domenica 5 novembre 2017

Max Bono senza paura nella terra dei cannibali brasiliani

Cari amici
in questo periodo di feste di agosto vi raccontero' di un mio piccolo viaggio nel Sud della Bahia dove sono andato ad intervistare gli indios nelle loro giuste rivendicazioni di terra.

Ero uscito di fretta da casa e avevo preso l’autobus.

Non sapevo dove era il villaggio degli indios.

Pensavo alle parole del mio amico Cesar, grande conoscitore degli indios del sud della Bahia:

“I proprietari di terra sono brutali e hanno promosso la invasione delle terre indigene.

Ma anche gli indios non scherzano. Stai attento”.

Ma Max Bono non e’ un tipo che ha paura e quindi e’ andato senza problemi.

Max pero' aveva commesso un grave errore: nella fretta di uscire aveva dimenticato a casa la sua tessera di giornalista internazionale.

Dopo una breve conversazione con il vice-capo della tribu’, un tipo grasso e simpatico, si e’ avvicinato un indio magro e con un viso ascetico.

Era armato di freccia ed aveva una faccia per niente accogliente.

Gli ho chiesto cosa faceva con l’arco.

Lui senza rispondere ha mirato l’arco al cielo e ha lanciato una freccia, che e’ caduta vicino a me.

L’indio mi ha detto che usava la freccia per ammazzare le spie. Poi mi ha detto che non credeva che fossi giornalista.

In quel momento l’aria e’ divenuta tesa. Gli sguardi tra gli indios si sono rapidamente incrociati e le facce sono diventate improvvisamente dure.

Dopo di cio' il vice-capo con cui parlavo mi ha legato i polsi e mi ha dichiarato "arrestato" secondo la sua autorita'.

Sfortunatamente ero da solo e ho cercato di fare appello all' evidenza. Avevo cercato di intervistare il capo della tribu' attendendo da solo fuori. Ma lui non c’era e mi era stato detto di aspettare al di la' del recinto di entrata, cosa che avevo fatto.

E qui la mia fortuna e’ stata che le donne della tribu’ hanno confermato la mia versione. “E’ verdade. e’ verdade” hanno gridato le donne.

A quel punto gli uomini si sono guardati in faccia. I loro visi erano arrabbiati ma non sapevano cosa fare. Non potevano andare contro la parola delle loro donne.

Il viso del vice-capo si era fatto serio ma aveva perso l’aggressivita’ di qualche minuto prima.

Dopo una mia perquisizione gli indios si sono convinti che non ero pericoloso e mi hanno rilasciato.

Mi hanno liberato ma solo fuori al loro territorio. Il vice-capo mi ha accompagnato fino all’entrata con le mani legate e solo li’ me le ha slacciate.

Alle mie rimostranze di un trattamento ingiusto subito il vice capo tribù mi ha detto: "Ti lamenti? Potevi finire molto peggio.”

“E come?" ho risposto io.

“ E se ti cucinavamo allo spiedo?” mi ha detto con faccia seria.

"E perche'?" Ho detto io:

“Per fare domande in casa d' altri.” ha risposto.

Al che ho lasciato perdere.

Cosi' non ci sara' nessuno spezzatino di Max Bono e continuero' a fare il mio dovere per gli italiani all' estero.

E vi diro' la verita': se riesco ad affrontare da solo una tribu' di indios cannibali penso di poter anche affrontare i nostri politici per rivendicare i diritti degli italiani all' estero.

Pubblicato il 27/8/2011 a Bahia e in Cicero, il piu’ grande gruppo di italiani all’estero al mondo.

P. S.

On 29/ago/2011, Max aggiunse:

Per chi avesse ancora dei dubbi sulla mia storia riporto una dichiarazione del capo' tribu:

"E pur isso que nao sequestro ninguen. Se sequestrar a gente va ter que comer."

E' per questo che non sequestro nessuno. Se sequestro qualcuno dobbiamo mangiarlo.”

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