali. Come quella della solidarieta’ di casta per il caso di Girolamo.

martedì 31 marzo 2009

Che succedera’ ai parlamentari eletti all’estero?

“Caro Max ho letto i tuoi recenti articoli sul caso Battisti. Devo riconoscere che hai un acume notevole. Hai previsto il no di Lula quando tutti dicevano che era Genro che era contrario all’estradizione. Sicuramente sei la fonte piu’ attendibile in Brasile su cio’ che succede li’. Tuttavia non sono d’accordo sul lato “italiano” della faccenda. La tua interpretazione dell’uso del caso Battisti per “far fuori” gli eletti all’estero mi pare eccessiva. Quali sono gli elementi su cui basi questa posizione? Hai detto che dal lato brasiliano c’e’ una sorda lotta per il potere in corso e mi hai convinto. Ma dal lato italiano cosa sta succedendo? Qual’e’ il gioco in corso?” mi chiede il mio lettore da Buenos Aires, Argentina.
Devo ammetterlo. Dopo l’ultimo mio articolo sulla teoria dei giochi sono subissato di emails chiedendomi di decifrare gli oscuri giochi di potere in corso tanto in Italia quanto in Brasile. Bisogna dire che non ho il tempo per rispondere a tutti i quesiti ricevuti. Ma a questa osservazione del lettore italo-argentino voglio rispondere. Perche’ arriva al cuore del problema.

Da piu’ parti mi e’stato chiesto infatti di decifrare il lato italiano del “gioco” Battisti. Beh, al contrario del chicken game in corso dal lato brasiliano, nel lato italiano siamo in presenza di un classico caso di “win-win” game. Il che significa che qualunque sia il risultato il banco (nel caso il governo italiano) vince. Perche’?

Il punto e’ il seguente. Il caso Battisti ha determinato la maggiore crisi diplomatica della storia repubblicana italiana recente. Mai si era giunti a ritirare l’ambasciatore nei confronti di un paese “amico” come il Brasile. Ministri di primissimo piano come quello della Difesa e degli Esteri italiani hanno preso posizioni durissime contro il ministro della Giustizia brasiliano ed altre autorita’ di quel governo. Si e’ trattata di una escalation di posizioni difficilmente sanabili nel breve termine. Se, come prevedibile, la risposta finale sara’ no all’estradizione, l’indignazione italiana raggiungera’ livelli mai toccati nella storia recente delle relazioni internazionali italiane. Si parla di ricorso dell’ Italia alla Corte di Giustizia dell’ Aja, una cosa fatta per criminali di guerra come Karazic. Anche volendo sposare l’approccio “soft” di alcune ali del governo italiano non si puo’ non ignorare la situazione di incredibile “disconfort” che un diniego dell’estradizione determinerebbe. E sicuramente comincerebbe la caccia alla streghe, al colpevole della mancata estradizione. Gia’ in passato questa caccia al caso espiatorio aveva identificato la comunita’ italo-brasiliana come responsabile di questa mancata estradizione. E questa era stata la posizione anche di membri del governo non di persone di terz’ordine della politica italiana.

Ma nel caso di una posizione definitiva negativa sull’estradizione bisognera’ “incolpare” qualcuno di piu’ in alto. Qualcuno o un gruppo che ha mostrato di non essere utile, di essere inefficace, di essere incapace di dare un contributo tangibile al proprio paese. E chi risponde a questo identikit meglio della categoria degli eletti italiani all’estero?
Questa categoria non e’ mai stata amata in Italia. Definita di “papponi”, di spesa inutile. Molti degli appartenenti alla categoria hanno gia’ mostrato di essere trasformisti, alcuni hanno violato leggi, e in definitiva si tratta di una categoria gia’ discreditata. Ci sono anche galantuomini ma purtoppo in una cesta con 10 uova buone e una marcia quest’ultima e’ quella che viene notata subito, specie dalla stampa nostrana. Ed inoltre lo stesso governo che ha partorito questa categoria lo ha fatto piu’ per merito di Tremaglia che non di una posizione unica e monolitica del governo stesso. Infine si tratta di una categoria che molti da destra a sinistra ne farebbero volentieri a meno.
C’è poi un piccolo segnale. Persino un eletto all’estero della maggioranza ha incolpato gli italo-brasiliani della mancata estradizione in passato. Il messaggio era quasi questo: sono quegli italiani all’estero (gli italo-brasiliani) non tutti gli italiani all’estero che sono colpevoli di cio’. Dopodiche’, ad ulteriore conferma del “disagio” di appartenere alla categoria (o per assicurarsi una poltrona in futuro) la persona in questione si e’ candidata ad elezioni in Italia.
L’impressione e’ quindi lapalissiana: se l’estradizione fosse negata, sull’onda dell’indignazione, si potrebbe fare di tutt’erba un fascio e finalmente “far fuori” questi scomodi ed indesiderati inquilini del Parlamento. I recenti e forse tardivi tentativi di aggregazione della categoria sicuramente mostrano che la preoccupazione degli eletti all’estero e’ palpabile.
Percio’ siamo in presenza di un “win-win” game. Se Battisti e’ estradato in Italia il governo (specie il ministro degli esteri che ha messo la sua faccia su questa storia) sarebbe molto felice. Se non lo sara’ si puo’ approfittare di cio’ per spazzar via questi ospiti indesiderati capitati quasi per caso in Parlamento (gli eletti all’estero). A meno che? A meno che se ne parli prima e si sveli il segreto piano in corso. Perche’ cosi’ sara’ piu’ difficile attuarlo.

mercoledì 11 marzo 2009

Caso Battisti: nervi a fior di pelle

“Caro Max sul caso Battisti i nervi sono a fior di pelle” mi dice il mio amico del boteco (bar povero) di Sao Paolo. “Quella email che mi hai mostrato lo dimostra” continua lui. “Da qua fammi leggere” afferma l’altro collega squattrinato del bar. Una cosa e’ in comune ai miei amici del boteco di Sao Paolo: tutti in gamba e senza un soldo. Sembra questo essere il destino di noialtri giornalisti italiani di Sao Paolo. “Ma guarda un po’. Un tipo cosi’ serio che scrive queste cose”.
E non facciamo impazzire di curiosita’ il lettore e leggiamola questa email di un illustre parlamentare italiano ricevuta dal sottoscritto.
“Caro Amico,
un solo commento: perché, nel raccontare quel che fa l'Italia politica, si ostina a non parlare mai del voto unanime della Camera dei Deputati dello scorso 26 febbraio?
A oscurare quella notizia, ci pensano già i giornali, sotto la spinta dei salotti radical-chic di Parigi, e perfino il governo che forse non vuole grane col Brasile o, appunto, coi Francesi (alla Camera è stato il governo a far tardare di diverse settimane la discussione della nostra mozione unitaria).
Ma perché ci si mette pure lei? Non capisce che questo voto chiarissimo e unanime della Camera, che rappresenta al livello piú alto l'intera Nazione secondo la nostra Costituzione, è la prova piú evidente che Battisti NON è un perseguitato politico? Non si rende conto che censurare questa notizia e dare tutte le altre che evidenziano gli errori e le contraddizioni del nostro Governo è un grosso favore alla insopportabile campagna di Battisti, che oscilla fra proclami di innocenza e richieste di perdono?
Evidentemente no, non lo capisce. Oppure fa finta di urlare contro Battisti, ma sotto sotto le sta simpatico. Peccato.
Cordiali saluti,
XY”
“E tu che hai risposto Max?” mi chiede il mio amico con gli occhi infuocati.
“ Caro XY
ammetto di non aver citato nei miei articoli il voto della Camera dei Deputati. Lo faro' in futuro. Mi dispiace che lei pensa che Battisti mi sta simpatico. Le garantisco che prende una gran cantonata.
In ogni caso i miei articoli sono volti a evidenziare le problematiche vere dietro il caso Battisti. Non per voler sminuire l'importanza del voto alla Camera. Mi permetta una piccola domanda a riguardo: se la Camera fosse cosi' unanime riguardo a Battisti perche' non vota qualche misura che veramente possa ottenere la sua estradizione (come rottura delle relazioni diplomatiche con il Brasile, sfiducia verso il ministro degli esteri italiano che evidentemente ha mal gestito l'intera faccenda), etc.?
Penso che se veramente si vuole ottenere l'estradizione di Battisti bisogna votare misure diverse e piu' efficaci. In Brasile la notizia del voto non e' stata presa in considerazione come una grave rottura con l'Italia. Al contrario la percezione qui e' che l'Italia ingoiera' il rospo senza fiatare. E questo tanto da parte del governo che dell'opposizione.
Nel mio piccolo mi limito a descrivere le misure veramente efficaci. Purtroppo so bene che il potere dei parlamentari italiani di questi tempi e' piuttosto limitato e che persino di molti membri del governo.
E' peraltro vero che alcuni suoi colleghi della Camera sono venuti qui in Brasile a spese della Camera per viaggi di efficacia quantomeno dubbia (per non dire spreco di soldi pubblici) con la scusa di risolvere il caso Battisti. Perche' nessuno lo dice alla Camera?
In ogni caso e' cosi' palese che Battisti non e' un perseguitato politico ma solo un volgare criminale che non lo ripeto spesso nei miei articoli.
Saluti
Max”
“Max hai fatto bene non devi essere il megafono di nessuno anche quando si tratta di iniziative meritevoli come quella citata” mi dice uno dal fondo.
Eh si, man mano che la sentenza del caso Battisti si avvicina i nervi sono a fior di pelle.
Ma permettemi di dire una cosa. Se e’ vero che dobbiamo operare nella stessa direzione, e’ altrettanto vero che (non e’ il caso del parlamentare che mi scrive) molti dicono di fare ma pochi veramente fanno qualcosa. Molti sono frustrati. La realta’ e’ che, come ho scritto ad un altro parlamentare, “Al giorno d'oggi (con tutto il rispetto) i parlamentari non sono poi cosi' importanti nella politica italiana.”
Lo scollamento tra rappresentanti eletti e elettori e’ impressionante. Specialmente quelli eletti all’ estero. Il caso Battisti ha drammaticamente messo cio’ in evidenza. Le comunita’ italiane all’estero manifestano sempre di piu’ la loro insofferenza verso la mancanza di attenzione dell’Italia verso di loro. A questo punto e’ bene che cio’ sia messo nella dovuta evidenza. Per evitare che (nel caso degli eletti all’estero) la soluzione presa, forse anche figlia di una frustrazione sul caso Battisti, sia cio’ che sta covando da tempo: eliminare i rappresentanti eletti all’estero.

L’attacco finale agli italiani all’estero

Finalmente se ne parla apertamente. E dire che i segnali c’erano da tanto tempo. Ma adesso ci sono entrambi. Le parole e i fatti. Ed entrambi dicono la stessa cosa: eliminazione dei rappresentanti italiani eletti all’estero.
“Ma cosa dici Max, vaneggi?” sembri pensare mio caro lettore. Ed invece no. E te lo dimostero’. Leggi qua sotto e vedrai se le mie sono parole campate in aria o una seria possibilita’.

