martedì 20 gennaio 2009

L’ilarita’ degli italo-brasiliani e il caso Battisti

“Lo vedi Max che non ti legge nessuno? Su questa storia di Battisti le dichiarazioni e gli appelli alle autorita’ brasiliane e alla comunita’ italo-brasiliana si susseguono in maniera monotona e inutile. La tua spiegazione geopolitica non sembra averla letta nessuno” dice il tipo col naso aquilino mentre sorseggia la cervejinha gelata. “E quello che e’ peggio e’ che questi appelli si rivolgono anche ad autorita’ di alto livello italo-brasiliane” sgnignazza il tipo tarchiato con il viso rotondo che tradisce le origini meridionali.
Siamo a Sao Paolo, boteco (bar povero) dei cronisti italiani. Caldo pomeriggio di gennaio. I miei colleghi si divertono a prendermi in giro sui miei recenti articoli sul caso Battisti, da me commentato con un affaire polico-affaristico franco-brasiliano. Il punto che suscita la strisciante ilarita’ e’ il richiamo alle origini italiane da parte di autorita’ di alto livello nazionali italiane per sensibilizzare la comunita’ italo-brasiliana per il rimpatrio del terrorista.
Il mio punto e’ che solo un rapporto di business ongoing (corrente) tra la comunita’ italiana in patria ed in Brasile puo’ influire sulle decisioni dei due paesi. In mancanza d’esso il richiamo al cognome di origine italiano e’ destinato a cadere nel vuoto. “Delle due l’una: o sono dichiarazioni ingenue o manca in Italia una reale coscienza di come funzionano le comunita’ nazionali all’estero, non solo quella italiana.” afferma il tipo con il naso aquilino.
Sono propenso a scegliere questa seconda opzione. Per ironia della sorte, l’Italia si rivolge a noi in circostanze che sono sempre a noi rinfacciate: quando ne ha bisogno. Quando ha bisogno di un nostro intervento, un nostro atto a favore della Patria. “Con che faccia ci chiedono di intervenire quando ci chiamano papponi, scroccatori a sbafo, quando non fanno mai niente per noi?” insiste il tipo basso e tarchiato. C’è dell’acredine nelle parole del mio amico ma e’ comprensibile.
Italiano all’estero è vilipeso spesso, sembra di sparare sulla croce rossa. “E non solo residente italiano all’estero. Guarda ad esempio quel povero Giovanni Falcone, che inferno deve passare per vedere suo figlio Angelo. Detenuto italiano all’estero e’ anche peggio” dice il tipo col naso aquilino, riferendosi all’incredibile caso del genitore italiano di un ragazzo lasciato a marcire nelle carceri indiane. “Non discuto se il figlio sia colpevole o no, ma il suo diritto di scontare la pena in Italia” aggiunge naso aquilino.
E forse questo caso e’ emblematico. Nel caso di Angelo nessuno della famosa e aristocratica intellighenzia italiana si e’ mobilitato. Al contrario e’ ignorato quasi con disprezzo.
Nel caso di Battisti si e’ mobilitato nientemeno che Henry Levy, uno dei massimo intellettuali mondiali. Battisti, e’ bene ricordarlo, e’ un pluriomicida. Angelo invece e’ accusato di traffico di droga.
E nel caso di Battisti, Levy si e’ mobilitato sul serio. Nonostante l’avanzata eta’, ha incontrato il ministro della giustizia brasiliana per la sua liberazione. Ma qui in Brasile circola un’altra voce. La figlia di Levy e’ ex-compagna dell’ex-compagno di Carla Bruni (con cui ha avuto un figlio), a sua volta moglie del presidente Sarkozy. In altre parole la linea diretta tra Levy e la Bruni e’ quasi di sangue e non ideologica, come si e’ raccontato in Italia. E’ evidente che l’appoggio alla liberazione di Battisti era fortissima.
Pertanto per ribattere alle critiche dei miei compagni di boteco fatemi rispondere cosi’: chi ignora la dimensione dell’affaire Battisti richiamandosi ai nostri cognomi italiani in Brasile piu’ che al business sembra farlo piu’ per dovere di patria che per ragione.
Gli italo-brasiliani non scenderanno in piazza per l’estradizione di Battisti, nemmeno sanno chi e’ ne’ lo vogliono sapere. Ne’ li si puo’ biasimare. Ci hanno lasciato nel dimenticatoio per troppo tempo e ora richiamarsi a noi, questo si’, suscita l’ilarita degli italo-brasiliani.

