“Caro Max ho letto i tuoi recenti articoli sul caso Battisti. Devo riconoscere che hai un acume notevole. Hai previsto il no di Lula quando tutti dicevano che era Genro che era contrario all’estradizione. Sicuramente sei la fonte piu’ attendibile in Brasile su cio’ che succede li’. Tuttavia non sono d’accordo sul lato “italiano” della faccenda. La tua interpretazione dell’uso del caso Battisti per “far fuori” gli eletti all’estero mi pare eccessiva. Quali sono gli elementi su cui basi questa posizione? Hai detto che dal lato brasiliano c’e’ una sorda lotta per il potere in corso e mi hai convinto. Ma dal lato italiano cosa sta succedendo? Qual’e’ il gioco in corso?” mi chiede il mio lettore da Buenos Aires, Argentina.
Devo ammetterlo. Dopo l’ultimo mio articolo sulla teoria dei giochi sono subissato di emails chiedendomi di decifrare gli oscuri giochi di potere in corso tanto in Italia quanto in Brasile. Bisogna dire che non ho il tempo per rispondere a tutti i quesiti ricevuti. Ma a questa osservazione del lettore italo-argentino voglio rispondere. Perche’ arriva al cuore del problema.
Da piu’ parti mi e’stato chiesto infatti di decifrare il lato italiano del “gioco” Battisti. Beh, al contrario del chicken game in corso dal lato brasiliano, nel lato italiano siamo in presenza di un classico caso di “win-win” game. Il che significa che qualunque sia il risultato il banco (nel caso il governo italiano) vince. Perche’?
Il punto e’ il seguente. Il caso Battisti ha determinato la maggiore crisi diplomatica della storia repubblicana italiana recente. Mai si era giunti a ritirare l’ambasciatore nei confronti di un paese “amico” come il Brasile. Ministri di primissimo piano come quello della Difesa e degli Esteri italiani hanno preso posizioni durissime contro il ministro della Giustizia brasiliano ed altre autorita’ di quel governo. Si e’ trattata di una escalation di posizioni difficilmente sanabili nel breve termine. Se, come prevedibile, la risposta finale sara’ no all’estradizione, l’indignazione italiana raggiungera’ livelli mai toccati nella storia recente delle relazioni internazionali italiane. Si parla di ricorso dell’ Italia alla Corte di Giustizia dell’ Aja, una cosa fatta per criminali di guerra come Karazic. Anche volendo sposare l’approccio “soft” di alcune ali del governo italiano non si puo’ non ignorare la situazione di incredibile “disconfort” che un diniego dell’estradizione determinerebbe. E sicuramente comincerebbe la caccia alla streghe, al colpevole della mancata estradizione. Gia’ in passato questa caccia al caso espiatorio aveva identificato la comunita’ italo-brasiliana come responsabile di questa mancata estradizione. E questa era stata la posizione anche di membri del governo non di persone di terz’ordine della politica italiana.
Ma nel caso di una posizione definitiva negativa sull’estradizione bisognera’ “incolpare” qualcuno di piu’ in alto. Qualcuno o un gruppo che ha mostrato di non essere utile, di essere inefficace, di essere incapace di dare un contributo tangibile al proprio paese. E chi risponde a questo identikit meglio della categoria degli eletti italiani all’estero?
Questa categoria non e’ mai stata amata in Italia. Definita di “papponi”, di spesa inutile. Molti degli appartenenti alla categoria hanno gia’ mostrato di essere trasformisti, alcuni hanno violato leggi, e in definitiva si tratta di una categoria gia’ discreditata. Ci sono anche galantuomini ma purtoppo in una cesta con 10 uova buone e una marcia quest’ultima e’ quella che viene notata subito, specie dalla stampa nostrana. Ed inoltre lo stesso governo che ha partorito questa categoria lo ha fatto piu’ per merito di Tremaglia che non di una posizione unica e monolitica del governo stesso. Infine si tratta di una categoria che molti da destra a sinistra ne farebbero volentieri a meno.
C’è poi un piccolo segnale. Persino un eletto all’estero della maggioranza ha incolpato gli italo-brasiliani della mancata estradizione in passato. Il messaggio era quasi questo: sono quegli italiani all’estero (gli italo-brasiliani) non tutti gli italiani all’estero che sono colpevoli di cio’. Dopodiche’, ad ulteriore conferma del “disagio” di appartenere alla categoria (o per assicurarsi una poltrona in futuro) la persona in questione si e’ candidata ad elezioni in Italia.
L’impressione e’ quindi lapalissiana: se l’estradizione fosse negata, sull’onda dell’indignazione, si potrebbe fare di tutt’erba un fascio e finalmente “far fuori” questi scomodi ed indesiderati inquilini del Parlamento. I recenti e forse tardivi tentativi di aggregazione della categoria sicuramente mostrano che la preoccupazione degli eletti all’estero e’ palpabile.
Percio’ siamo in presenza di un “win-win” game. Se Battisti e’ estradato in Italia il governo (specie il ministro degli esteri che ha messo la sua faccia su questa storia) sarebbe molto felice. Se non lo sara’ si puo’ approfittare di cio’ per spazzar via questi ospiti indesiderati capitati quasi per caso in Parlamento (gli eletti all’estero). A meno che? A meno che se ne parli prima e si sveli il segreto piano in corso. Perche’ cosi’ sara’ piu’ difficile attuarlo.
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