Le parole. Dichiarazioni circa l’inutilita’ dei rappresentanti italiani eletti all’estero abbondano. Le prime dichiarazioni ci sono state sin dall’inizio della scorsa legislatura. In quella i rappresentanti italiani eletti all’estero erano decisivi per la maggioranza ma non seppero approfittare di cio’ per beneficiare i propri elettori. Al contrario furono quasi del tutto inconsistenti e, giustamente, molti di loro non furono rieletti. In questa legislatura non sono decisivi ed il loro peso ed importanza e’ stato ridimensionato drasticamente. E di nuovo le voci circa la loro eliminazione dal Parlamento italiano sono tornate con maggiore insistenza. Di certo non ha aiutato il carattere folkloristico di alcuni di loro o alcune irregolarita’ anche penali che hanno gettato un pesante cono d’ombra sull’intera loro categoria. Gia’ tacciati (indirettamente) di papponi, soldi sprecati dello stato italiano, si sa che la implacabile scure del Ministero delle Finanze sta cercando di eliminare tutte le spese considerate inutili. Difatti l’intera categoria degli italiani all’estero hanno subito una riduzione nel bilancio dello stato quasi epocale che testimonia la scarsa attenzione di questo governo agli italiani all’estero. E’ inutile nasconderlo. E’ un fatto. Cio’ altro non e’ che la continuazione di cio’ che e’ avvenuto in passato con il precedente governo, di opposta tendenza politica. Solo che le dichiarazioni sembrano anticipare un disegno di eliminazione della categoria dei rappresentanti italiani all’estero.

I fatti. Sembra ormai un fuggi-fuggi. Tra candidati a governi stranieri e italiani di regioni, provincie e comuni, sembra che i rappresentanti italiani eletti all’estero usino la loro carica come trampolino per una carriera in altri liti, molto spesso italiani. Nulla di male che un politico decida di cambiare obiettivo. Tuttavia il farlo quando esercita’ gia’ una carica per la quale e’ stato eletto denuncia per lo meno mancanza di attenzione verso il popolo dei suoi elettori, per non dire il loro tradimento. Il trasformismo e’ un male antico della politica italiana. Ma probabilmente mai si era visto che nell’arco di pochi mesi o qualche anno un eletto optasse subito per un’altra carica pubblica nel proprio o in un altro paese senza troppi complimenti per i suoi antichi elettori.
Ma la domanda e’: sara’ che questa scelta di cambiamento di campo e’ anche motivato dall’aria che tira, dal fiutare che ormai per i rappresentanti italiani eletti all’estero siamo alla frutta e che e’ meglio scegliersi un’altra carriera prima di rimanere a piedi?

Eh si mio caro lettore, parole e fatti sembrano andare in un’unica direzione: farla finita con i rappresentanti italiani eletti all’estero. Ma e’ un bene o un male?
Per cio’ che hanno prodotto (quasi niente) sembrerebbe essere un bene e tuttavia non lo e’. Ma ci vuole una seria correzione. Per evitare un trasformismo sfacciato bisogna che nell’esercizio del loro mandato gli eletti all’estero si appoggino ai rappresentanti delle comunita’ italiane all’estero. Ma non ai Comites e altre istituzioni barocche, senza alcun contatto con la realta’. Ma ai veri rappresentanti delle comunita’, quelli che hanno il polso della situazione, che ne conoscono i loro bisogni e che sappiano agire in loro difesa. Senza di questi i parlamentari italiani eletti all’estero saranno liberi di farsi irretire dalle sirene del potere e dimenticare da dove vengono e le loro comunita’. Diventando veramente un costo inutile che la scure de ministro del Tesoro potrebbe tagliare.

Caso Battisti: caso chiuso?

“Mio caro Max, c’è oggi in Italia una corrente incredibilmente ottimista circa il caso Battisti. Tutti dicono che la Corte Suprema dara’ giudizio positivo sul processo di estradizione. Tu che ne pensi?” mi chiede il mio amico del bar dei cronisti poveri di sao Paolo. “In questo periodo in Italia c’è una gran confusione e nessuno intende che sta succedendo. Percio’ quelli che parlano sul caso Battisti hanno gioco facile” mi dice un altro.
Beh miei amici vi diro’ che ne penso. Questo anche per chiudere su questo argomento che ha avuto troppa attenzione e troppe speranze. Francamente spero che la Corte Suprema brasiliana dia parere favorevole all’estradizione. Questo per una ragione molto semplice. Questo atto farebbe cadere per sempre l’ipocrisia e l’ignoranza che si ha su questo argomento in Italia. E perche’ metterebbe finalmente a nudo una verita’. La nostra politica estera e’ risibile in quanto carica di speranze fatti tutto sommato non rilevanti.
Cosa intendo? E’ il seguente. La decisione di dare asilo politico e’ stata del presidente Lula. Tuttavia si e’ data la “colpa” a Genro in Italia, mostrando una ignoranza di come vanno le cose qui in Brasile. Piu’ volte abbiamo ribadito questo concetto ma in Italia si ostinano a pensare che intendono cio’ che accade qui. Noi siamo la comunita’ italiana in Brasile, sappiamo cosa succede. Ma tant’è. Ritorniamo a cio’ che dicevamo.
Qualora la Corte Suprema brasiliana desse parere favorevole all’estradizione si tratterebbe di un parere obbligatorio ma non vincolante. In altre parole a questo punto la decisione finale sull’estradizione di Battisti verrebbe presa da Lula. In questo caso si vedrebbe finalmente quello che tuttti sanno in Brasile e che nessuno sembra capire in Italia. Lula direbbe no e punto. Il caso e’ chiuso, come lui stesso ha detto tempo fa.
Finalmente cadrebbe quel velo di ipocrisia e ignoranza su questo caso in Italia. Finalmente si capirebbe che e’ meglio (e piu’ economico) consultare noi che viviamo qua piuttosto che organizzare viaggi inutili e carissimi in Brasile per incontrare persone di dubbio effetto sul caso.

E forse per il futuro si potrebbe definire una nuova politica estera italiana, consultando gli italiani negli USA per i rapporti con gli USA, in Australia con gli italiani di quel paese e cosi’ via. E non parliamo delle autorita’ consolari o parlamentari perche’ i primi sono troppo dentro le cose d’Italia e i secondi in Italia ci vivono e lavorano. Chi ha veramente il polso della situazione siamo noi che ci viviamo all’estero. Provate a chiedere la stessa domanda alla lobby ebraica negli USA e vedrete la risposta. Chissa’ perche’ cio’ che e’ pacifico per altri paesi in Italia e’ assurdo.

Caso Battisti: la soluzione gaucha?

“Caro Max, il carnevale e’ finito, i parlamentari italiani sono tornati a casa dopo una dispendiosa visita qui in Brasile e qual’è la situazione ora? Cosa succedera’ nel caso Battisti?” mi chiede il mio amico nel bar dei cronisti poveri di Sao Paolo. “La situazione e’ fluida, i parlamentari italiani sono tornati carichi di aspettative ma penso che la situazione non e’ mutata: nessuna chance di estradare il terrorista” risponde al mio posto il mio amico basso e tarchiato davanti alla immancabile cervejinha (birra gelata) nel caldo estivo di sao Paolo. “Ma perche’ ai nostri parlamentari piace fare visite care e senza risultati, io invece saprei la soluzione” risponde uno spilungone con accento del Sud del Brasile dal fondo. “Chi e’ che parla?” chiedo io. “E lui risponde: “Sono Tommaso, cronista italiano povero gaucho di Porto Alegre, Rio Grande do Sul”.
“Vieni qui Tommaso e dicci la tua soluzione” rispondo io.E Tommaso viene dal fondo e inizia: “Se avessero parlato con noi, la voce della comunita’ italiana del Brasile, avremmo evitato di spendere soldi al Parlamento italiano e avremmo dato un suggerimento molto piu’ efficace di quattro chiacchiere con i parlamentari di Brasilia”.
“Vai dicci tutto, non tenerci sulla corda” risponde il mio amico basso e tarchiato con il tipico temperamento “focoso” meridionale.
“Il punto e’ il seguente: nel Brasile la comunita’ italiana piu’ vicina all’Italia vive nel Sud, specie a Rio Grande do Sul. Li’ siamo forti, molti di noi parlano italiano correntemente (a differenza di altri parti del Brasile), sentiamo forte il legame con l’Italia. In piu’ i legami economici sono forti e si è sentito l’effetto ad esempio nello stato di Santa Caterina (stato vicino al nostro) di un annullamento di una visita italiana di commercio a causa del caso Battisti”. “E allora?” interrompe il tipo bassino.
“E allora ecco di cosa si tratta: il ministro della giustizia Tasso Genro e’ il probabile pre-candidato del PT a governo dello stato. E’ interessatissimo a questa carica. Tuttavia si tratta di una elezione complicata. Il peso della comunita’ italiana e’ sicuramente decisivo per vincere le elezioni. Se la comunita’ italo-brasiliana in conseguenza della negazione dell’estradizione di Battisti votasse per il candidato opposto a Genro, questi sicuramente perderebbe le elezioni. E voi pensate che Genro rischierebbe le elezioni per Battisti?”. “Ma chi sono gli italiani con maggiore influenza sull’elettorato gaucho?” chiede il mio amico toscano con il suo inconfondibile accento. “Bonaspetti, Andrini, tutte persone che hanno ricevuto un grande numero di voti di italo-brasiliani alle ultime elezioni. E altri ancora”. “Ma Max sempre dice che la decisione circa l’estradizione di Battisti e’ stata presa da Lula non da Genro.”interviene il meridionale. “Beh,” intervengo io, “e’ vero, come e’ altrettanto vero che se Genro sentisse il pericolo di perdere l’elezione a Porto Alegre e’ probabile che farebbe pressione su Lula. Ne nascerebbe una bella confusione. Ed anche Lula penserebbe due volte prima di dire no all’Italia” affermo continuando.
“Ma e’ una interferenza nella politica brasiliana” afferma qualcuno dal fondo. “E qual’è la novita’?” afferma un terzo. “Questo accade tutti i giorni negli USA con altre comunita’ e nessuno si scandalizza. Anzi e’ proprio cosi’ che si valorizzano le comunita’ all’estero, con consultazioni tra la madrepatria e la stessa comunita’ per trovare un punto comune di azione. Non come fa l’Italia che ci ignora, ci accusa e poi viene qui per il carnevale con la scusa di intervenire per Battisti”.
E con quest’ultimo commento vi lascio e giro il suggerimento al presidente della Camera Fini. Se ci avesse consultato poteva risparmiare le spese di costosi viaggi all’erario italiano con questo suggerimento del nostro amico gaucho, forse di maggior valore di quello ottenuto nei corridoi di Brasilia dagli inviati del Parlamento italiano. Speriamo solo che la prossima volta ci chiami prima.

martedì 24 febbraio 2009

Il Carnevale del Parlamento italiano in transferta

Buco nell’acqua. Spreco di soldi pubblici. Soldi buttati dalla finestra. Questo sembra il vero risultato dell’ultimo tentativo dei parlamentari italiani di influenzare quello che sembra un risultato scontato: la non estradizione del terrorista Battisti. Perche’? Cerchiamo di spiegarlo.