I dollari e gli italiani all’estero

“Mio caro Max i soldi fanno girare il mondo ormai. Quasi tutte le maggiori decisioni politiche, economiche, giudiziarie, vengono prese in funzione del colore verde, del dollaro. Ed anche il caso Battisti si spiega cosi’. E questo non l’hanno capito in Italia”. Chi mi siede davanti nel boteco (bar povero) di sao Paolo e’ un vecchio cronista che davanti alla cervejinha (birra) gelata mi da la sua interpretazione del caso Battisti. Ma ascoltiamolo.
“In Italia hanno dato la colpa di tutti a lei, Carla Bruni, la traditrice dell’Italia. Ma le cose sono molto piu’ complesse.” “E allora spiegamele tu” gli chiedo io.
“Ascolta bene. Sarkozy, capo di stato francese, e’ venuto in Brasile a fine anno per due ragioni: una professionale e l’altra personale. Lui ha firmato un contratto tra lo stato francese e quello brasiliano per un valore complessivo di 12 miliardi di dollari di forniture militari (il primo sottomarino nucleare dell’America Latina tra le altre cose probabilmente). Un contratto gigantesco, forse il maggiore stipulato da un paese europeo con il Brasile negli ultimi anni. E in piu’ e’ venuto in Brasile per andare a farsi due bagni a Itacare’, nello stato di Bahia, paradiso dei surfisti”.
“E allora?” incalzo io. “E’ chiaro, mio caro Max: davanti a un contratto di queste dimensioni, che aumenta notevolmente il peso militare del Brasile nell’America Latina, Lula avrebbe accettato qualsiasi cosa. Cosi’ quando Carla ha chiesto, come ciliegina sulla torta, la liberta’ di Battisti, la risposta era ovviamente si”. “Si tratta di geopolitica di alto livello in cui si e’ inserito il nome di Battisti” dico io di rimabalzo.
“Esatto, le proteste italiane era gia’scontate, deboli ed inconsistenti. La stesso Lula ha affermato che l’Italia doveva accettare la decisione di un paese sovrano come il Brasile, praticamente senza discutere”. “Ma cosa poteva fare l’Italia per evitare cio’?” chiedo io.
“Beh e’ semplice: Lula e’ sotto grandissima pressione per le elezioni del 2010 gia’ da quasi un anno. Non per se’ stesso ma per appoggiare la candidatura della sua pupilla Dilma. E’ ovvio che per battere le richieste francesi c’erano due modi: o fare un contratto simile a quello francese (cosa non possibile perche’ da costruirsi nel tempo come hanno fatto i francesi) o appoggiarsi al peso elettorale della comunita’ italo-brasiliana.
I 30 milioni di oriundi italiani sono decisivi per decidere il prossimo presidente. Se Lula avesse minimamente pensato di attirarsi le antipatie dell’elettorato italo-brasiliano per la decisione di non estradare Battisti mai e poi mai avrebbe preso questa decisione. Anche in presenza di un contratto grandioso con la Francia.
Prima il potere, poi il resto, questa e’ la regola. Tuttavia la comunita’ italo-brasiliana e’ slegata, abbandonata dall’Italia. Non esiste una politica a favore degli italiani all’estero. E’ ovvio che se si chiede a questa di agire in favore dell’Italia, la domanda ovvia sarebbe: e perche’ mai? Cosa diversa e’ per lobby straniere in altri paesi, (tipo USA), che non hanno difficolta’ ad influenzare la politica di quel paese. Ma, di nuovo, la ragione di tutto e’ il biglietto verde, il dollaro. Se quelle lobby non avessero uno scambio costante di business con la madrepatria mai agirebbero a favore di essa. Non dobbiamo mitizzare la fedelta’ alla patria. La vera fedelta’, come vedi e’ al biglietto verde”.

E forse l’analisi del mio amico italo-brasiliano e’ un po’ troppo cinica ma ha senso.
Il grande potere delle comunita’ italiane all’estero non e’ nelle loro radici ma nel potenziale di business che possono sviluppare con la madrepatria. E’ su questo e solo su questo che si puo’ costruire un rapporto di forza internazionale che da’ autorevolezza alle proprie richieste.
E’ inutile illudersi: dalla notte dei tempi le relazioni internazionali sono state dominate da rapporti di forza e di business. E’ solo su questo che si possono inserire richieste ad altri stati.
Ma putroppo pare che la nostra politica estera si basa ancora su una visione delle feluche un po’ da addobbo rinascimentale, questa si’ antidiluviana e anacronistica.

sabato 17 gennaio 2009

Battisti: l’umiliazione dell’Italia colpa della mancanza di attenzione agli italo-brasiliani

Gennaio 2009: uno dei leader storici di Hezbollah, detenuto da 2 anni negli USA, non viene estradato in Israele. Nonostante la domanda personalmente inoltrata al Presidente Bush quest’ ultimo decide che si tratta di un caso di persecuzione politica e decide di negare la domanda, concedendo asilo politico. L’ironia della sorte e’ che, alcuni mesi prima, il presidente Bush, visitando Israele, aveva praticamente “promesso”l’estradizione.

