Sta arrivando. Sara’ terribile. Stiamo parlando della grande crisi. Una crisi senza uguali negli ultimi 80 anni. Forse sara’ come quella del 1929. Ricordiamolo: ci sono voluti 10 anni per superarla e con una guerra mondiale. Inutile illudersi. Dovremo affrontarla e affidandoci solo alle nostre forze.
Le similitudini con la Grande Depressione sono molte. Un gigantesco crollo della borsa di valori negli USA e nel mondo. Il crollo del mercato immobiliare. La paralisi del credito. La crisi del sistema bancario.
Ma se la crisi diventera’ Grande Depressione dipende da noi. La chiave sara’ la riduzione dei consumi. Se questa avverra’ in grandi dimensioni sara’ la fine. Entreremo in un vortice vizioso da cui sara’ difficile uscirne. Niente consumi significhera’ niente investimenti anche in presenza di aumento del credito.
L’immediato intervento delle autorita’ monetarie mondiali, con un intervento concertato per facilitare l’espansione del credito e’ la grande differenza con la Grande depressione del 1929, per lo meno al suo inizio. Tuttavia se i consumatori perdono la fiducia e riducono drasticamente i consumi, l’intervento monetario delle banche centrali sara’ inutile. Un’altra differenza e’ che (al momento) i risparmi dei consumatori non sono stati ridotti in maniera drastica. E’ vero che, specialmente negli USA, il crollo del mercato finanziario ha colpito significativamente il pubblico in genere, ma e’ altrettanto vero che i crolli delle banche sono stati ridotti al minimo. L’intervento delle banche centrali ha ridotto il rischio di corsa agli sportelli. Cosa ingiustificata.
Tuttavia e’ vero che i dati marcoeconomici hanno influenzato i mercati. E’ bene essere realisti. Questi dati sono orribili ed i prossimi saranno anche peggio. Ci sara’ una forte contrazione dell’attivita’ economica. Ma non bisogna farsi prendere dal panico. Non e’ la fine. Perche’ questa sara’ decisa solo da noi consumatori. Ridurre i consumi con moderazione e’ giusto e accettabile. Altra cosa e’ il panico e la fuga dai mercati.
Rischiamo di comprometterci da soli. Ricordiamolo: la stragrande maggioranza di noi non sa cos’è una depressione, siamo cresciuti nella credenza (errata) che il capitalismo e’ invincibile.
Per questo la liberalizzazione sfrenata dei mercati ha determinato comportamenti pirateschi delle banche che hanno venduto ai loro clienti prodotti finanziari pieni di derivati senza che gli stessi clienti capissero un acca di cosa stavano comprando. Molto spesso le stesse banche non sapevano che stavano vendendo, visto che giravano ai clienti prodotti fabbricati a Londra o a New York da scienzati della finanza che non si interessavano degli effetti collaterali dei loro prodotti. Badavano solo al bonus (stellare) che avrebbero guadagnato quell’anno e niente piu’.
Attenzione pero’: non siamo in presenza di un complotto di un gruppo di scienzati pazzi della finanza senza scrupoli. Si’ perche’ l’avidita’ in relazione ai prodotti finanziari, ai ritorni stellari, era collettiva. Di molti, anche se non di tutti. Non dei risparmiatori con un gruzzolo sudato che avevano investito senza saperlo in prodotti molto sofisticati. Ma di rispamiatori medi e sofisticati che volevano guadagnare da nababbi senza lavorare molto.
E ora siamo tutti nella stessa barca. Una barca piena di buchi che puo’ affondare in qualsiasi momento. Ci salveremo solo se, con l’aiuto dello stato, tutti insieme faremo la nostra parte e eviteremo il disastro. Ma se agiremo da soli, senza un concerto e pensando solo a noi stessi, affonderemo tutti insieme.
Un New Deal, un nuovo patto sociale deve essere promosso. Che rispetti anche l’ambiente. Perche’ a differenza del 1929, l’ambiente oggi e’ stato seriamente danneggiato ed e’ a rischio.