In questi giorni a Brasilia si parla italiano.
Guarda caso nella settimana del Carnevale brasiliano siamo stati onorati dalla contemporanea presenza di due delegazioni di parlamentari italiani che sono venuti in Brasile per tentare di influenzare il risultato del processo di estradizione. Nientemeno che il vice-presidente della Camera Maurizio Lupi in compagnia dell’onorevole Porta (su esplicita richiesta del presidente Fini) hanno incontrato il neoeletto presidente della Camera dei deputati brasiliana, Michel Temer.
''Il colloquio -informa un comunicato dell'ufficio stampa di Lupi- ha consentito di trasmettere un messaggio chiaro e autorevole di calorosa attenzione e di forte aspettativa di una soluzione positiva del caso Battisti.” I due ''hanno inoltre sottolineato la vivissima aspettativa dell'Assemblea e di tutte le Istituzioni italiane circa una pronuncia del Supremo Tribunal Federal a favore dell'estradizione di Cesare Battisti.”
E c’era bisogno di venire fino a Brasilia dopo un carissimo giro per il Brasile per manifestare questa aspettativa? Quanto e’ costato il viaggio dei nostri parlamentari: 10, 20, 30 mila euro? Tutto questo per un buco nell’acqua?

Al tempo stesso le delegazioni delle Associazioni di amicizia tra Italia e Brasile, composte per parte italiana dal presidente Domenico Scilipoti (IdV) e dal segretario Carlo Monai e per parte brasiliana dal presidente Mauricio Trindade, hanno incontrato il vice ministro, Pedro Abramovay, il senatore Eduardo Suplicy e il deputato Jose Eduard Cardezo, per discutere del caso di Cesare Battisti. Inoltre i due parlamentari italiani hanno incontrato il senatore Josè Sarney, presidente del Senato federale brasiliano per la stessa ragione. Stesso risultato e probabilmente stesso costo del viaggio. Non sappiamo se il costo di questo viaggio e’ a carico del nostro Parlamento e giriamo questa domanda ai diretti responsabili.

A parte il caso dell’onorevole Porta, che vive in Brasile e che e’ aduso a venire qui, la spiegazione piu’ plausibile di un viaggio durante il periodo di Carnevale per influenzare il risultato del processo di estradizione che dipende dalla decisione del Supremo Tribunal Federal e’ il carnevale stesso. Perche’? direte voi miei lettori.

Beh il punto e’ il seguente: sia il ministro della Giustizia brasiliano che il presidente hanno gia’ chiarito che per loro il caso e’ chiuso. L’unica possibilita’ di rimettere tutto in discussione e’ se il Supremo Tribunal Federal dichiara la illegittimita’ della norma che affida al ministro di giustizia la decisione di un processo di estradizione.
Lasciatemi fare una domanda. Il Supremo Tribunal Federal equivale alla nostra Corte Costituzionale. Ora se la Corte Costituzionale italiana dovesse decidere a legittimita’ o meno di una norma italiana, avrebbe senso incontrare il presidente della Camera o del Senato per influenzare la decisione dell’ alta Corte? Anche uno studente di giurisprudenza risponderebbe che si tratterebbe di una pretesa assurda. Di qui il risultato sarebbe un prevedibile buco nell’acqua.
Se il costo dei viaggi di entrambi le delegazioni fosse a carico del Parlamento italiano si tratterebbe di un costo probabilmente di minimo 50.000 euro. Soldi che potrebbero essere utilizzati per gli emigrati italiani in condizione di indigenza in Sudamerica. Se si desse 500 euro a testa si potrebbero assistere 100 indigenti, il che non e’ poco.

Ma allora perche’ i nostri parlamentari (con l’eccezione di Porta) sono venuti in Brasile, visto che era prevedibile il buco nell’acqua?
Ma come non pensarci? Vedere il Carnevale, nel Sambodromo, a spese del Parlamento italiano.

giovedì 19 febbraio 2009

Chi sono i veri rappresentanti degli italiani all’estero?

“Caro Max dopo i tuoi recenti articoli e’ tutto un fiorire di rappresentanti italiani all’estero. In sudamerica come in Nordamerica, in Australia come in Sudafrica questo termine e’ diventato comune dentro le comunita’ italiane all’estero. Molti si alzano ed affermano che loro sono i veri, gli autentici rappresentanti della comunita’. Ma chi sono per te veramente i rappresentanti degli italiani all’estero?” mi chiede il mio lettore dal Peru’?

Beh, la domanda e’ complessa perche’ si tratta di individuare una categoria molto ambita ma poco conosciuta veramente. Quando si spazia su aree enorme come interi continenti e’ illusorio pensare che qualcuno possa rappresentare gli umori della comunita’ italiana in un cosi’ vasto spazio. Tuttavia se si analizzano bene le caratteristiche delle comunita’ italiane all’estero si trovano comuni denominatori che fanno si’ che l’impresa di identificare chi possa rappresentare tali comunita’ non e’ poi cosi’ impossibile.

Proviamo percio’ a fare alcune comparazioni che sono assolutamente arbitrarie ma che danno idea di cosa parliamo. Che Guevara fu indubbiamente a torto o a ragione un leader dell’intera America Latina. Amato o odiato il Che fu colui con cui milioni di latinoamericani si identificarono. Forse la ragione di tale successo fu il fatto che, al di la’ delle ragioni politiche, il Che conosceva bene la realta’ sociale del popolo latinoamericano indipendentemente da dove si trovasse. Cio’ perche’, avendo viaggiato molto, aveva conosciuto le differenti realta’ dei vari paesi latinoamericani e, al di la’ delle notevoli differenze, aveva inteso le similitudini di base. Questa e’ forse la ragione della sua popolarita’ tra tutti gli strati sociali, al di la’ delle idee politiche. Ecco il leader di comunita’ cosi’ grandi da avvolgere interi continenti deve necessariamente conoscere le varie realta’ non “dall’ alto”, incontrando personalita’ di vertice delle comunita’, ma “dal basso”, parlando con le persone umili delle comunita’ e discutendo con loro i problemi. Sia che si tratti di leader di destra che di sinistra il leader vero e’ colui che ha queste caratteristiche. La persona che il popolo sente parte di esso perche’ lo conosce e conosce i suoi problemi.

Nel caso delle comunita’ italiane all’estero si verifica la stessa cosa. I sistemi rappresentativi instaurati in passato (Comites, etc.) sono assolutamente inutili e dannosi nel rappresentare le comunita’ all’estero. Nessuna sorpresa che sia da destra che da sinistra se ne chiede la loro abolizione o revisione. Se chiedete ad un italiano medio residente all’estero che e’ il membro del suo comites e cosa fa al 95% la risposta sara’: non so. Stesso dicasi per i parlamentari eletti all’estero. Molto spesso l’appartenenza ad un patronato o ad un partito facilita la diffusione del suo nome prima delle elezioni. Tuttavia se ripetete la domanda di cui sopra la risposta al 95% sara’ la stessa: non so.

Questo perche’ le circoscrizioni sono troppo grandi perche’ le persone elette siano conosciute, direte voi. Probabilmente e’ vero. C’e’ tuttavia un’altra ragione anche piu’ importante: al di la’ della notorieta’ o meno dell’ eletto in questione, la comunita’ italiana all’estero sa che il tipo non conosce i loro problemi. Questi e’ indicato da partiti o appoggiato da sindacati ma pochi lo conoscono nella comunita’ italiana. Peggio ancora lui stesso la conosce poco. I suoi galoppini di tanto in tanto fanno interrogazioni “senz’anima” in parlamento su cosa succede ad esempio in Venezuela o in Cile, ma lui, l’eletto, non sa come si comporta la comunita’ la’, ne’ (molto spesso) gli importa.

Tuttavia recentemente con l’aumento dei viaggi e la diffusione di internet e’ nata una nuova generazione di persone che si muovono in un continente come il sudamerica, il nordamerica o l’australia come se fossero a casa loro. Hanno i contatti con le comunita’ locali e soprattutto ricevono periodicamente da esse segnalazioni sui loro problemi. Il rapporto e’ immediato e non mediato da galoppini di politici. Per queste persone, veri e propri rappresentanti delle comunita’ italiane all’estero, ricevere una email di un parlamentare o da un modesto cittadino italiano all’estero e’ lo stesso. Non sono interessati alla notorieta’ o alla carriera politica ma a cercare di risolvere i problemi delle comunita’. A volte queste persone “stand up for your rights” come diceva Bob Marley. Subito sorgono dietrologhi che cercano di capire la loro corrente politica (di destra o di sinistra), persone che tendono a delegittimarli, che si sentono da loro offesi o imbarazzati. Si tratta di persone che si muovono con logiche del passato e che guardano a questo nuovo fenomeno con diffidenza. In fondo la stessa elezione di Obama negli USA si e’ basata sullo stesso principio: riconoscersi nelle idee nuove piuttosto che nelle persone vecchie del passato. Idee che sono rappresentate da persone come Obama che incarna i valori della comunita’ che rappresenta. Dal Wyoming all’Arizona, da New York alla California le persone hanno visto in Obama una persona vera che portera’ cambiamenti perche’ conosce i problemi. Una persona umile ma ferma. Un vero rappresentante della comunita’ americana.
Alla stessa maniera i veri rappresentanti delle comunita’ italiane all’estero sono persone che, al di la’ della loro provenienza, capiscono i problemi delle loro comunita’ anche se vaste. Persone che vengono dal basso, che non sono scelte dall’alto. Per questo sono amate dalle loro comunita’ e temute dai politici vecchio stile, che non sanno come avere a che fare con loro.
Tuttavia, fintantoche’ questi veri rappresentanti delle comunita’ italiane saranni ignorati dal potere centrale, aumentera’ sempre piu’ lo scollamento tra politica e comunita’, tra pensiero e azione.
Con il risultato che alla fine le comunita’italiane all’estero si senteranno sempre meno legate all’Italia e per sempre perdute dall’Italia. C’e’ qualcuno in Italia che forse si augura questo regalo.
“Timeo Danaos et dona ferentes” dicavano i latini a riguardo di questi tipi di regali.

lunedì 16 febbraio 2009

L’Italia, il paese del carnevale delle relazioni internazionali

“Mio caro Max per valutare come funzionano le relazioni internazionali bisogna comparare differenti situazioni di crisi e l’approccio usato da diversi paesi. Solo cosi’ si puo’ vedere se l’approccio usato da un paese e’ credibile o no”. Nelle parole del mio vecchio professore di liceo si riassume tutta la filosofia della politica di relazioni internazionali. Le lezioni del mio umile e sapiente professore di liceo mi sono tornate alla mente per valutare tre differenti crisi internazionali di diversa gravita’ tra paesi europei e sudamericani. Come vedremo l’approccio usato e’ molto differente, cosi’ come la credibilita’ internazionale dei paesi coinvolti.