Storia immaginaria la nostra, compilata dalla nostra redazione di New York. Tuttavia questa storia illustra bene l’umiliazione sofferta dall’Italia nel caso di mancata estradizione di Cesare Battisti del gruppo Proletari Armati. Perche’? Semplice: la nostra storia immaginaria e’ molto simile a quella vera successa nel caso Battisti. Cambiate gli stati coinvolti (gli USA ed Israele con Brasile e Italia), le persone (leader di Hezbollah con Cesare Battisti) ma lasciate uguali le circostanze. Vedrete che i fatti coincidono.

La domanda e’: perche’ un caso simile si e’ verificato in Brasile e mai si verificherebbe negli USA?
Semplice: la lobby ebraico-americana avrebbe fatto un rumore d’inferno e il leader di Hezbollah sarebbe stato immediatamente estradato. La lobby ebraica e’ cosi’ insericata nella politica di Washington e quella di Tel Aviv che decide praticamente tanto nella prima quanto nella seconda capitale. Non cosi’ quella italo-brasiliana. Essa conta come il due di briscola tanto per la politica brasiliana quanto per quella italiana.

Ironia della sorte e’ che lo stesso giudizio puo’ essere usato per la politica estera italiana. La figura fatta dal nostro ministro degli esteri e dalla nostra diplomazia e’ penosa. Non contiamo niente. Se non riusciamo ad influire su decisioni come quella del caso Battisti dobbiamo ammetterlo che la nostra politica estera e’ fallimentare.

Di nuovo la causa di tutto e’ la bassissima attenzione data agli italiani all’estero e, nel caso concreto, agli italiani del Brasile. Non ci si puo’ lamentare che non valiamo molto e siamo umiliati se poi noi stessi umiliamo in patria l’unico punto di appoggio che l’Italia conta in Brasile. I 30 milioni di oriundi italiani che hanno un peso elettorale enorme, che possono decidere il prossimo presidente del Brasile, se fossero uniti e si muovessero all’unisono con l’Italia.
Cosa normale negli USA per la lobby ebraica, cosa assurda per la lobby italiana in Brasile.

E, come gia’ detto in passato, la ragione e’ perche’ l’Italia abbandona completamente gli italiani all’estero, come quelli in Brasile, piuttosto che coltivarseli con gelosia, come fanno gli altri paesi con i loro discendenti all’estero. E fintanto che cio’ avverra’ e’ inutile illudersi: fatti come questi continueranno e l’Italia mangera’ la polvere.

Il vedersi avverare le proprie predizioni, come Cassandra, e’ proprio una magra soddisfazione per chi, come il sottoscritto, ripete questa cose da anni. Fintantoche’ non muta la relazione con gli italiani all’estero, la politica estera dell’Italia rimarra’ cosa da Pulcinella. Fino a quando l’Italia umiliera’ gli italiani all’estero e sara’ umiliata dagli stessi paesi dove quegli italiani risiedono?

COMUNICAZIONE AI LETTORI

Cari lettori

Per un errore non voluto alcuni mei articoli sono stati pubblicati a mia insaputa su un sito (corriere caraibi) da cui mi dissocio totalmente tanto nei contenuti quanto nelle forme dei suoi articoli.
Ho chiesto al gestore del sito di ritirare immediatamente i miei articoli dal sito.
Volevo farvi sapere che, se per qualche ragione, vedete i miei articoli in quel sito, non ho nulla a che fare con loro
Grazie
Max

mercoledì 14 gennaio 2009

Italians: film “che si fa sempre riconoscere” sugli italiani all’estero

Confesso che non l’ho visto. Probabilmente non lo vedro’. Ma leggendo la trama del nuovo film Italians, di prossima uscita in Italia, mi torna alla mente la frase del mio vecchio professore di liceo: “Caro Max, quando si parla di un luogo, di un popolo, vai sempre alla fonte, come ricercatore parla e se puoi vivi con le persone del luogo. E’ sempre meglio l’interpretazione autentica piuttosto che quella filtrata, di persone che non sono state mai in quel luogo o, peggio ancora, sono state li’ per turismo”.
Forse una delle ragioni per cui sono divenuto italiano all’estero e’ questa, perche’ non volevo leggere di cio’ che accadeva in posti che non conoscevo con commenti di persone che andavano li’ per un breve periodo come giornalisti o turisti. Preferivo andare di persona e “vivere” il posto e le persone del luogo, specialmente gli italiani all’estero. Cosi’ ho conosciuto alle radici le tematiche degli italiani all’estero. Ironia della sorte, nonostante le mie profonde conoscenze dell’ argomento, non sono mai stato convocato da alcuna delle numerose commissioni parlamentari su queste tematiche. E dire che a queste commissioni vanno “cani e porci” per parlare dell’universo mondo.

