Chi vale di piu’?
Italiani che vivono in condizione di miseria, in favelas, con un salario minimo di 380 reais (poco piu’ di 160 euros), o persone che stanno riempendo moduli per esserlo e ingrandiscono lê file dei nostri consolati all’estero? Infine chi conta di piu’: gli italiani che lo sono o che vogliono diventarlo?
Senza voler fare uma classifica delle ingiustizie e disperazioni degli italiani all’estero, e’ pero’ vero che, in tempi di ristrettezze finanziarie per gli italiani all’estero e di taccagneria nello stanziare fondi per essi, bisogna inevitabilmente fare uma scala di priorita’ nella spesa dei pochissimi fondi che il governo sembra voler stanziare, in um ottica a dir poco di compassione piu’ che di rispetto dei propri doveri costituzionali.
E’ veramente buffo che um governo di centro-sinistra, che tradizionalmente dovrebbe difendere i diritti dei meno abbienti, lascia nel dimenticatoio cittadini italiani a tutti gli effetti non stanziando nemmeno il mínimo di 123 euro a loro beneficio.
E cosa fanno illustri politici nostrani in Sudamerica (specialmente in Brasile)? Invece di ricordare i loro doveri ai rappresentanti (del loro stesso partito al governo) si imbarcano nella giustissima lotta per il riconoscimento dei diritti di cittadinanza a coloro che per legge dovrebbero avere questo diritto. Chiedono maggiori fondi, chiedono di creare uma vera e própria task-force, si raccolgono firme. Tutte iniziative lodevoli e legittime.
Tuttavia vi sono alcuni punti che dovrebbero essere chiariti e che non lo sono.
1) In primo luogo, ritornando allá scala di priorita’, in cima ad essa ci sono gli italiani a tutti gli effetti, in condizione di indigenza, che non hanno cure mediche e che non sono protetti da nessuno al momento. Si tratta di persone molto spesso anziane, che non hanno fatto fortuna che sono rimasti com la stessa valigia di cartone com cui sono venuti. Questi per diritto e dovere costituzionale dovrebbero essere protetti in primo luogo. Dove sono lê petizioni, lê iniziative clamorose, lê proteste per questi italiani?
2) E’ vero che gli appartenenti allê due categorie (indigenti e richiedenti la cittadinanza) individuate potrebbero identificarsi ma cio’ e’ improbabile. Perche’? Perche’ lê procedure per la cittadinanza molto tempo sono complesse e farraginose. Richiedono indagini per rintracciare documenti che provano lê proprie origini, richiedono tempo per stare nelle lunghissime file dei consolati, richiedono soldi per raccogliere la documentazione.
Tutte cose che um italiano che vive in condizione di indigenza, a são Paolo come a Salvador de Bahia, a Lima come a Buenos Aires non há ne’ il tempo ne’ la condizione finanzairia per fare.
Pertanto la battaglia a favore della seconda categoria, con tutto il rispetto per gli appartenenti ad essa, sembra di importanza leggermente minore rispetto a quella per italiani che non hanno soldi per sopravvivere o comprare lê medicine (quando si tratta di anziani).
3) C’e’ uma strisciante ipocrisia nella posizione dei difensori della seconda categoria, dal momento che appartengono allo stesso gruppo político di coloro che governano l’Italia. Questo gruppo político esprime deputati e senatori che occupano posizioni chiave per affrontare i problemi di cui si discute.
E’ vero che lê dichiarazioni ufficiali di tali illustri parlamentari sono di farsi portavoce degli interessi di coloro che richiedono la cittadinanza.
Ma onestamente e’ strano che questi rappresentanti non rispondono ad alcune modestíssime domande che chiunque potrebbe fare:
Com’e’possibile che dopo piu’ di um anno e mezzo al potere questi rappresentanti non sono riusciti a far approvare dal governo che esprimono (e che al Senato appoggiano in maniera decisiva) uma misura per semplificare lê procedure ed abbreviare i tempi di attesa delle file della cittadinanza? Se non ci sono riusciti dopo um anno e mezzo perche’ dovrebbero riuscirci con piu’ tempo?
Cosi’ mentre coloro che richiedono la cittadinanza invecchiano nelle kafkiane file dei nostri consolati, mentre i loro rappresentanti locali scrivono petizioni e carte bollate per richiedere um mínimo di attenzione dalla madrepatria mentre illustri parlamentari, specialmente della maggioranza si sprecano nelle promesse che stanno facendo tutto il possibile per risolvere l’annoso problema delle file ai consolati, alcuni italiani al 100%, nelle loro umide case dentro alcune favelas sudamericane, nel caldo infernale che a volte si raggiunge (specie con l’effetto serra) non hanno lê medicine per curarsi, sono costretti a fare kilometri a piedi per non spendere i soldi per l” autobus, hanno salari da fame.
E non c’e’ nessuno al Parlamento che si batte per i loro diritti, al di la’ delle solite dichiarazioni di principio senza alcun effetto pratico.
Scritto nell'ottobre 2007 ma sempre valiso oggigiorno