Primo caso. Caracas, Venezuela. L’eurodeputato spagnolo Luis Herrero che voleva svolgere il ruolo di osservatore internazionale per le elezioni presidenziali e’ stato espulso dal paese. Il regime di Chavez ha ritenuto (a torto o a ragione) che Herrero con le sue dichiarazioni stava interferendo con il processo di elezioni che si svolgera’ li’. Immediatamente il governo spagnolo ha convocato l’ambasciatore del Venezuela in Madrid per spiegazioni circa la espulsione dell’eurodeputato. Il governo spagnolo ha voluto dare un segnale chiaro che non si puo’ toccare un proprio deputato (anche se opina sul processo democratico di un altro paese) senza porre in rischio le relazioni tra i due paesi. E questo immediatamente.

Secondo caso. Zurigo, Svizzera. Una brasiliana che si dice attacata da skinheads locali dice di aver perso i propri figli di cui era in attesa per colpa dell’attacco. Immediatamente dichiarazioni del Ministro degli esteri brasiliano e dello stesso presidente di quel paese criticano ferocemente l’accaduto. La stampa brasiliana fa lo stesso e attacca di razzismo il paese svizzero.
Dopodiche’ la polizia svizzera afferma che la donna non era incinta e che al contrario era tutta una invenzione. La stampa svizzera insorge. Si attacca violentemente l’irresponsabilita’ di ministri e dello stesso presidente brasiliano che sembrano aver sposato la tesi della brasiliana senza aver minimamente atteso i risultati delle indagini. La stampa brasiliana e’ tacciata di sensazionalista, che scrive menzogne senza alcuna verifica. Il partito SVP svizzero chiede un processo contro la brasiliana. Questa probabilmente sara’ esplulsa. Le relazioni tra i due paesei (Brasile e Svizzera) sono irrevocabilmente incrinate. Tutto questo avviene immediatamente. Ancora una volta il segnale del paese europeo verso il paese sudamericano e’ immediato forte e chiaro.

Terzo caso: Rio de Janeiro, Brasile. Battisti, pluriomicida terrorista italiano viene arrestato. Il Brasile dopo alcuni anni dall’arresto, nega l’estradizione. In piu’ il ministro della Giustizia brasiliano fa affermazioni gravissime e offensive sull’intero sistema giudiziario italiano. Il processo di estradizione e’ ancora aperto. Il presidente Lula afferma che il caso e’ chiuso. Il ministro degli esteri italiano afferma che tutto e’ a posto e che confida nel risultato positivo del processo di estradizione. La telenovela Battisti si trascina da mesi con affermazioni da un lato e dall’altro sempre piu’ pesanti. Si supera di gran lunga il tenore delle polemiche dei due precedenti casi. Tuttavia (al di la’ di un ridicolo balletto dell’ambasciatore italiano che viene e va da Brasilia) le relazioni tra i due paesi non sono minimamente messe in discussione. Non si ferma nemmeno una misera amichevole di calcio (che francamente si poteva evitare per lo meno per evitare una brutta figura calcistica). L’onore dell’ Italia e’ sotto i piedi. Le reazioni di Svizzera e Spagna, altri paesi europei di rango simile al nostro, non sono minimamente comparabili. Loro alzano subito alla minima offesa noi non reagiamo nemmeno ai pugni in faccia. La credibilita’ internazionale del nostro paese e’ azzerata.

In questi giorni sta per arrivare il Carnevale. Si dice tanto che il Brasile e’ il paese del Carnevale. Sara’ per questo che in questi giorni una delegazione di alto livello di politici italiani e’ in Brasile. Invece di incontrare gli italo-brasiliani non avranno tempo per loro ma vedranno solo autorita’ di “alto livello”. Il tempo ci dira’ se questa visita sara’ di valore o solo un ennesimo spreco di soldi del governo italiano. Cio’ che ci sembra di poter affermare con chiarezza, dall’analisi di questi tre casi di relazioni internazionali tra paesi europei e sudamericani, e’ che con certezza, come il mio professore concluderebbe, l’Italia e’ il paese del carnevale delle relazioni internazionali.

Caso Battisti: qual’e’ la verita’?

“Caro Max cosa pensi degli ultimi sviluppi del caso Battisti?” mi chiede il mio amico toscano nel ristorante dei cronisti poveri di Sao Paolo. “E che vuoi che pensi? La solita solfa: tante chiacchiere e niente fatti.” risponde il mio amico col naso aquilino che tradisce le radici italiche. E continua “In questi giorni una delegazione di politici di alto livello viene dall’Italia in Brasile per la crisi tra i due paesi. Incontri importanti ma la comunita’ italo-brasiliana ancora una volta ignorata. Buffi questi politici italiani: danno la colpa a noi del caso Battisti pero’ quando vengono non ci consultano nemmeno. Vengono per parlare col presidente del Brasile ma siamo noi che lo scegliamo il presidente. Noi italo-brasiliani siamo decisivi in Brasile. Ma sara’ che vengono per il Carnevale brasiliano (che sara’ a giorni)?”.
“Ma perche’ e’ tutta una farsa, noi siamo usati come capro espiatorio ma in realta’ in Italia non sono interessati veramente ad avere Battisti. Vedete il balletto dell’ambasciatore: richiamato in patria in maniera plateale e ritornato in Brasile in sordina. Un’altra farsa della nostra diplomazia. E cosi’ continuiamo a perdere credibilita’ internazionale.” aggiunge il tipo basso e tarchiato di origini meridionali.
“Un punto da sottolineare e’ che il Brasile ha ragione: ha le sue leggi e se secondo queste non si estrada Battisti non verra’ estradato ed e’ giusto cosi’” afferma il tipo romano con il suo tipico accento della capitale. “E’ questo il punto” ribadisce il mio amico tarchiato “loro hanno le loro leggi e hanno ragione a fare cio’ che vogliono. Ma nelle relazioni internazionali quando uno stato fa una scelta ne paga le conseguenze. E quali le conseguenze paventate dall’Italia? Nessuna.
Al contrario i membri del governo italiano si sono affrettati a ribadire che assolutamente non ci saranno conseguenze, nessuna, nemmeno l’annullamento di una partita di calcio dove siamo stati umiliati per mancanza di gioco, una cosa simile a cio’ che e’ successo con la nostra diplomazia. Perche’ mai il Brasile dovrebbe restituire Battisti? E tutto un balletto per catturare i voti non lo capite?” afferma il toscanaccio dal fondo.
“Vedrete, alla fine Battisti non lo estradano ma daranno la colpa a noi italo-brasiliani. Loro non ci sanno fare e danno la colpa a noi. Max di’ agli italiani d’Italia che noi non abbiamo niente a che fare con questo giochetto. Noi italo-brasiliani siamo dalla parte delle legittime richieste dei familiari delle vittime dei terroristi. Noi non siamo stati ne’ saremo consultati dal Ministero degli esteri italiani ne’ da nessuna delle autorita’ italiane. Se Battisti non sara’ estradato e’ colpa della politica double-face della diplomazia italiana (faccia dura davanti e sorriso dietro le quinte).”

Che volete che aggiunga alle parole dei miei amici del ristorante povero di sao Paolo? E’ un gruppo di cronisti che ha visto quasi tutto, emigrati in una situazione economica dura, approdati in Brasile e che guadagna duramente da vivere. I nostri politici quando vengono qui stanno alla larga da noi, non ci considerano importanti. Poi pero’ prendono cantonate madornali, creano crisi internazionali, si comportano in maniera ingenua. Finora tutti (ma proprio tutti) i passi del processo Battisti sono stati persi “in malo modo” (per usare un linguaggio calcistico). Tuttavia dall’Italia si continua quasi a cantare vittoria facendo affidamento a presunte faide interne al Supremo Tribunale Federale competente per la decisione sull’ estradizione. Sembra proprio che i miei amici hanno ragione. E’ solo fumo negli occhi gli italiani.
E allora italiani d’Italia passo il messaggio dei miei amici di Sao Paolo: Nel caso Battisti state attenti ai fatti non alle parole. Se Battisti sara’ estradato sara’ merito della nostra diplomazia. Se non lo sara’ sara’ suo demerito. Questi sono i fatti. Il resto saranno chiacchiere al vento. La comunita’ italo-brasiliana e’ stata ignorata dall’inizio alla fine di questa storia. E’ stata una scelta precisa dell’Italia. Solo il tempo mostreara’ se questo e’ giusto o no.

domenica 8 febbraio 2009

Brasile-Italia: 2-0 con autogols della diplomazia italiana

Le squadre scendono in campo concentrate a Londra. Siamo i campioni del mondo. Il Brasile scende in campo agguerrito. E’ da tempo che vuole vincere qualcosa. Ma e’ difficile di questi tempi. La crescita e’ forte, l’ economia va relativamente bene. E poi c’e’ lei la Francia, la nostra eterna nemica, al tempo stesso la piu’ grande amica del Brasile. L’abbiamo battuta in finale ma e’ sempre li’ a tramare contro di noi. Questa volta fa da arbitro ma qualcuno dice che e’ sospetto.

Palla al centro. La palla si chiama Cesare Battisti. Gli italiani con il loro solito stile, difesa e contropiede, il Brasile anche con fantasia e attacco corale. Siamo subito in difficolta’. In particolare la difesa che sembra non in palla. Marcature dure ma grandi svarioni difensivi. Forte tiro del ministro brasiliano della giustizia. Palla sotto la traversa dopo che rimbalza su un nostro difensore. Il ministro italiano degli esteri sbraita che la palla non era entrata ma l’arbitro convalida. Vibranti proteste dell’ Italia. Ma la verita’ e’ che la difesa e’ stata terribilmente ferma. Che faceva quando l’attaccante brasiliano e’ entrato liberissimo in area? Parlava di un fuorigioco d’ altri tempi, i diplomatici erano li’ a parlare tra di loro mentre il ministro brasiliano entrava con una serpentina in area. L’ultimo italiano in difesa, il nostro ambasciatore, e’ stato “bevuto” con una piroetta facile. Ma forse il brasiliano era in fuorigioco. L’arbitro, bella donna francese di origini italiane, non ha fischiato e il ministro brasiliano ha fatto gol. Battisti e’ entrato in rete e poi ne e’ uscito. Libero come un uccello.
Il pubblico italiano rumoreggia. Per la maggior parte era favorevole al match ma la parte che appoggia il governo era contraria. Di fatto il match beneficia l’opposizione. Perche’ mostra tutte le pecche della difesa, la nostra diplomazia, che con i suoi errori sembra essere gia’ in clima di Carnevale.
Il Brasile e’ sicuro di vincere. Ma nel calcio mai dire mai. L’europubblico appoggia l’Italia, quasi all’unanimita’. Ma il Brasile, conscio delle sue forze, non si fa intimorire. E poi c’è quell’ arbitro francese che da’ sempre il cartellino giallo. Gli interventi sono un po’ duri ma non cattivi.
Grandi ingenuita’ difensive dell’Italia . Come quella di ignorare la comunita’ italo-brasiliana, grande dodicesimo giocatore in campo. L’Italia lo ignora e preferisce fidarsi esclusivamente dello schema difesa e contropiede. Ma i tempi sono cambiati. La visione moderna del gioco, che ci ha permesso di vincere il campionato del mondo, e’ stata seguita da una involuzione del gioco. Si è tornati ai vecchi schemi e logiche. La nostra diplomazia sembra essere bloccata. E per questo sbaglia. Sbaglia di nuovo. Il ministro brasiliano e’ indiavolato. Dice che siamo bloccati agli anni di piombo. E scorazza a destra e manca. Il gol e’ nell’aria. Ma e’ di nuovo colpa della nostra difesa.

