La vita e’ strana. Vivo da oltre un decennio in Brasile e conosco molto bene le comunita’ e l’emigraziona italiana all’ estero.
Ma oggi in Toscana, a Ponte a Moriano in provincia di Lucca ho conosciuto un pezzo di storia di emigrazione che non conoscevo bene. E l’ho appreso da una persona che ha viaggiato tantissimo nella sua vita ed e’ vissuto in Brasile per quasi una decade.
Quest’ uomo e’ Pier Luigi Bertolli, un membro della famosa famiglia lucchese che ha dato vita a forse l’olio piu’ famoso al mondo, l’olio Bertolli.
Pierluigi alla veneranda eta’ di 85 anni anni e’ lucidissimo e mi racconta la storia della sua vita, una storia veramente interessante che meriterebbe di essere ascoltata da coloro che oggigiorno parlano di emigrazione senza neanche sapere di cosa si tratta.
Ma andiamo per ordine. Avevo incontrato a Lucca Federica, la figlia di Pierluigi e le avevo chiesto di conoscere il padre, dopo che mi aveva raccontato brevemente la storia della sua famiglia. Confesso che mi intrigava l’idea di incontrare una persona della famiglia che ha scritto la storia recente di Lucca.
Dopo un viaggio avventuroso nelle colline lucchesi sono arrivato alla villa dei Bertolli a Ponte a Moriano.
Qui ho incontrato Pierluigi. Una persona che sembra venire dal passato. Di quelle che ormai non ce ne sono piu’. Una persona autentica che nel mare della vita ha navigato tra europa e Brasile, tra USA ed Italia e vari altri paesi del mondo.
Ma che si e’ mantenuto sempre profondamente lucchese. E che per questo mi ha spiegato la ragione dell’emigrazione lucchese nel mondo cosi’ simile ma per certi versi anche cosi’ diversa da quella di altre zone d’Italia.
Pierluigi mi dice: “ caro Max l’emigrazione lucchese nel mondo ha ragioni storiche. C’erano due citta in Italia che avevano goduto di un’ indipendenza per secoli, Venezia e Lucca. Per quasi 6 secoli il Ducato di Lucca era rimasto indipendente.”. “Ma com’e’ possibile?” chiedo io. E Pierluigi: “Semplice, caro Max. Quando si sapeva che stava arrivando un sovrano invasore due persone mandate dal ducato di Lucca incontravano il sovrano straniero e con spirito molto pragmatico dicevano: caro imperatore tu vuoi invadere la nostra citta’ che e’ circondata dalle mura. E’ probabile che noi resisteremo da 60 a 90 giorni poi ci arrenderemo. A questo punto i tuoi soldati, ad esempio 1000 vorranno essere pagati 25 soldi ciascuno e quindi dovrai pagarli 25.000 soldi. Allora noi ti diamo 30.000 soldi e tu te ne vai senza attaccarci”. Il ragionamento non faceva una grinza e quindi Lucca preservo’ sempre in questo modo la sua indipendenza.
Poi Lucca e’ una citta ricca, ma soprattutto perche’ i lucchesi sono dei gran lavoratori, gente abituata al sacrificio duro ma anche a viaggiare per il mondo e vendere le loro merci come la seta.
Ma poi quando si verifico’ l’Unita’ d’italia Lucca perse l’indipendenza di cui era sempre stata gelosissima. I dazi doganali furono aboliti e le imprese del Nord Italia cominciarono a dominare il mercato dell’ Italia unita. E questo causo’ la piu’ recente emigrazione lucchese”.
Per la verita’ lo stesso fenomeno avvenne con l’annessione del Regno delle Due Sicilie, penso io, con un fenomeno migratorio senza eguali nel mondo dell’ emisfero Nord.
In ogni caso Lucca e la Garfagnana, terra vicina, dettero vita ad un fenomeno migratorio notevole. Ma qual’era la caratteristica dell’emigrazione lucchese?
Beh la ragione principale era sempre la stessa, lo stato di bisogno. Ma e’ anche vero che i lucchesi erano abituati ad andare via per migliorare la loro condizione sociale. Era normale che a 18 anni i giovani nell’ Ottocento andassero via da Lucca e gia’ all’ eta’ di 16 anni le mamme cominciavano a piangere all’idea che i loro figli se ne andassero dopo due anni. Andare via significava andare all’estero, in europa e poi in America del Nord e del Sud.
Non c’e’ una famiglia lucchese che non ha un parente all’estero mi spiega Pierluigi. Specie in Brasile a Sao Paolo o in argentina a Buenos aires ma anche a san Francisco negli USA. Per questo il rapporto tra la citta’ di Lucca e gli emigrati e’ diverso da quello di altre parti d’Italia.
A Lucca si parla con orgoglio degli emigrati, che tra l’altro hanno fatto ricca la citta’ con le proprie rimesse specie dopo le guerre mondiali. Gli emigrati sono un pezzo della citta’, anche perche’ molti andavano via ma anche molti tornavano dopo aver fatto fortuna all’estero. E questa era un’altra caratteristica dell’emigrazione lucchese.
I lucchesi, gran lavoratori avevano anche l’istinto per il business, erano umili e cercavano di integrarsi con le comunita’ dei paesi dove andavano senza cercare di insegnare loro ma assorbendo la cultura straniera e poi usando le proprie competenze per sviluppare il proprio business.
Pierluigi mi racconta di tante storie molto interessanti come quella dei cappelli della Bolivia, portati da un lucchese che li comprava in Italia e li rivendeva li’. E anche la storia di Safeway, uno die maggiori supermercati al mondo, che negli USA si sviluppo’ grazie ad una societa’ di un greco un lucchese ed una persona della Garfagnana, Tintori.
Assorbire la cultura e trasformare con l’intelligenza e flessibilita’ la conoscenza in opportunita’ di business era il segreto del successo dei lucchesi nel mondo. Umilta’ nel crescere lavorando, ecco cosa ha fatto grandi i lucchesi all’estero mi dice Pierluigi.
E qui Pierluigi mi dice una caratteristica dell’italiano all’ estero che ben conosco e in qui mi riconosco perfettamente.
L’italiano all’estero e’ solo, scoperto, senza protezione. Deve sopravvivere. E proprio questo che che lo fa forte in un ambiente diverso dal suo e a volte ostile.
E il lucchese e’ una persona tenace, risparmiatore, opportunista. Una persona che non si demoralizza davanti alle difficolta’ ed ha una grande capacita’ di rimanere focalizzato.
E per questo che riesce a superare le avversita’ che altri forse non riuscirebbero a superare.
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