Ma cio’ che mi preme oggi e’ di sottolineare una moda di lunga data del nostro cinema: quella di dipingere l’italiano all’estero, in maniera macchiettistica, l’eterno furbone in vacanza, che cerca di sbarcare il lunario con trucchi, con inghippi, con inganni.
Purtroppo l’ immagine che si ha in Italia dell’italiano all’estero e’ questa: Italians e’ solo l’ultimo di una lunga serie di film che si sono arrichiti con uno stereotipo di italiano all’estero che e’ tanto comico quanto lontano anni luce dal vero. L’italiano “che si fa sempre riconoscere”, la macchietta. A questo riguardo bisogna essere realisti: il cinema e’ fatto per guadagnare e film su persone che lavorano alacremente all’estero sarebbero considerati barbosi e probabilmente sarebbero un disastro in biglietteria. Il furbone, quella che pensa di saperla lunga, che vuole fare fesso gli altri, quello si che vende. In realta’ questa immagine solletica l’immaginario collettivo dell’italiano medio:
vado all’estero dove mi libero dalle catene della societa’ italiana ingessata e mi scateno nell’ avventura anche selvaggia. Come se all’estero, specie nei paesi meno sviluppati, non ci fossero regole, si vivesse ne far west.
Per lo meno in questo questi film sono veritieri: gli italiani che vivono in Italia e vengono ad esempio in Brasile per turismo a volte si comportano proprio cosi’, con festini a base di sesso, droga e rock’n ‘roll che infangano la comunita’ italiana residente in Brasile, che vive e lavora in maniera onesta qui in Brasile. Non e’ l’italiano all’estero ma e’ proprio l’italiano d’Italia in vacanza che si comporta cosi’ da avventuriero, da pirata. Poi quando torna in patria e’ il primo a denigrare l’italiano all’estero e come si vive la’, anche se lui va segretamente proprio per queste ragioni.
L’ipocrisia regna sovrana.
Pertanto un consiglio ai miei lettori: se volete vedere il film Italians per fare due risate andateci pure, probabilmente ne vale la pena.
Ma se, dopo aver assistito al film, pensate di aver visto come vivono gli italiani all’estero, mi dispiace deludervi: vi sbaglierete di grosso.
L’italiano all’estero, nella maggior parte dei casi, vive e lavora duramente: il furbone che vedrete nel film ritrae piu’ il regista del film che guadagna “sulle spalle nostre” che noi italiani all’estero.

Il potere degli italiani all’estero

Presenza molto numerosa nel parlamento brasiliano. Lo stesso vale per quello argentino, degli Stati Uniti, del Canada e di altri paesi (perdonatemi se non li cito tutti). Futuro candidato alla presidenza della Repubblica argentina (non discutiamo della qualita’ ma della novita’ della candidatura).
Capo della CIA. Tutto cio’ solo nel settore pubblico internazionale.
Senza menzionare la miriade di posizioni di responsabilita’ a livello di ministri, di direttori, di entita’ pubbliche e para-pubbliche.
Nel settore privato poi e’ anche “peggio”. Incarichi di responsabilita’ elevatissimi in tutto il mondo.
In due parole la comunita’ di origine italiana nel mondo ha un peso straordinario nella economia e politica mondiale. Cognomi di origine italiana dominano i top ranking dei vertici mondiali pubblici e privati. E, d’altra parte, l’Italia, un nano politico a livello internazionale.
Nelle elezioni USA e’ impensabile che il presidente eletto non abbia l’ appoggio della potentissima lobby ebraica. Non cosi’ per quella italiana. Eppure gli italo-americani sono piu’ numerosi degli ebrei americani. E’ pero’ importante notare una cosa.
Quando si parla di lobby ebraica si parla di un gruppo di potere politico-economico che va da Washington a New York a Tel Aviv. E questa e’ la differenza con la lobby di origine italiana. Questa si ferma a New York e non varca l’oceano Atlantico.
In altre parole l’Italia e’ ininfluente nelle decisioni “di potere vero”, tanto negli USA quanto in Brasile, in Argentina, etc.
Peggio ancora, l’Italia e’ in posizione subalterna e a volte umiliata.
L’enorme potere negoziale di tipo politico-economico della comunita’ italiana all’estero che potrebbe beneficiare la madrepatria e’ completamente sprecato. Peggio ancora gli italiani all’estero e le comunita’ oriunde sono umiliate in Italia, al contrario di altri paesi anche piccoli come l’Irlanda o Israele.
Invece di disegnare la politica estera in funzione del grandissimo potere delle comunita’ italiane ed oriunde all’ estero, queste vengono ignorate o offese.
E’ come una ricchezza che viene completamente sprecata. Ma c’è una ragione.
Per avere un “ritorno” dalle comunita’ italiane all’estero, in termini di potere di influenza delle loro decisioni politiche ed economiche, l’Italia non si puo’ limitare a ricordare l’origine italiana dei cognomi dei potenti.
L’Italia deve mantenere un legame, uno scambio costante con le comunita’ italiane all’estero, deve mantenere un legame economico, finanziario, culturale, linguistico. Ma cio’ implica una serie di investimenti verso le comunita’ e soprattutto un’ ottica culturale diversa.
Un’ottica che considera le comunita’ italiane all’estero come un asset (bene) e non una liability (passivita’). Ma l ‘Italia politica in maniera taccagna e miope fa il contrario.
Salve poi scoprire persone di origine italiana di successo e corrergli dietro.
Il meno che ci si puo’ aspettare da un tale comportamento e’ che la persona oriunda italiana di successo ignori le richieste provenienti dall’Italia.
Non si puo’ cavalcare il campione quando si e’ affermato, bisogna coltivarselo e crescerlo per poi correre con lui. Nel mondo delle relazioni politico-commerciali internazionali si e’ “riconoscenti” verso chi fa qualcosa per te, non verso l’ultimo arrivato. E un paese che ha generato un genio dell’analisi del potere come Macchiavelli sembra ignorare le basi del pensiero politico-economico come quelle enunciate. E’ proprio vero che frasi “italians do it better” non sono sempre valide, specie nella politica estera nostrana.