Troppo occupata ad accusare l’ avversario per elaborare una strategia che chiuda tutti i varchi. Commerciali, diplomatici, di scambio tra i due paesi. Una volta l’importante per l’Italia era il risultato ora sembra il contrario. Vuole mostrare che sta facendo qualcosa anche se il risultato sembra scontato a favore del Brasile. Ed infatti arriva il secondo gol. O meglio il secondo autogol. E sempre della difesa. Si accusa il pubblico italo-brasiliano di nuovo. Come nella semifinale Argentina-Italia giocata a Napoli nella Coppa del mondo di tanti anni fa. Allora si accusarono in napoletani di fare il tifo per Maradona piuttosto che per l’Italia. Ora si accusano gli italo-brasiliani di non fare abbastanza rumore sul caso Battisti. Allora come ora si cerca di mascherare i nostri difetti con accuse infondate. Ed il risultato e’ lo stesso. Perdiamo male. Grande delusione.
Ma in fondo e’ solo un’amichevole. I due capi di governo ribadiscono che la sconfitta non influira’ sulle eccellenti relazioni tra i due paesi. Ma allora era tutto un gioco? Forse pero’ non lo e’ stato per Alberto Torreggiani e gli altri, vittime della palla Cesare Battisti, veloce a rotolare da un lato all’altro per salvarsi. Che peccato che le sue vittime tanti anni fa non hanno potuto fare lo stesso e sono morte sotto i suoi colpi della sua pistola.

sabato 7 febbraio 2009

Caso Battisti: Che fara´l´ Italia?

“Mio caro Max, nella política internazionale non si aspetta mai ma si gioca sempre d ´anticipo. Chi aspetta non conta molto” mi diceva il mio professore di liceo. Vecchio saggio che dovrebbe essere nominato ministro o per lo meno sottosegretario invece che campare con la misera pensione statale. Ma torniamo alle parole del professore: “quando si gioca d´anticipo, quando si stabilisce prima cosa accadra´dopo, solo cosi´si sta veramente giocando per vincere. Quando l´avversario sa che cosa succede se fa certe mosse allora sa i costi delle sue decisioni e si regola di conseguenza”.
E continuando, “Se invece caro Max il soggetto dell´ azione diplomática sta fermo, e´in attesa della mossa dell´avversario, questo e´perche´ha, di fatto, come minimo, gia´rinunciato a giocare. L´atteggiamento passivo o attendista significa delle due l´una: o il tipo há gia´mollato o non conta molto e percio´non puo´fare molto. In ambedue i casi non e´rilevante a livello di política internazionale”.
E se applichiamo lê conclusioni del mio professore di liceo al caso Battisti che vediamo?
Che il nostro ministro degli esteri aspetta la decisione della Corte Suprema brasiliana. E qual´é il piano B se la corte suprema dice no? Non c´é´piano B. E che figura farebbe, che credibilita´avrebbe un ministro che dice che “tutto e´a ´posto” se poi va male? Eh si perche´c´e´una responsabilita´politica mica da poco.
Sicuramente in futuro non sarebbe considerato seriamente a livello internazionale. Si trarrebbero le famose conseguenze, inevitabili in caso di fallimento dellázione diplomatica?
Mah dubito: l´Italia come vero paese del Carnevale troverebbe sicuramente la formula per giustificare l´ennesimo fiasco della nostra diplomazia. Una cosa sembra sicura: la comunita´italo-brasiliana e la sua voce non sara´consultata, come e´avvenuto in passato. Com le conseguenze che si vedono.
Eh si come direbbe il mio professore di liceo: “Mala tempore currunt”.

Caso Battisti: Tutto a posto?

“I paragoni sono sempre uma cosa difficile da fare mio caro Max, mai abusarne”. Il mio vecchio professore di liceo era uno che ponderava le parole e forse tanti ministri dovrebbero apprendere da lui. Tuttavia, mi perdoni mio caro professore ma a volte alcuni esempi forzati servono a dare un´ idea del senso delle proporzioni.

Dare rifugio ad um terrorista internazionale o nazionale non e´uma cosa che va molto di moda oggigiorno. Recentemente paesi sono stati invasi da grandi e piccole potenze per cose del genere. E´ovvio che si tratta di reazioni sproporzionate, esagerate e francamente a volte disumane. Ma atti simili servono a dare um senso di come si prende sul serio dare rifugio ad un terrorista a livello internazionale.

Non cosi´in Itália. Nel momento in cui si ritira l´ambasciatore il nostro ministro degli esteri si sforza in tutte le maniere di ridurre l´impatto del suddetto atto diplomático. Francamente non sembra essere uma mossa troppo efficace nel convincere l´ altra parte.
Scorrendo le affermazioni minimaliste del nostro ministro degli esteri sul caso Battisti ci viene a mente il caro vecchio gioco del poker.
Infatti chi mai in un gioco di poker si alzerebbe dal tavolo dicendo: “Non ho assi ne´regine, ne´re e al massimo posso fare um tris”? Gli altri giocatori al tavolo si metterebbero a ridere a crepapelle. Potrebbe questa essere un´altra fine mossa diplomática? Francamente ne dubitiamo. Sembra piu´essere uma mossa da armata Brancaleone. Sicuramente non impressiona gli altri giocatori.
Se Lula dice: “Il caso e´ chiuso”, rispondere:”E´tutto a posto” aggrappandosi ad uma spiegazione semântica della frase del presidente brasiliano sembra veramente dare una magra figura della nostra diplomazia.

E l´ umiliazione dell ´Italia si allarga nelle parole del terrorista, che non solo ammazza il padre e ferisce il figlio ma lo offende in interviste francamente censurabili. Inoltre Battisti conferma che i servizi segreti francesi l´hanno fatto fuggire in Brasile e, di fatto, lo stretto legame Francia-Brasile nel suo caso.

Che rispondera´il nostro governo a questa ennesima provocazione? Il countdown per il 2 febbraio quando ci sara´la risposta della Corte Suprema brasiliana ci lascia indifferenti. Noi pensiamo, da ítalo-brasiliani, che se Lula dice che il caso e´chiuso, il caso e´chiuso. Non ce ne voglia il nostro amico Torreggiani ma la mobilitazione si basa su fatti concreti non su vuote differenze semantiche, come quelle usate dal nostro ministro degli esteri.

Saremo felici di parlare con il ministro in futuro per dargli la nostra opinione su come funzionano lê cose qui in Brasile ma siamo sicuri che ci risponderebbe: “E´tutto a posto”. Peccato che non lo sia.

Caso Battisti: protesta all´Italiana

Dobbiamo ammetterlo: noi italiani siamo unici. Anche quando protestiamo. Siamo arrabbiati, arrabbiatissimi, o forse solo um po´arrabbiati. Eh si perche´a leggere lê dichiarazioni del nostro ministro degli esteri sembra che la farsa continua.
La nostra política estera fallimentare continua, ignorando la voce della comunita´italiana e (ahime´) dando false speranze ai parenti delle vittime. Permettetemi di dire al nostro amico Alberto Torreggiani che siamo con lui sul serio (non come dicono di esserlo vari parlamentari ed esponenti del governo italiano) . Perche´?

Perche´la ritirata dell´ambasciatore sembra piu´essere una macchietta alla Toto´che un atto diplomático serio. Il ministro degli esteri infatti si affretta ad affermare che siamo arrabiatissimi, pero´(e´ovvio) non si mette in discussione l´amichevole tra Itália e Brasile di cálcio. Il calcio e´uma cosa seria non puo´certo essere messo in discussione. Chissa´che ne pensera´l´ amico Alberto e se gioira´ad um gol dell´ Ítalia, il paese che ha preso tanto a cuore il bárbaro omicidio del padre da non mettere in discussione una misera amichevole.
Il Brasile nel G8 poi nemmeno in discussione, e´un´altra cosa. Il ministro si affretta a dire che, di nuovo, e´tutto a posto. Ci chiediamo che cosa sia a posto e cosa no.
Intendiamoci: noi amiamo il Brasile come l´Italia. Noi ítalo-brasiliani pero´siamo dalla parte delle vittime del terrorismo sul serio, non come dicono di esserlo i politici italiani.

Tuttavia um´altra osservazione: tanto la partita quanto il G8 non farebbero smuovere la posizione del Brasile di uma virgola. E´solo mediante uma crescita dei rapporti commerciali tra l`Itália ed il Brasile ed una valorizzazione della comunita´italo-brasiliana che si potra´avere uma maggior você in capitolo con il Brasile.

Il governo invece a parole fa sul serio. Noi francamente pensiamo che, tra un paio di mesi, quando le acque si saranno calmate l´ambasciatore tornera´a Brasília e buonanotte.
I parenti delle vittime rimarranno nel loro dolore, Battisti tornera´sulla spiaggia di Copacabana per la tintarella domenicale che lo ispíra per i suoi gialli e l´Italietta (non il Brasile) continuera´ad essere il paese del Carnevale, dove tutto finisce a tarallucci e vino.

Caso Battisti: la peggiore umiliazione dell´Italia degli ultimi anni

Umiliati. Schiaffo in faccia. O pugno sul muso. Finalmente l´ ipocrisia e´finita. Battisti non tornera´in Italia. E´stata chiesta l´archiviazione del processo di estradizione di Battisti nella Corte Suprema.
Il fallimento della nostra diplomazia e´totale. Ritirato l´ambasciatore italiano in Brasile. Francamente per quello che era successo e´stata la cosa migliore da fare.

Permettetemi uma osservazione. Questa del caso Battisti e´sicuramente la peggiore umiliazione del nostro paese negli ultimi decenni. Mai si era giunti a subire una tale umiliazione e, in particolare, da um paese amico.
Ma forse il punto e´ un´altro. Fino a quando l´Italia non fara´sentire il suo peso político-economico a livello internazionale? Fino a quando ignorera´ l´unico “value-added” (valore aggiunto) che ha rispetto agli altri paesi nel mondo, le proprie comunita´all´estero?
E che valore aggiunto, milioni di oriundi che pesano in maniera decisiva nella política di paesi grandi (USA, Canada, Austrália, Brasile, Argentina) e piccoli (non li contiamo dato il loro grande numero)! Fino a quando la voce delle comunita´ italiane all´estero sara´ignorata?
Se cio´fosse avvenuto nel caso Battisti forse il risultato potrebbe essere stato diverso. Dire cose illogiche (il ministro Genro responsabile della decisione personale di Lula, gli ítalo-brasiliani di fatto “responsabili” della mancata estradizione) ha fatto solo perdere tempo, creare confusione e perdere punti all´Italia.
Chiaro dopo i politici sono tornati indietro sui loro passi, hanno finalmente visto che noi ítalo-brasiliani eravamo fortemente contro la mancata estradizione, in due parole hanno fatto uma pessima figura. Ma cio´conferma, una volta di piu´ che ci ne capisce veramente delle cose dei paesi stranieri non sono ne´le cosiddette istitituzioni italiane all´ estero o i parlamentari eletti li´ma lê comunita´ italiane all´estero e le loro “voci”.