Non illudiamoci: se non reagiamo tutti congiuntamente con il rispetto dell’ambiente, il futuro sara’ nero per noi e per i nostri figli.
domenica 26 ottobre 2008
mercoledì 22 ottobre 2008
Piccoli eroi italiani sconosciuti di Bahia
Sono un privilegiato. Sto facendo un lavoro interessante e bellissimo. Non per la paga, che al contrario e’ molto piccola. Ma se fosse stato per quella non avrei lasciato il lavoro superpagato della City di Londra per fare il giornalista in Brasile.
Da quando lavoro per una piccola ong per gli italiani all’estero di Bahia, APK, sto incontrando persone veramente interessanti. Veri e propri piccoli eroi sconosciuti di Bahia. Eroi italiani. Che l’Italia non conosce. Che a volte le autorita’ consolari locali non hanno mai visto. Ma che grazie al mio lavoro i lettori di tutto il mondo stanno conoscendo e apprezzando.
Ricevo lettere da Sydney, da Kuala Lumpur, da Philadelfia chiedendomi sempre piu’ storie su di loro. Come quella che vi racconto oggi, di questo italiano che ha fatto tanto in Brasile, eroe sconosciuto in un mondo moderno che mette in prima pagina chi guadagna un milione di dollari e che dimentica chi non e’ famoso ma che dedica la sua vita al sacrificio, al prossimo.
Padre Francesco Carloni, frate cappuccino di Salvador de Bahia. Lo incontro in un caldissimo primo pomeriggio domenicale. Busso con insistenza alla porta del monastero della piazza della Pidedade nel centro di Salvador. Dopo un po’ un frate mi apre. Chiedo del padre italiano, padre Francesco. “Frei Francesco esta’ almocando” padre Francesco sta pranzando mi dice l’umile padre, aspetti qui per favore. E mi seggo in una di quelle austere sedie tipiche dei conventi benedettini, in attesa del padre italiano.
Dopo un po’ viene un simpatico vecchietto minuscolo dentro una saia tipica dei benedettini e mi dice: “Salve sono Frei Francesco”. E cosi’ comincia la nostra amabile conversazione sulla vita di questo padre italiano di Montecaroto, Jesi, Marche, venuto in Brasile 36 anni fa.
A quell’epoca la vita era molto piu’ dura di oggi in Brasile Frei Francesco aveva deciso di venire perche’ aveva sentito parlare di Frei Beto e di altri padri che avevano deciso di aiutare i poveri e di affrontare i pericoli della dittatura militare a loro rischio e pericolo. Dittatura dura e spietata, anche se non molto conosciuta, quella brasiliana, che ha lasciato dei marchi profondi ancora oggi.
A quell’epoca i padri potevano essere arrestati e torturati con facilita’. Ma il simpatico marchigiano dall’aspetto fragile e dalla forza di volonta’ mastodontica non aveva avuto paura ed anzi aveva vissuto nell’interno dello stato di Bahia per aiutare i senza tetto e senza terra.
Per darti un ‘idea di dove lavorava, mio caro lettore, ti basti sapere che l’interno dello stato di Bahia mi ricorda il titolo di uno Zagor (fumetto italiano che reputo essere il migliore, per lo meno 30 anni fa): Terra senza legge. Niente strade asfaltate, terre sconfinate possedute da padroni che non vivevano li’ ma a Sao Paolo, lavoro schiavo diffusissimo e degradante, approfittatori di tutti i tipi e loro, i dannati della terra.
Gente poverissima che annoveravano anche figli di nostri emigrati, italiani in condizione di indigenza sfruttati come gli ex-schiavi negri liberati dalle catene legali ma non quelle economiche del potere dei fazendeiros (proprietari terrieri). Chi li osava sfidare rischiava la vita, visto che loro erano la legge. Ma il nostro simpatico marchigiano, minuscolo ma grandissimo, aveva svolto un grande lavoro ad Esplanada, nell’interno della Bahia, nel completo anonimato.
Dopo aver girato per decenni ad assistere i poveri della Bahia era finito nella capitale dello stato di Bahia, Salvador.