Complotto contro gli italiani all’estero?

E’ partita. La campagna di dinformazione. Potente. Oscura, nebulosa ma costante.
Ma di che parli, Max, vaneggi? ti starai chiedendo mio caro lettore.
No, e se leggi quest’articolo fino all’ultima riga capirai di cosa parlo.
Di una rottura dello status quo, del pantano in cui le comunita’ degli italiani all’estero sono rimaste infognate per anni e che un gruppo di persone sta cercando (e anche con discreto successo) di tirarle fuori.
E permettemi, prima di arrivare al dunque di questa oscura storia, di fare una precisazione (e poi vedrete il perche’ di essa).
Max Bono non e’ una persona, lo scrivente e’ solo l’ultima ruota del carro e neppure la piu’ importante. Il contenuto degli articoli scritti da Max Bono e’ coordinato da un team di persone basate a Sao Paolo, a Rio de Janeiro, a Salvador de Bahia, a Buenos Aires, a New York, a Milano, in Sud Africa. Percio’ screditare lo scrivente influisce in poco o niente sul lavoro del team che puo’ facilmente trovare un sostituto al sottoscritto.

E veniamo a lei, alla campagna, al complotto contro lo scrivente, che in realta’ ha come obiettivo finale gli italiani all’estero.

Da quando Max Bono ha scoperchiato il vaso di Pandora delle tematiche degli italiani all’estero ne e’ uscito di tutto, ma veramente di tutto. Politici di livello, parlamentari, gruppi di opinione sugli italiani all’estero, persone comuni che hanno subito torti di varia natura all’estero, tutti hanno inondato la casella di email freethinking2004@yahoo.com di Max Bono e persino della ong per cui lavoro APK.
Un dibattito vivace, salutare, dinamico sulle problematiche degli italiani all’estero come mai in passato si e’ esteso ai siti su cui scrivo e persino sulle agenzie specializzati e giornali cartacei. Sembra che il bisogno di espressione delle comunita’ italiane all’estero si sia rivelato finalmente con decisione.
Ma ahime’, insieme a cio’, e’ uscita fuori lei, la campagna di dsinformazione tesa a denigrare il sottoscritto, a diminuire il valore di cio’ che scrive, a dire che e’ tutto falso, errato, senza senso.
Tutto e’ cominciato con una email innocente di un lettore che, sconvolto da un mio articolo sugli indigenti di Bahia, si e’ nobilmente offerto di aiutare l’indigente menzionato nell’articolo.
Poi pero’, lungi da fare cio’ menzionato, e’ partita dallo stesso lettore su un sito una serie di critiche costanti sul sottoscritto che ha sconfinato nell’offensivo. Dopo che finalmente questo lettore e’ stato posto in condizioni di non nuocere, strane emails sono arrivate tanto al sottoscritto quanto ai siti per cui scrivo. Nelle emails che io ricevevo si denigravano i siti e in quelle che ricevevano i siti si denigrava il sottoscritto.
Insomma una vera e propria campagna di disinformazione e’ in atto tanto sul sottoscritto quanto sui siti dove scrivo.
Ma perche’?
E qui arriviamo al nocciolo della questione. Le comunita’ italiane all’estero, anche per la loro inerzia (in alcuni casi) sono state mantenute in un sonno soporifero per decenni. Poi improvvisamente e’ stato dato loro il potere di avere propri rappresentanti al Parlamento italiano. Questo pero’ senza modificare in nulla la loro situazione economica, finanziaria sociale e politica.
Esiste una potente lobby politico-diplomatica che e’ fermamente decisa a protrarre lo status quo di situazione soporifera in cui versano le comunita’ italiane all’estero. Esiste anche una lobby economica legata ai fondi per gli italiani all’estero con la stessa finalita’ tanto in Italia e all’estero. A questa lobby piace che le discussioni sugli italiani all’estero siano mantenute eteree, piene di discussioni vuote, senza contenuti concreti e soprattutto senza effetti.
Discutere su tutto per non cambiare nulla questo sembra essere il loro motto. E l’atteggiamento delle comunita’ italiane all’estero, da sempre cronicamente senza voce in capitolo, sembrava facilitare e assecondare questa strategia.