Avevamo gia´anticipato, ben prima del risultato finale di proposta di archiviazione del processo, che si stava seguendo la via diplomatica errata, che non avrebbe funzionato, che bisognava usare un´altro approccio.
Siamo stati ignorati, e il risultato e´un disastro. Perche´il ministro Frattini non chiama chi veramente ne capisce di fatti di altri paesi come noi voci della comunita´italiana all´estero? Forse i meccanismi del passato non hanno determinato um approccio diverso del Ministero degli esteri nonostante il cambiamento di governo. Siamo stati in contatto con alcune delle vittime del terrorismo e abbiamo suggerito loro che fare. Loro ci hanno ascoltato di piu´, anche se in realta´potevano fare ben poco senza l´assistenza del governo.
Cio´sia di monito per il futuro. Se qualcosa ha insegnato il caso Battisti e´che la voce della comunita´ italiana in Brasile aveva anticipato che fare, a chi rivolgersi e come fare. Non siamo stati ascoltati e il risultato negativo e´venuto. Sicuramente apprendere dai propri errori significa rivolgersi a noi in futuro con regolarita´ per sapere come le cose accadono in Brasile e all´ estero in generale.
Avverra´? Lo speriamo bene ma non ci crediamo molto.

La voce della comunita’ e la voce del padrone

“Mio caro Max, il caso Battisti ha sollevato il velo di ipocrisie e di falsita’ che avvolge gli italiani all’estero. Mai come ora si vede la differenza tra la voce della comunita’ e la voce del padrone” mi dice con voce lenta e ferma il mio amico italo-brasiliano, emigrato di lunga data, che mi siede davanti nel classico boteco (bar povero) di Sao Paolo.

“Vedi. Il punto e’ il seguente. Le varie istituzioni di italiani all’estero (Comites, Intercomites, Cgie etc.) non hanno alcun contatto con la realta’ degli italiani all’estero. Agiscono quasi come sette segrete. Pochi sanno quando si riuniscono, di cosa discutono, le loro deliberazioni e soprattutto i loro componenti. Per la verita’ una gran parte degli italiani all’estero nemmeno sa che esistono ne’ che hanno la possibilita’ di fare loro proposte.”

E continua “I parlamentari eletti all’estero poi sono completamente slegati dalla realta’ delle comunita’ italiane elette all’etsero. Visitano tali comunita’ di tanto in tanto, stringono mani, fanno promesse e poi spariscono come sono arrivati. Non lasciano alcun segno. Molto spesso la comunita’ nemmeno sa che vengono. Sono i notabili locali che li incontrano. I nostri rappresentanti agiscono come i signorotti locali medioevali, che visitano il loro grande feudo incontrando solo i loro sottoposti e i consoli locali. Anche in Italia e’ un po’ cosi. Ma per gli italiani all’estero lo scollamento tra comunita’ civile e istituzioni italiane e’ totale.”

Il mio amico si ferma e sorseggia le cervejinha (birretta) locale in questo caldo asfissiante di Sao Paolo. E poi ricomincia. “Il sistema istituzionale italiano degli italiani all’estero e’ percio’ molto simile a quello medioevale dove non c’era contatto tra i governanti e i governati.
I governanti, da un lato, fanno sentire la voce del padrone. Tramite le cosiddette istituzioni italiane all’estero, i consolati ei i vari giornali all’estero fanno dichiarazioni completamente slegate dalla realta’ delle comunita’ italiane all’estero. Permettimi una piccola digressione per i giornali, anche quelli on-line con poche eccezioni. Sembrano quasi dei megafoni dei vari partiti di destra e di sinistra in Italia, intervistano e sentono solo loro i signorotti locali all’estero, vale a dire i rappresentanti dei partiti, dei Comites, delle istituzioni italiane all’estero. Tutte persone che, con qualche eccezione, hanno da molto tempo perso il contatto con la realta’ vera delle comunita’. Si’, e’ vero, alcuni sono democraticamente eletti, ma alla stessa maniera di quegli organi che sorsero nelle fasi iniziali di democrazia nella storia dell’umanita’. Sistemi democratici eletti per quote, un po’ simili alla camera dei Lord in Gran Bretagna, molto poco rappresentativi. Dei parlamentari all’estero abbiamo gia’ detto.”

E qui, data l’eta avanzata il mio amico si ferma per raccogliere fiato.E ricomincia dopo un grande sospiro. “E veniamo a loro alle comunita’ italiane all’estero. Loro sono nate da sole, quasi autoctone piccole isole di italiani all’estero. Poco legate tra di loro e con la madrepatria, spesso perche’ essa si presentava a loro in questa maniera quasi autoritaria, dando loro istruzioni su cosa fare, tramite i consolati, i Comites o i cosiddetti giornali italiani all’estero. Come nel medioevo le istruzioni venivano dall’alto senza nessuna consultazione con la base, che passivamente subiva queste senza alcuna voce in capitolo. Ci sono stati alcuni casi ad esempio di consoli onorari, tipo quello di Salvador, che dovrebbero essere eletti tra le persone piu’ popolari della comunita’. Ebbene, in questo come in altri casi e’ esattamente il contrario ma il popolino della comunita’ all’estero non e’ stato minimamente consultato a riguardo.
E’ chiaro che in questa situazione le comunita’ italiane all’estero hanno cominciato a vivere di vita propria, in maniera totalmente slegata dalle istituzioni italiane all’estero, vissute quasi come i loro signorotti medioevali. Sono fiorite radio, giornalini locali ed e’ nata lei, la voce della comunita’ italiana. Molto spesso si trattava di persone che vivevano all’interno della comunita’, la conoscevano bene, parlavano pacatamente ed incontravano le persone membri di tale comunita’ e diffondevano le loro voci. Senza alcun tornaconto personale, ma solo perche’ membri loro stessi della comunita’. Poi d’improvviso internet ha cambiato tutto”.
Qui il mio amico si ferma e con gli occhi arrossati continua: “Con internet la voce della comunita’, che prima non usciva dalla stessa , e’ finalmente uscita da li’ dentro e si e’ internazionalizzata. E’ interessante notare che le voci delle varie comunita’ italiane all’estero si sono diffuse e dicono quasi le stesse cose. Le problematiche degli italiani all’estero sono le stesse dovunque nel mondo e mai sarebbero state conosciute se non fosse stato per internet.

Il caso Battisti ha messo drammaticamente a nudo questa realta’: da un alto la voce del padrone, autoritaria, forte, che, come in passato, ha dato direttrici su come la comunita’ italiana in Brasile doveva muoversi, cosa doveva fare e dire, senza alcun contatto con le problematiche della stessa, senza sapere quali sono i problemi quotidiani di tale comunita’, da vero signorotto medioevale.
Dall’altro la voce della comunita’ italiana in Brasile, che tu Max e pochi altri hanno sollevato. Questa voce ha smascherato le verita’ di questo caso. E vediamole queste verita’.
Le accuse alla comunita’ italiana in Brasile fatte per mascherare le inefficienze croniche nell’ handling (gestione) del processo di estradizione; il balletto diplomatico che e’ terminato con l’ambasciatore che alla fine rimane a Brasilia.
Le feroci accuse al Ministro di Giustizia brasiliano Genro, che denotano una profonda ignoranza di come vanno le cose in Brasile. Infatti la decisione dell’estradizione e’ stata personale del presidente Lula, checche’ se ne dica. Genro non poteva prendere da solo una tale decisione. Accusare Genro e’ come accusare un colonnello di voler iniziare una guerra: si tratta di una decisione del generale-presidente non di un semplice colonnello.
Ed infine (last but not least) lo scollamento tra comunita’ civile e politica. Tutti contro tutti sul caso Battisti. Dentro i partiti e tra i partiti. Un marasma che mostra solo come solo pochi sanno come funzionano le cose in Brasile e soprattutto dentro la comunita’ italiana.
La voce della comunita’ si e’ fatta sentire questa volta e ha ribattuto e rispedito al mittente le ingiuste accuse. Ma la domanda e’:
L’italiano in Italia avra’ capito tutto cio’? O dimentichera’ tutto al sole di Copacabana ballando durante il Carnevale?”

Caso Battisti: come se ne esce?

“Max hai sollevato um polverone. Era molto piu´semplice dire che e´vero, non c´é stata mobilitazione degli ítalo-brasiliani, per ragioni storiche, geografiche (queste due vanno sempre bene nelle spiegazioni dei politici), che ci vuole uma collaborazione maggiore com l´Italia per il futuro, e voila', tutto si sistema” afferma il mio amico basso e tarchiato davanti al piatto di maccheroni nel ristorante povero di São Paolo.
“Eh no, siamo emigranti ma non fessi. Il Picchiato e gli altri hanno esagerato, non sono capaci di ottenere niente e giu´a criticare noi per poter salvare la loro faccia” afferma il mio amico pedante mentre mette il formaggio sui maccheroni. “E dire che Il Picchiato ha anche mandato una email spocchiosa a Max dicendo: “Avrei gradito un pronunciamento dei Comites Brasiliani sulla vicenda. Avrei gradito una presa di posizione forte degli eletti nella circoscrizione America Meridionale. Avrei gradito almeno qualche voce di singoli cittadini. Non si è sentito nulla. Gli italiani residenti in Brasile o gli italo brasiliani avevano ed hanno il dovere morale di dissentire rispetto alle scelte del Governo Lula. Non lo hanno fatto. Ne prendiamo atto.”
“Si” , ribadisce il pedante ” perche´al Picchiato, piacciono dichiarazioni senza valore, come politico vive di queste. Figurati se l´AIVITER (Associazione Italiana Vittime del terrorismo) si contenterebbe di parole vuote. Diciamoci la verita: Le dichiarazioni degli organi menzionati dal Picchiato non cambierebbe in nulla la situazione sulla spiaggia di Copacabana del Battisti.”
“Ma allora che fare?” mi chiede il tipo basso e tarchiato.
E qui la risposta e´difficile. La Francia ha buttato la liberta´di Battisti in um piatto di una complessa negoziazione di 12 miliardi di dollari. E l’Italia che fa? Vuote parole Del Picchiato o di qualche membro del governo? Ma mi faccia il piacere direbbe Toto´.
L´ammissione del Brasile nel G8 (caldeggiata dalla Francia e, in passato anche dall´Italia)? Poco, ancora pochino. Sanzioni diplomatiche, ritirata dell´ambasciatore? Mah, dubito che funzioni.

Il punto e´che l’ Italia deve fare qualcosa. Non dichiarazioni del Picchiato, quelle servono solo a farci digerire meglio i maccheroni con grandi risate. Servono atti formali. Fatti. L’ Italia deve dimostrare che non puo´essere umiliata cosi´. Ma qui in Brasile quello che conta sono i soldi.
E se gli italiani boicottassero il turismo in Brasile?

