sabato 27 dicembre 2008

Brasile, dove essere "differenti" non fa molta differenza

“Max tu scrivi tanto bene degli italiani all’estero ma non parli mai di quelli con difficolta’ psico-motorie, quelli che in Italia vengono definiti disabili”. Lo confesso, l’osservazione del mio lettore italiano e’ vera. Ma non perche’ non voglia scrivere sull’argomento. Al contrario. La ragione vera a ha che vedere con il modo di vivere che si ha in Brasile.
Le persone che vengono a vivere qui lasciano tutto alle spalle. Tutti i problemi, fisici e psicologici. Qui le persone sembrano cominciare una nuova vita. Qui tutti sono uguali. Questo e’ veramente il paese in cui si ricomicia una vita nuova, da zero. E qui i disabili, i “differenti” non lo sono poi tanto. Al contrario. E cio’ perche’ le persone non sembrano poi tanto impressionate dai “difetti” fisici o psicologici. E la storia che vi racconto oggi sembra provare cio’.

Sono nel quartiere turistico della Barra a Salvador de Bahia. Per il mio lavoro di analisi della comunita’ italiana di Bahia con la ong APK (apk.salvador@yahoo.com.br ) incontro italiani di tutti i tipi.
Ma quello che incontro in questa calda notte estiva di Salvador e’ sicuramente una persona speciale. Un simpatico siciliano di Catania che ha un famoso ristorante - pizzeria di nome “Luna Rossa”. Mario, come lo conoscono tutti, e’ una di quelle persone con la sua simpatia ti cattura subito. Gioviale persona di 52 anni, e’ proprietario del ristorante con alcuni soci. In piu’ svolge attivita’ di consulenza per alcune ditte importanti. Ha avuto una vita “movimentata” in cui si e’ sposato e separato e adesso ha una nuova compagna. Guida, ha tre figlie, conosce bene la citta’ di Salvador dove ha lavorato tanti anni come executive di una impresa. Il suo ristorante e’ molto avviato, ha una clientela fissa, il che non e’ facile per una citta’ turistica come Salvador. Mario ha viaggiato molto in Brasile e torna in Italia spesso, ma come turista perche’ la sua vita vera e’ qui a Bahia ora.
La conversazione scivola via amabile e simpatica. E nel finale Mario mi racconta dell’incidente. Un incidente terribile sul lavoro. L’esplosione gli tiro’ via le braccia. Rimasero solo alcuni lembi delle braccia che usa per chiamare col cellulare. Ma anche per guidare. Mario mi dice: “Vedi caro Max la vita a Bahia mi piace molto e per questo non tornerei piu’ in Italia. Ma c’e’ anche un’altra cosa. Una persona come me qui a Salvador fa una vita perfettamente normale. In Italia non sarebbe cosi’. Mi guarderebbero sembre con quell’aria di pietismo che mi fa piu’ male e rabbia dei miei “problemi” fisici. In Italia la mentalita e’ questa: sarei considerato come uno che va bene solo per il circolo della briscola, che non esce di casa, che si vergogna di cio’ che e’. Qui no, qui ho avuto molte donne, una carriera discreta, una famiglia, insomma tutto cio’ che “gli altri” hanno senza sentire quella aria di finta compassione e senza sentire quel “poverino” che vedo negli occhi della gente quando vado in Italia”.

E bisogna ammetterlo. In Italia una persona con difficolta’ psico-motorie, un disabile come si dice, e’ visto come un diverso. E forse lui stesso si sente tale, si sente colpevole di cio’ che ha. Ma in realta’ lui non ha niente. E’ la societa’ che gli affibbia il “titolo” di disabile. Qui in Brasile Mario e’ il proprietario del ristorante, e’ l’italiano, non e’ il disabile. Lui non e’ colpevole ne’ si sente tale.
Forse sara’ perche’ questo paese non ha la cultura europea. Una cultura magnifica e a volte terribile. Che condanna senza processo il “diverso”. In Brasile, invece, ci sono mille razze, lingue religioni, in pratica sono tutti diversi. Per questo nessuno e’ diverso. E questo Mario lo sa.
Mentre esco dal ristorante entra una coppietta. La ragazza sorride a Mario che con un largo sorriso da marpione italiano sorride ai due. E si’ mi sa proprio che Mario ci sa fare, che si diverte sul serio nella vita.

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