“Mio caro Max i soldi fanno girare il mondo ormai. Quasi tutte le maggiori decisioni politiche, economiche, giudiziarie, vengono prese in funzione del colore verde, del dollaro. Ed anche il caso Battisti si spiega cosi’. E questo non l’hanno capito in Italia”. Chi mi siede davanti nel boteco (bar povero) di sao Paolo e’ un vecchio cronista che davanti alla cervejinha (birra) gelata mi da la sua interpretazione del caso Battisti. Ma ascoltiamolo.
“In Italia hanno dato la colpa di tutti a lei, Carla Bruni, la traditrice dell’Italia. Ma le cose sono molto piu’ complesse.” “E allora spiegamele tu” gli chiedo io.
“Ascolta bene. Sarkozy, capo di stato francese, e’ venuto in Brasile a fine anno per due ragioni: una professionale e l’altra personale. Lui ha firmato un contratto tra lo stato francese e quello brasiliano per un valore complessivo di 12 miliardi di dollari di forniture militari (il primo sottomarino nucleare dell’America Latina tra le altre cose probabilmente). Un contratto gigantesco, forse il maggiore stipulato da un paese europeo con il Brasile negli ultimi anni. E in piu’ e’ venuto in Brasile per andare a farsi due bagni a Itacare’, nello stato di Bahia, paradiso dei surfisti”.
“E allora?” incalzo io. “E’ chiaro, mio caro Max: davanti a un contratto di queste dimensioni, che aumenta notevolmente il peso militare del Brasile nell’America Latina, Lula avrebbe accettato qualsiasi cosa. Cosi’ quando Carla ha chiesto, come ciliegina sulla torta, la liberta’ di Battisti, la risposta era ovviamente si”. “Si tratta di geopolitica di alto livello in cui si e’ inserito il nome di Battisti” dico io di rimabalzo.
“Esatto, le proteste italiane era gia’scontate, deboli ed inconsistenti. La stesso Lula ha affermato che l’Italia doveva accettare la decisione di un paese sovrano come il Brasile, praticamente senza discutere”. “Ma cosa poteva fare l’Italia per evitare cio’?” chiedo io.
“Beh e’ semplice: Lula e’ sotto grandissima pressione per le elezioni del 2010 gia’ da quasi un anno. Non per se’ stesso ma per appoggiare la candidatura della sua pupilla Dilma. E’ ovvio che per battere le richieste francesi c’erano due modi: o fare un contratto simile a quello francese (cosa non possibile perche’ da costruirsi nel tempo come hanno fatto i francesi) o appoggiarsi al peso elettorale della comunita’ italo-brasiliana.
I 30 milioni di oriundi italiani sono decisivi per decidere il prossimo presidente. Se Lula avesse minimamente pensato di attirarsi le antipatie dell’elettorato italo-brasiliano per la decisione di non estradare Battisti mai e poi mai avrebbe preso questa decisione. Anche in presenza di un contratto grandioso con la Francia.
Prima il potere, poi il resto, questa e’ la regola. Tuttavia la comunita’ italo-brasiliana e’ slegata, abbandonata dall’Italia. Non esiste una politica a favore degli italiani all’estero. E’ ovvio che se si chiede a questa di agire in favore dell’Italia, la domanda ovvia sarebbe: e perche’ mai? Cosa diversa e’ per lobby straniere in altri paesi, (tipo USA), che non hanno difficolta’ ad influenzare la politica di quel paese. Ma, di nuovo, la ragione di tutto e’ il biglietto verde, il dollaro. Se quelle lobby non avessero uno scambio costante di business con la madrepatria mai agirebbero a favore di essa. Non dobbiamo mitizzare la fedelta’ alla patria. La vera fedelta’, come vedi e’ al biglietto verde”.
E forse l’analisi del mio amico italo-brasiliano e’ un po’ troppo cinica ma ha senso.
Il grande potere delle comunita’ italiane all’estero non e’ nelle loro radici ma nel potenziale di business che possono sviluppare con la madrepatria. E’ su questo e solo su questo che si puo’ costruire un rapporto di forza internazionale che da’ autorevolezza alle proprie richieste.
E’ inutile illudersi: dalla notte dei tempi le relazioni internazionali sono state dominate da rapporti di forza e di business. E’ solo su questo che si possono inserire richieste ad altri stati.
Ma putroppo pare che la nostra politica estera si basa ancora su una visione delle feluche un po’ da addobbo rinascimentale, questa si’ antidiluviana e anacronistica.
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