Attenzione perche’ qui arriviamo ad un punto caldo. Fin qui si e’ fatto appello agli italo-brasiliani che al momento contano poco o niente come gruppo nella politica brasiliana.
Tuttavia la soluzione della crisi sta in Italia non in Brasile. Il boicottaggio di tutte le istituzioni brasiliane che realizzano scambi con l’Italia (universita’come l’Ufba, etc.), ma soprattutto del turismo italiano in Brasile, questo si’ farebbe sentire al Brasile effetti indesideranti che potrebbero indurlo a ripensarci su Battisti.

La domanda e’: gli italiani d’Italia rinunceranno al Carnevale di Rio per l’onore d’Italia? Rinunceranno a danzare il samba o l’axe’ per rimpatriare Battisti?
In casi simili di terrorismo cio’ e’ avvenuto per gli USA ma francamente ne dubitiamo molto nel caso italiano. Chissa’ che non incontreremo proprio il Picchiato a danzare tra splendide mulatte a Rio. In questo modo si smaschererebbe l’italica ipocrisia che fa degli amici (italo-brasiliani) dei nemici e degli inefficienti (i politici italiani responsabili del disastro della mancata estradizione di Battisti) delle vittime. E si vedrebbe veramente se gli italiani d’Italia sono poi cosi’ indignati da rinunciare alle proprie ferie ai tropici per l’ onore dell’Italia.

Battisti: gli italo-brasiliani capro-espiatorio di una politica colabrodo

Finalmente. E’ stato trovato il colpevole. Non e’ stato facile ma alla fine lo conosciamo. Il responsabile della mancata estradizione del terrorista Battisti e’ lui, il popolo degli italo-brasiliani. La frase che riassume tutto e’ questa, di un nostro illustre parlamentare all’estero:
“E' grave che i nostri connazionali abbiano fino ad ora taciuto su questi fatti. Quando c'è da chiedere la cittadinanza italiana, maggiori mezzi finanziari o l'assistenza sociale gratuita la voce degli aspiranti italiani o degli italiani residenti (in Brasile) si fa sentire forte e chiara, in questo caso invece un silenzio assordante”.
Sembra quasi che l’abbiamo nascosto tra di noi il pluriomicida, e’ in casa nostra, nascosto dalla polizia italiana. E’ un susseguirsi di attachi, di accuse contro di noi. Ironia della sorte nessuno ci difende, neanche i nostri rappresentanti all’estero, eletti da noi e che siedono nel parlamento italiano. E dire che quando i nostri voti ci cercano, ci chiamano, ci adulano. Ora sono come gli struzzi, con la testa sotto-terra, per lo meno fino alle prossime elezioni. Ci lasciamo soli sotto questa valanga di accuse contro di noi.
Ma forse la ragione di cio’ e’ chiara e di politica interna italiana: la gestione dell’estradizione di Battisti e’ stata malgestita sin dall’inizio, in altre parole e’ stata un vero disastro di diplomazia. A cio’ si e’ aggiunto un vero e proprio affaire politico affaristico franco-brasiliano che ha beneficiato il terrorista.
Risultato: l’Italia ha fatto una figura penosa, e’ stata umiliata, si e’ messo in discussione il suo sistema giudiziario, che francamente e’ molto piu’ garantista di quello brasiliano.
L’umiliazione e’ stata totale: se un paese come il Brasile dove (ricordiamolo) ogni anno 50.000 sono uccise (molto piu’ che nel Medio Oriente) per ragioni varie, ci vuole dare lezioni di garantismo significa solo una cosa. Contiamo cosi’ poco che non si avuto nemmeno la delicatezza di badare alla sostanza (non estradare il terrorista) ma si e’ voluto anche usare una forma che fosse volutamente umiliante (dire che Battisti era un perseguitato politico).

Essere un membro del G8 (l’Italia) e poi essere umiliato in questo modo da un aspirante tale come il Brasile riflette la poca considerazione che l’Italia ha in campo internazionale. A questo punto bisognava deviare l’attenzione dell’opinione pubblica italiana dall’umiliazione e trovare un capro-espiatorio: il popolo degli italo-brasiliani.
E gli italiani d’Italia avranno “bevuto” questa storiella? Ci crederanno? Forse si forse no.
Ma torniamo alla frase del nostro illustre parlamentare: quando c’e’ da chiedere, la nostra voce si sente forte e chiara. Davvero?
Il gruppo dei cronisti poveri di Sao Paolo apre una crassa risata a questa frase.
Primo, il gruppo dubita che la nostra voce si senta affatto, immagina se forte e chiara.
E poi il pedante del gruppo afferma: chiedere tutti possono ma ottenere quasi nessuno. Infatti l’illustre parlamentare non ha potuto usare questa parola (ottenere) perche’ non abbiamo mai ottenuto niente, afferma il pedante. E pare anche che per avanzare richieste leggittime e riconosciute dalla Costituzione italiana dobbiamo pagare un pedaggio in termine di sit-in di protesta e blocchi stradali per chiedere l’estradizione di Battisti.
Gli italo-brasiliani come gli altri italiani all’estero sono ancora una volta umiliati in Patria per colpe della Patria stessa. E se cio’ avviene da parte di alcuni nostri rappresentanti all’estero significa che noi italiani all’estero siamo proprio alla frutta. Ne’ a destra ne’ a sinistra c’è stata una voce a nostro favore.
A questo punto lasciatemi terminare questo articolo con l’affermazione del pedante: questo parlamentare e’ proprio picchiato dice toccandosi la testa con un dito.

martedì 20 gennaio 2009

L’ilarita’ degli italo-brasiliani e il caso Battisti

“Lo vedi Max che non ti legge nessuno? Su questa storia di Battisti le dichiarazioni e gli appelli alle autorita’ brasiliane e alla comunita’ italo-brasiliana si susseguono in maniera monotona e inutile. La tua spiegazione geopolitica non sembra averla letta nessuno” dice il tipo col naso aquilino mentre sorseggia la cervejinha gelata. “E quello che e’ peggio e’ che questi appelli si rivolgono anche ad autorita’ di alto livello italo-brasiliane” sgnignazza il tipo tarchiato con il viso rotondo che tradisce le origini meridionali.
Siamo a Sao Paolo, boteco (bar povero) dei cronisti italiani. Caldo pomeriggio di gennaio. I miei colleghi si divertono a prendermi in giro sui miei recenti articoli sul caso Battisti, da me commentato con un affaire polico-affaristico franco-brasiliano. Il punto che suscita la strisciante ilarita’ e’ il richiamo alle origini italiane da parte di autorita’ di alto livello nazionali italiane per sensibilizzare la comunita’ italo-brasiliana per il rimpatrio del terrorista.
Il mio punto e’ che solo un rapporto di business ongoing (corrente) tra la comunita’ italiana in patria ed in Brasile puo’ influire sulle decisioni dei due paesi. In mancanza d’esso il richiamo al cognome di origine italiano e’ destinato a cadere nel vuoto. “Delle due l’una: o sono dichiarazioni ingenue o manca in Italia una reale coscienza di come funzionano le comunita’ nazionali all’estero, non solo quella italiana.” afferma il tipo con il naso aquilino.
Sono propenso a scegliere questa seconda opzione. Per ironia della sorte, l’Italia si rivolge a noi in circostanze che sono sempre a noi rinfacciate: quando ne ha bisogno. Quando ha bisogno di un nostro intervento, un nostro atto a favore della Patria. “Con che faccia ci chiedono di intervenire quando ci chiamano papponi, scroccatori a sbafo, quando non fanno mai niente per noi?” insiste il tipo basso e tarchiato. C’è dell’acredine nelle parole del mio amico ma e’ comprensibile.
Italiano all’estero è vilipeso spesso, sembra di sparare sulla croce rossa. “E non solo residente italiano all’estero. Guarda ad esempio quel povero Giovanni Falcone, che inferno deve passare per vedere suo figlio Angelo. Detenuto italiano all’estero e’ anche peggio” dice il tipo col naso aquilino, riferendosi all’incredibile caso del genitore italiano di un ragazzo lasciato a marcire nelle carceri indiane. “Non discuto se il figlio sia colpevole o no, ma il suo diritto di scontare la pena in Italia” aggiunge naso aquilino.
E forse questo caso e’ emblematico. Nel caso di Angelo nessuno della famosa e aristocratica intellighenzia italiana si e’ mobilitato. Al contrario e’ ignorato quasi con disprezzo.
Nel caso di Battisti si e’ mobilitato nientemeno che Henry Levy, uno dei massimo intellettuali mondiali. Battisti, e’ bene ricordarlo, e’ un pluriomicida. Angelo invece e’ accusato di traffico di droga.
E nel caso di Battisti, Levy si e’ mobilitato sul serio. Nonostante l’avanzata eta’, ha incontrato il ministro della giustizia brasiliana per la sua liberazione. Ma qui in Brasile circola un’altra voce. La figlia di Levy e’ ex-compagna dell’ex-compagno di Carla Bruni (con cui ha avuto un figlio), a sua volta moglie del presidente Sarkozy. In altre parole la linea diretta tra Levy e la Bruni e’ quasi di sangue e non ideologica, come si e’ raccontato in Italia. E’ evidente che l’appoggio alla liberazione di Battisti era fortissima.
Pertanto per ribattere alle critiche dei miei compagni di boteco fatemi rispondere cosi’: chi ignora la dimensione dell’affaire Battisti richiamandosi ai nostri cognomi italiani in Brasile piu’ che al business sembra farlo piu’ per dovere di patria che per ragione.
Gli italo-brasiliani non scenderanno in piazza per l’estradizione di Battisti, nemmeno sanno chi e’ ne’ lo vogliono sapere. Ne’ li si puo’ biasimare. Ci hanno lasciato nel dimenticatoio per troppo tempo e ora richiamarsi a noi, questo si’, suscita l’ilarita degli italo-brasiliani.