Ma inprovvisamente arriva il team Max Bono, con le sue campagne a favore degli indigenti, dei detenuti all’estero, che questiona i fondi all’editoria ed il comportamento della rete consolare e soprattutto le dichiarazioni molto spesso senza alcun effetto dei rappresentanti italiani eletti all’estero.

Questo team con l’appoggio di siti prestigiosi in Italia e all’estero, specializzati e non, sembra rompere il vuoto di informazione sulle comunita’ italiane all’estero, sembra scuoterle dal loro torpore secolare. Cio’ non va bene, sembra dire la potente lobby.
Ed ecco spiegata la campagna di disinformazione in corso.

Avra’ effetto? A te lettore l’ardua sentenza.

sabato 10 gennaio 2009

Il vaso di Pandora degli italiani all’estero

Lo confesso. Non me l’aspettavo. Ci speravo ma non me lo aspettavo. Sono riuscito in una impresa titanica. Aprire il vaso di Pandora degli italiani all’estero. Non vorrei esagerare. Ma e’ sicuramente vero che dopo i miei ultimi articoli si e’ scatenata una ampia discussione in vari siti internet in cui scrivo sulle problematiche degli italiani all’estero.
In un sito c’è una discussione molto interessante e vivace sulla condizione dei detenuti italiani all’estero. Penso che in passato raramente ci sia stata una discussione simile dal “basso”, di persone normali, su tale tema. In piu’ ho ricevuto varie emails da specialisti sull’argomento che discutono con fervore sull’argomento. Ho scoperto che anche c’è molta ignoranza (ovvio non voluta) dalla maggior parte dei lettori.
In un altro sito c’è stato un veemente attacco alle mie conoscenze in materia di commercio estero e sull’attivismo delle comunita’ italiane all’estero. Attivismo sicuramente verissimo in certi casi ma ho forti dubbi che cio’ possa essere generalizzato per tutte le comunita’ italiane all’estero. Intendiamoci: il mio vuole essere uno sprone non una critica. Io stesso faccio parte di una comunita’ italiana all’estero e conosco benissimo i problemi di essa. Tuttavia sembra che quando si debba passare al dunque, all’azione, ci sia una apatia degli italiani all’estero.
Non di tutti ma di molti. E non solo in Brasile. Ho ricevuto varie emails di conferma di cio’ dall’ America del Sud, del Nord, dall’Africa, dall’Asia per non dire dall’ Europa.
Un effetto buffo di cio’ che ho scritto e’ che, rispetto al passato, ora i politici italiani eletti all’estero mi rispondono rapidamente, con argomenti concreti. Tuttavia ancora mancano dettagli importanti nelle loro risposte, del tipo: quali sono le persone responsabili che stanno elaborando, ad esempio, la politica di equalizzazione delle erogazioni delle pensioni INPS a quelli INPDAP (argomento particolarmente a cuore di alcuni pensionati in Brasile)? Eh si perche’ se e’ vero che si sta lavorando per questo (scusa normalmente addotta dai nostri parlamentari) non basta piu’ dire che c’e’ stato un sollecito all’ufficio competente, bisogna sapere i passi concreti svolti a riguardo.
Un’altro parlamentare mi promette che sta facendo il possibile per i parlamentari indigenti. Sara’ vero? A parole sembra di si. Ma i vecchi italiani indigenti continuano nelle favelas sudamericane.

Non parliamo poi delle emails ricevute per il trattamento scortese o arbitrario di alcuni consolati italiani all’estero. Qui c’è la quasi unanimita’. Fatemi ribadire la mia posizione: ci sono ottimi consolati italiani all’estero, ma alcuni lasciano veramente a desiderare nel loro modus operandi. Questo deve cambiare. Se gli italiani all’estero potessero votare il gradimento dell’operato del proprio consolato all’estero (nuova proposta) penso che molti consolati cambierebbero consoli e direttori.

