Questa Bahia e’ proprio sorprendente. Trovi italiani di tutti i tipi. Forse piu’ che in altri parti del Brasile e del Sudamerica, si trova davvero di tutto. Dal riccone all’indigente, dal simpatico all’antipatico, dalla persona distinta al criminale, da quello che aiuta i poveri a quello che li sfrutta.
Tutto l’universo mondo e’ qui.
Ma oggi vi voglio raccontare di un personaggio forse unico in questa ricca fauna baiana: il maestro toscano di Bahia, Piero Bastianelli. Un pisano di 73 anni radicato a Bahia da quasi 50 anni ma che ha mantenuto quella sapienza, ironia, allegria di vita tutta toscana. Una persona che anche nel visuale e’ simile a quei maestri toscani, artigiani nella fala e nell’acume.
E tra lui, toscano purosangue e me, cronista napoletano di Bahia, si intavola una conversazione tra il serio ed il faceto, con punte di arguzia e di ironia che mi ricordano le indimenticabili scenette di Troisi e Benigni del passato.
Piero ha una sapienza che viene da lontano, che si rivela nella conversazione di questa calda serata bahiana vicino al magico Farol da Barra.
Piero mi rivela che studio’ musica al Conservatorio Boccherini di Lucca, dove divenne violoncellista. All’inizio comincio’ freelance (si direbbe oggi) con “l’ orchestra del telefono” mi dice. In che consisteva? gli chiedo. E lui: “All’epoca (fine anni 50) il sindacato dei musicisti era una vera potenza. Loro chiamavano a casa e chiedevano: Vuoi suonare a San Gimignano, a Braga (provincia di Lucca)? Io rispondevo di si, prendevo il trenino dell’epoca e arrivavo al paesino di turno. Cosi’ (con il telefono) si contattavano gli altri musicisti, di qui l’orchesta del telefono” dice Piero. E aggiunge, con la classica risata sardonica toscana “Si chiamava spedizione punitiva: una prova e poi via per l’esecuzione, i soldi erano pochi, i concerti quasi improvvisati ma venivano bene”.
“E come mai sei venuto in Brasile?” gli chiedo. “Perche’ in una delle tante spedizioni punitive (a Zurigo) incontrei un tedesco che mi propose di venire a lavorare in Brasile. Io accettai ma poi non credetti veramente all’invito, che invece arrivo’ puntualmente a casa mia”. A quel punto Piero parti’. “Pensai, foreste, serpenti, coccodrilli, mi piace, questa era l’idea del Brasile all’epoca”.
Con il volo della Pan Air Piero sbarco’ a Bahia dove fu accolto molto bene. C’era molto bisogno di persone con esperienza allora come ora, e Piero con il suo bagaglio culturale invidiabile ricevette la proposta di insegnare all’universita’ di Bahia, oltre che lavorare all’orchestra. Accetto’ e rimase. Il gruppo dell’orchestra era molto internazionale: tedeschi, inglesi, etc.
Qui l’unica nota amara di Piero.
Il lavoro all’universita’ fu tutta la sua vita ma per la regola del ritiro in pensione a 70 anni questo tipo di vita fini’. “Quando si e’ nel pieno dell’esperienza e sei in grado di trasmettere esperienze concrete vai in pensione”. E io gli chiedo in tono provocatorio: “Questo e’ fatto per dare spazio ai giovani, in fondo e’ cio’ che e’ successo anche a te quando sei venuto in Brasile”. E Piero ribatte con il suo impagabile sorriso: “E’ vero ma quando sono venuto io il professore precedente non e’ stato mandato in pensione. I vecchi non sono da buttare”.
Gli chedo: “Come ti sei integrato nella realta’ di Bahia dell’epoca?”. “La cosa fondamentale” risponde “e’ il tuo atteggiamento rispetto alle altre persone: bisogna entrare nella societa’ e conoscerla, piuttosto che criticarla senza sapere cosa c’è intorno a te”. L’orchestra era stata il suo primo ambiente sociale, poi l’universita’.
Una mia provocazione “Cosa pensi di lasciare ai posteri in questo mondo?”. Piero risponde: “alunni che hanno appreso veramente qualcosa, che viaggiano il mondo intero, Stati Uniti, Europa, che non e’ facile per chi viene da Bahia. A me piace insegnare, trasmettere qualcosa, ma di vero non di formale”. A Piero non interessa che i suoi alunni hanno titoli di dottorato di master, ma che apprendano veramente qualcosa. “Il cambiamento del sistema universitario brasiliano dal modello francese a quello americano iniziato nel 1969 e’ la causa del suo declino” racconta Piero. Qui la realta’ e’ diversa dagli USA e la centralizzazione delle finanze a livello statale (federale) ha creato una riduzione di mezzi finanziari e confusione culturale che ha danneggiato l’ universita’ brasiliana. Oggigiorno si pensa solo ad avere diplomi per il mercato del lavoro non ad imparare. L’importanza dell’universita’ e’ insegnare, educare e questo e’ cio’ che mi interessa fare”.
La visione di Piero e’ quella del maestro di scuola di una volta, quello di vita piu’ che di cultura tecnicista. Il maestro deve avere carisma e deve insegnare ai suoi allievi a fare bene.
E la nostra conversazione si chiude in modo comico con un commento sulla politica italiana.
Piero mi dice: “Adoro assistere alla politica italiana. I nostri politici sono veri artisti. Si’ perche’ solo veri artisti sanno parlare con autentica convinzione di cose in cui non ci credono nemmeno un poco. Io non ci riesco ma loro si, e’ un vero teatrino”.
Un’ altra considerazione: “Dobbiamo promuovere la cultura contemporanea invece che giacere su quella nostra passata. Intendiamoci, la nostra cultura e’ tesoro dell’umanita’ ma bisogna promuovere il presente non il passato. In questo modo la musica, la cultura sono concepiti come una cosa vecchia”.
Hai ragione mio caro Piero. E’ arrivato il momento dei saluti. “E’ stato un piacere maestro”, dico io, e lui con quel sorriso ironico mi risponde: “Maestro si ma maestro toscano”.
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