I dollari e gli italiani all’estero

“Mio caro Max i soldi fanno girare il mondo ormai. Quasi tutte le maggiori decisioni politiche, economiche, giudiziarie, vengono prese in funzione del colore verde, del dollaro. Ed anche il caso Battisti si spiega cosi’. E questo non l’hanno capito in Italia”. Chi mi siede davanti nel boteco (bar povero) di sao Paolo e’ un vecchio cronista che davanti alla cervejinha (birra) gelata mi da la sua interpretazione del caso Battisti. Ma ascoltiamolo.
“In Italia hanno dato la colpa di tutti a lei, Carla Bruni, la traditrice dell’Italia. Ma le cose sono molto piu’ complesse.” “E allora spiegamele tu” gli chiedo io.
“Ascolta bene. Sarkozy, capo di stato francese, e’ venuto in Brasile a fine anno per due ragioni: una professionale e l’altra personale. Lui ha firmato un contratto tra lo stato francese e quello brasiliano per un valore complessivo di 12 miliardi di dollari di forniture militari (il primo sottomarino nucleare dell’America Latina tra le altre cose probabilmente). Un contratto gigantesco, forse il maggiore stipulato da un paese europeo con il Brasile negli ultimi anni. E in piu’ e’ venuto in Brasile per andare a farsi due bagni a Itacare’, nello stato di Bahia, paradiso dei surfisti”.
“E allora?” incalzo io. “E’ chiaro, mio caro Max: davanti a un contratto di queste dimensioni, che aumenta notevolmente il peso militare del Brasile nell’America Latina, Lula avrebbe accettato qualsiasi cosa. Cosi’ quando Carla ha chiesto, come ciliegina sulla torta, la liberta’ di Battisti, la risposta era ovviamente si”. “Si tratta di geopolitica di alto livello in cui si e’ inserito il nome di Battisti” dico io di rimabalzo.
“Esatto, le proteste italiane era gia’scontate, deboli ed inconsistenti. La stesso Lula ha affermato che l’Italia doveva accettare la decisione di un paese sovrano come il Brasile, praticamente senza discutere”. “Ma cosa poteva fare l’Italia per evitare cio’?” chiedo io.
“Beh e’ semplice: Lula e’ sotto grandissima pressione per le elezioni del 2010 gia’ da quasi un anno. Non per se’ stesso ma per appoggiare la candidatura della sua pupilla Dilma. E’ ovvio che per battere le richieste francesi c’erano due modi: o fare un contratto simile a quello francese (cosa non possibile perche’ da costruirsi nel tempo come hanno fatto i francesi) o appoggiarsi al peso elettorale della comunita’ italo-brasiliana.
I 30 milioni di oriundi italiani sono decisivi per decidere il prossimo presidente. Se Lula avesse minimamente pensato di attirarsi le antipatie dell’elettorato italo-brasiliano per la decisione di non estradare Battisti mai e poi mai avrebbe preso questa decisione. Anche in presenza di un contratto grandioso con la Francia.
Prima il potere, poi il resto, questa e’ la regola. Tuttavia la comunita’ italo-brasiliana e’ slegata, abbandonata dall’Italia. Non esiste una politica a favore degli italiani all’estero. E’ ovvio che se si chiede a questa di agire in favore dell’Italia, la domanda ovvia sarebbe: e perche’ mai? Cosa diversa e’ per lobby straniere in altri paesi, (tipo USA), che non hanno difficolta’ ad influenzare la politica di quel paese. Ma, di nuovo, la ragione di tutto e’ il biglietto verde, il dollaro. Se quelle lobby non avessero uno scambio costante di business con la madrepatria mai agirebbero a favore di essa. Non dobbiamo mitizzare la fedelta’ alla patria. La vera fedelta’, come vedi e’ al biglietto verde”.

E forse l’analisi del mio amico italo-brasiliano e’ un po’ troppo cinica ma ha senso.
Il grande potere delle comunita’ italiane all’estero non e’ nelle loro radici ma nel potenziale di business che possono sviluppare con la madrepatria. E’ su questo e solo su questo che si puo’ costruire un rapporto di forza internazionale che da’ autorevolezza alle proprie richieste.
E’ inutile illudersi: dalla notte dei tempi le relazioni internazionali sono state dominate da rapporti di forza e di business. E’ solo su questo che si possono inserire richieste ad altri stati.
Ma putroppo pare che la nostra politica estera si basa ancora su una visione delle feluche un po’ da addobbo rinascimentale, questa si’ antidiluviana e anacronistica.

sabato 17 gennaio 2009

Battisti: l’umiliazione dell’Italia colpa della mancanza di attenzione agli italo-brasiliani

Gennaio 2009: uno dei leader storici di Hezbollah, detenuto da 2 anni negli USA, non viene estradato in Israele. Nonostante la domanda personalmente inoltrata al Presidente Bush quest’ ultimo decide che si tratta di un caso di persecuzione politica e decide di negare la domanda, concedendo asilo politico. L’ironia della sorte e’ che, alcuni mesi prima, il presidente Bush, visitando Israele, aveva praticamente “promesso”l’estradizione.

Storia immaginaria la nostra, compilata dalla nostra redazione di New York. Tuttavia questa storia illustra bene l’umiliazione sofferta dall’Italia nel caso di mancata estradizione di Cesare Battisti del gruppo Proletari Armati. Perche’? Semplice: la nostra storia immaginaria e’ molto simile a quella vera successa nel caso Battisti. Cambiate gli stati coinvolti (gli USA ed Israele con Brasile e Italia), le persone (leader di Hezbollah con Cesare Battisti) ma lasciate uguali le circostanze. Vedrete che i fatti coincidono.

La domanda e’: perche’ un caso simile si e’ verificato in Brasile e mai si verificherebbe negli USA?
Semplice: la lobby ebraico-americana avrebbe fatto un rumore d’inferno e il leader di Hezbollah sarebbe stato immediatamente estradato. La lobby ebraica e’ cosi’ insericata nella politica di Washington e quella di Tel Aviv che decide praticamente tanto nella prima quanto nella seconda capitale. Non cosi’ quella italo-brasiliana. Essa conta come il due di briscola tanto per la politica brasiliana quanto per quella italiana.

Ironia della sorte e’ che lo stesso giudizio puo’ essere usato per la politica estera italiana. La figura fatta dal nostro ministro degli esteri e dalla nostra diplomazia e’ penosa. Non contiamo niente. Se non riusciamo ad influire su decisioni come quella del caso Battisti dobbiamo ammetterlo che la nostra politica estera e’ fallimentare.

Di nuovo la causa di tutto e’ la bassissima attenzione data agli italiani all’estero e, nel caso concreto, agli italiani del Brasile. Non ci si puo’ lamentare che non valiamo molto e siamo umiliati se poi noi stessi umiliamo in patria l’unico punto di appoggio che l’Italia conta in Brasile. I 30 milioni di oriundi italiani che hanno un peso elettorale enorme, che possono decidere il prossimo presidente del Brasile, se fossero uniti e si muovessero all’unisono con l’Italia.
Cosa normale negli USA per la lobby ebraica, cosa assurda per la lobby italiana in Brasile.

E, come gia’ detto in passato, la ragione e’ perche’ l’Italia abbandona completamente gli italiani all’estero, come quelli in Brasile, piuttosto che coltivarseli con gelosia, come fanno gli altri paesi con i loro discendenti all’estero. E fintanto che cio’ avverra’ e’ inutile illudersi: fatti come questi continueranno e l’Italia mangera’ la polvere.

Il vedersi avverare le proprie predizioni, come Cassandra, e’ proprio una magra soddisfazione per chi, come il sottoscritto, ripete questa cose da anni. Fintantoche’ non muta la relazione con gli italiani all’estero, la politica estera dell’Italia rimarra’ cosa da Pulcinella. Fino a quando l’Italia umiliera’ gli italiani all’estero e sara’ umiliata dagli stessi paesi dove quegli italiani risiedono?

COMUNICAZIONE AI LETTORI

Cari lettori

Per un errore non voluto alcuni mei articoli sono stati pubblicati a mia insaputa su un sito (corriere caraibi) da cui mi dissocio totalmente tanto nei contenuti quanto nelle forme dei suoi articoli.
Ho chiesto al gestore del sito di ritirare immediatamente i miei articoli dal sito.
Volevo farvi sapere che, se per qualche ragione, vedete i miei articoli in quel sito, non ho nulla a che fare con loro
Grazie
Max

mercoledì 14 gennaio 2009

Italians: film “che si fa sempre riconoscere” sugli italiani all’estero

Confesso che non l’ho visto. Probabilmente non lo vedro’. Ma leggendo la trama del nuovo film Italians, di prossima uscita in Italia, mi torna alla mente la frase del mio vecchio professore di liceo: “Caro Max, quando si parla di un luogo, di un popolo, vai sempre alla fonte, come ricercatore parla e se puoi vivi con le persone del luogo. E’ sempre meglio l’interpretazione autentica piuttosto che quella filtrata, di persone che non sono state mai in quel luogo o, peggio ancora, sono state li’ per turismo”.
Forse una delle ragioni per cui sono divenuto italiano all’estero e’ questa, perche’ non volevo leggere di cio’ che accadeva in posti che non conoscevo con commenti di persone che andavano li’ per un breve periodo come giornalisti o turisti. Preferivo andare di persona e “vivere” il posto e le persone del luogo, specialmente gli italiani all’estero. Cosi’ ho conosciuto alle radici le tematiche degli italiani all’estero. Ironia della sorte, nonostante le mie profonde conoscenze dell’ argomento, non sono mai stato convocato da alcuna delle numerose commissioni parlamentari su queste tematiche. E dire che a queste commissioni vanno “cani e porci” per parlare dell’universo mondo.

Ma cio’ che mi preme oggi e’ di sottolineare una moda di lunga data del nostro cinema: quella di dipingere l’italiano all’estero, in maniera macchiettistica, l’eterno furbone in vacanza, che cerca di sbarcare il lunario con trucchi, con inghippi, con inganni.
Purtroppo l’ immagine che si ha in Italia dell’italiano all’estero e’ questa: Italians e’ solo l’ultimo di una lunga serie di film che si sono arrichiti con uno stereotipo di italiano all’estero che e’ tanto comico quanto lontano anni luce dal vero. L’italiano “che si fa sempre riconoscere”, la macchietta. A questo riguardo bisogna essere realisti: il cinema e’ fatto per guadagnare e film su persone che lavorano alacremente all’estero sarebbero considerati barbosi e probabilmente sarebbero un disastro in biglietteria. Il furbone, quella che pensa di saperla lunga, che vuole fare fesso gli altri, quello si che vende. In realta’ questa immagine solletica l’immaginario collettivo dell’italiano medio:
vado all’estero dove mi libero dalle catene della societa’ italiana ingessata e mi scateno nell’ avventura anche selvaggia. Come se all’estero, specie nei paesi meno sviluppati, non ci fossero regole, si vivesse ne far west.
Per lo meno in questo questi film sono veritieri: gli italiani che vivono in Italia e vengono ad esempio in Brasile per turismo a volte si comportano proprio cosi’, con festini a base di sesso, droga e rock’n ‘roll che infangano la comunita’ italiana residente in Brasile, che vive e lavora in maniera onesta qui in Brasile. Non e’ l’italiano all’estero ma e’ proprio l’italiano d’Italia in vacanza che si comporta cosi’ da avventuriero, da pirata. Poi quando torna in patria e’ il primo a denigrare l’italiano all’estero e come si vive la’, anche se lui va segretamente proprio per queste ragioni.
L’ipocrisia regna sovrana.
Pertanto un consiglio ai miei lettori: se volete vedere il film Italians per fare due risate andateci pure, probabilmente ne vale la pena.
Ma se, dopo aver assistito al film, pensate di aver visto come vivono gli italiani all’estero, mi dispiace deludervi: vi sbaglierete di grosso.
L’italiano all’estero, nella maggior parte dei casi, vive e lavora duramente: il furbone che vedrete nel film ritrae piu’ il regista del film che guadagna “sulle spalle nostre” che noi italiani all’estero.