Ma e’ sull’editoria italiana all’estero che l’unanimita’ e’ quasi generale. E’ incredibile che, a fronte di questa valanga di critiche, il governo continuera’ ad applicare le vecchie regole. Perche’? Francamente la scusa del ritardo non e’ accettabile.
E qui dobbiamo segnalare una cosa: le repliche, le emails, sono per la maggior parte di comuni italiani all’estero ed anche di parlamentari.
Il governo pero’ tace. Sembra ignorare questo dibattito. Non e’ una cosa molto onorevole, in fondo gli italiani all’estero sono milioni e meritano risposte.
Tuttavia fatemelo dire: sono contento. Riuscire nell’erculea impresa di aprire questo vaso di Pandora non e’ una cosa facile, specialmente perche’ si parla del popolo piu’ ignorato al momento in Italia: gli italiani all’estero.
Che ben vengano critiche, dibattiti, emails, discussioni di qualunque tipo. Cio’ significa che non siamo tutti passivi, moribondi o papponi, come molti pensavano tanto in Italia quanto all’estero.

martedì 6 gennaio 2009

I politici italiani eletti all’estero

“Caro Max ho letto il tuo articolo e devo dire che non sono d’accordo. E’ facile criticarci, dire che agiamo come “marionette”. La verita’ e’ che i parlamentari italiani eletti all’estero incontrano mille difficolta’ tanto nella maggioranza quanto all’ opposizione. Percio’ e’ ingiusto formulare giudizi come i tuoi” mi scrive il parlamentare di cui, per rispetto alla sua volonta’, non rivelero’ il nome.

Devo dire che non sono nuovo a contatti diretti con persone illustri e poiche’ i miei lettori me l’hanno spesso chiesto, raccontero’ un aneddoto che si e’ verificato la scorsa legislatura.
Ero a casa all’ora di pranzo piu’ di un anno fa.
Improvvisamente squilla il mio cellulare. Dall’altra parte della cornetta una voce gentile mi chiede: “Max Bono?” “si” rispondo sorpreso. “Il parlamentare XY vuole parlare con lei” risponde con voce educata la sua segretaria. A mia volta rispondo “Ora non posso perche’ sono occupato”. La segretaria sorpresa mi chiede: “Quando potra’ parlare?” “piu’ tardi tra qualche ora”. La segretaria si consulto’ con il parlamentare e poi fisso’ l’appuntamento.

Rimasi sorpreso perche’ il mio numero di cellulare e’ praticamente conosciuto a pochissimi e sicuramente (pensavo) non a Roma. Ma mi sbagliavo. Le via di Roma sono infinite.

All’epoca (come ora) mi battevo per i diritti degli italiani indigenti all’estero. All’appuntamento fissato il parlamentare mi chiede perche’ insisto su di lui e io candidamente rispondo che non era una battaglia personale, al contrario. Chiedevo il rispetto dei diritti degli italiani indigenti. E li’, ilvecchio marpione mi chiese: “Ma mi dica i nomi che io li comunichero’ a chi di dovere per poterli aiutare”. Io risposi: “Guardi che non voglio interventi ad personam a favore di qualcuno od un altro. Cio’ che chiedo nei miei articoli e’ l’elaborazione di una politica a favore degli italiani indigenti all’estero”. L’illustre parlamentare rimase deluso ma mi disse che avrebbe fatto il possibile. Il giorno dopo il parlamentare fece una dichiarazione alla stampa attaccando i miei articoli e le sue strumentalizzazioni da parte di avversari politici. A quel punto capii che se avessi fatto nomi, come lui voleva, li avrebbe usati affermando che i miei articoli erano motivati da interessi personali. Il furbastro aveva tentato di “convincermi” il giorno prima per denigrarmi il giorno dopo. Fortunatamente non era cascato nel tranello anche perche’ le mie motivazioni erano genuinamente a favore degli indigenti piuttosto che per guadagni personali. L’illustre parlamentare non fu poi rieletto e qualcuno dice anche grazie ai miei articoli.

Racconto questo aneddoto per specificare che con i miei articoli non ho mai avuto interessi personali ma al contrario non ho mai guadagnato un centesimo.

Ma per rispondere all’osservazione dell’attuale parlamentare vorrei sottolineare che ci sono quattro punti che i parlamentari tanto di governo quanto di opposizione eletti all’estero dovrebbero intervenire subito per far passare:

1) Assistenza agli italiani indigenti all’estero. Questo per evitare che “la strage dei poveri vecchi italiani innocenti all’estero” continui.
2) Rimpatrio dei detenuti italiani all’estero. Non discuto se sono colpevoli o no. E’ pero’ giusto che passino i periodo carcerario in Italia piuttosto che all’estero.
3) Eliminazione dei sussidi all’editoria italiana all’estero nell’attuale maniera e loro direzionamento all’informazione di ritorno di giornalisti italiani genuinamente all’estero.
4) Ristrutturazione non tanto della rete consolare ma del suo modus operandi. In altre parole eliminazione di comportamenti arbitrari ed eccessivamente burocratici di alcuni consolati italiani all’estero.
Come vede, mio illustre parlamentare, non si tratta di richieste esorbitanti ma di cose dovute.
E’ora pero’ che anche noi italiani all’estero facciamo la nostra parte e la smettiamo di lamentarci ma agiamo a favore del nostro paese promuovendolo e cercando di sviluppare un flusso economico-finanziario verso l’Italia tramite atti concreti. Questo per dimostrare che non chiediamo sempre ma che diamo anche qualcosa all' Italia.

domenica 4 gennaio 2009

Italiani all’estero: popolo senza leader

“Caro Max, ho fatto una ricerca su google sugli italiani all’estero. Mi sono concentrato solo sugli articoli che parlano circa il sentimento delle comunita’ italiane all’estero. Ho scartato quindi le dichiarazioni dei politici, dei diplomatici, dei giornalisti che tessevano le lodi di politici in patria e all’estero. Cercavo qualcosa che riguardasse veramente cio’ che accade nelle comunita’ italiane all’estero, chi sono le persone membri di tali comunita’ etc.. Devo dire che sono rimasto deluso dal risultato: ci sono pochissime fonti che descrivono bene chi e’ l’italiano all’estero. Devo dire che tu sei uno di questi pochi.”

Ringrazio il mio lettore dalla Svizzera italiana, che descrive una realta’ vera e poco conosciuta. La mancanza di fonti attendibili circa la realta’ degli italiani all’estero.
Ma la ragione di cio’ e’ dovuta ad un fenomeno forse unico nella storia dell’umanita’: la diaspora dell’unico popolo “bianco” appartenente ad un paese molto sviluppato. Un popolo, un paese che appartiene al G8, uno dei popoli teoricamente piu’ ricchi del mondo: il popolo italiano.

L’Italia ha un popolo di emigranti sparpagliato in tutto il mondo. Solo in Brasile tra oriundi ci sono circa 30 milioni di persone. Le altre nazioni “sviluppate”, Gran Bretagna, Spagna, Francia, anche loro hanno avuto e tuttora hanno una grande penetrazione nel mondo, ma da conquistatori non da emigranti.
In Brasile ad esempio gli italiani sono stati i “negri bianchi”, che hanno sostituito gli schiavi nelle piantagioni. Per questo ci sono addirittura state leggi che per un periodo hanno proibito l’ emigrazione italiana in Brasile.
E’ evidente che la dimensione del popolo italiano nel mondo, se si comprendono tutte le persone di origini italiana, e’ grandiosa. Tuttavia, a differenza di altri paesi, l’italiano nel mondo e’ deriso, in primo luogo in patria. E’ tacciato di pappone, e’ considerato con vergogna, con fastidio. Il governo attuale ha ridotto ancor di piu’ i miseri fondi destinati ad esso. L’editoria italiana all’estero e’ terra di saccheggio di fondi pubblici di soggetti in patria e all’estero. Gli italiani indigenti sono abbandonati nelle favelas sudamericane. E soprattutto la grande potenza economico-finanziaria della comunita’ di origine italiana nel mondo e’ignorata con sufficienza dalla madrepatria. Alcuni dei leaders economici e politici del pianeta sono di origine italiana ma cio’ viene scoperto solo di tanto in tanto con curiosita’.
I politici che ci rappresentano si muovono quasi come marionette nelle mani dei partiti di appartenenza. Con alcune eccezioni le autorita’ diplomatiche ci trattano con sufficienza e quasi con fastidio anche per ricevere alcune cose elementari come un certificato qualunque.

Ma la colpa di tutto e’ probabilmente della stessa comunita’ italiana nel mondo. Quest’ultima non si unisce, non si muove all’unisono. Si fa strumentalizzare molto spesso per la realizzazione di programmi pilotati dall’Italia che beneficiano piu’ gli italiani in patria che all’estero. Abbaimo piu’ volte menzionato in passato i corsi di dubbia qualita’ organizzati in America Latina da Italia Lavoro e altre entita’.
Ma forse, piu’ di tutto, il punto e’ che non facciamo sentire la nostra voce, la voce della nostra comunita’, non abbiamo un leader che abbia il coraggio di parlare e far sentire con forza la nostra voce.

Il mio lettore italo-svizzero ha verificato con la sua ricerca questa triste verita’. Fintantoche’ ci muoveremo separati, senza una voce forte ed unica, chiedendo solo per i nostri interessi particolari, non otterremo niente. Se invece svilupperemo una politica unica, che generi un flusso economico-finanziario da e per l’Italia, saremo capaci di poter far sentire la nostra voce e avere rispetto tanto in Italia che all’estero.