Piccola parentesi tutta italiana. Frei Francesco era tornato per un breve periodo in Italia. Poiche’ era registrato all’ AIRE non aveva diritto ad assistenza sanitaria in Italia. Cosa buffa perche’ lo stesso avveniva in Brasile. L’Italia non lo aiutava ne’ li’ ne’ in patria. Tuttavia ebbe un inizio di polmonite e rischio’ seriamente la vita. Era gia’ stato ricoverato al pronto soccorso con urgenza quando scoprirono che non aveva diritto all’assistenza. Francamente non so se cio’ fosse giusto o no secondo la legge italiana. So che gli dissero cio’. Tuttavia la compassione per il piccolo e fragile padre italiana fu piu’ forte della burocrazia italiana che l’avrebbe lasciato morire. Percio’ (gli dissero) fecero un eccezione e lo ricoverarono. Cosi’ si salvo’ la vita.
Ah, se cio’ avvenisse anche per gli emigrati italiani in condizione di estrema indigenza in Brasile tanti non sarebbero morti in anni recenti qui in Brasile.
Cosi’ frei Francesco ritorno’ a Salvador e continua il suo lavoro con il sorriso di sempre.
Piccolo eroe italiano sconosciuto in questa terra di Bahia, come tanti altri che umilmente lavorano in condizioni che in Italia sarebbero considerate disumane e qui sono considerate normali.
Non importa se l’Italia li ignorano, pensa solo a quanto costano, e’ cosi’ avara con loro.
Hanno deciso di vivere cosi’ e non saranno quattro centesimi del governo italiano che li fara’ cambiare idea.
Solo che forse meriterebbero di essere come minimo ricordati dal nostro stato, cosi’ generoso con alcuni banchieri nostrani, avidi e senza scrupoli, che sono salvati dal disastro che hanno causato ai poveri risparmiatori italiani, e cosi’ taccagno con i nostri eroi sconosciuti di Bahia.
Da quando lavoro per una piccola ong per gli italiani all’estero di Bahia, APK, sto incontrando persone veramente interessanti. Veri e propri piccoli eroi sconosciuti di Bahia. Eroi italiani. Che l’Italia non conosce. Che a volte le autorita’ consolari locali non hanno mai visto. Ma che grazie al mio lavoro i lettori di tutto il mondo stanno conoscendo e apprezzando.
Ricevo lettere da Sydney, da Kuala Lumpur, da Philadelfia chiedendomi sempre piu’ storie su di loro. Come quella che vi racconto oggi, di questo italiano che ha fatto tanto in Brasile, eroe sconosciuto in un mondo moderno che mette in prima pagina chi guadagna un milione di dollari e che dimentica chi non e’ famoso ma che dedica la sua vita al sacrificio, al prossimo.
Padre Francesco Carloni, frate cappuccino di Salvador de Bahia. Lo incontro in un caldissimo primo pomeriggio domenicale. Busso con insistenza alla porta del monastero della piazza della Pidedade nel centro di Salvador. Dopo un po’ un frate mi apre. Chiedo del padre italiano, padre Francesco. “Frei Francesco esta’ almocando” padre Francesco sta pranzando mi dice l’umile padre, aspetti qui per favore. E mi seggo in una di quelle austere sedie tipiche dei conventi benedettini, in attesa del padre italiano.
Dopo un po’ viene un simpatico vecchietto minuscolo dentro una saia tipica dei benedettini e mi dice: “Salve sono Frei Francesco”. E cosi’ comincia la nostra amabile conversazione sulla vita di questo padre italiano di Montecaroto, Jesi, Marche, venuto in Brasile 36 anni fa.
A quell’epoca la vita era molto piu’ dura di oggi in Brasile Frei Francesco aveva deciso di venire perche’ aveva sentito parlare di Frei Beto e di altri padri che avevano deciso di aiutare i poveri e di affrontare i pericoli della dittatura militare a loro rischio e pericolo. Dittatura dura e spietata, anche se non molto conosciuta, quella brasiliana, che ha lasciato dei marchi profondi ancora oggi.
A quell’epoca i padri potevano essere arrestati e torturati con facilita’. Ma il simpatico marchigiano dall’aspetto fragile e dalla forza di volonta’ mastodontica non aveva avuto paura ed anzi aveva vissuto nell’interno dello stato di Bahia per aiutare i senza tetto e senza terra.
Per darti un ‘idea di dove lavorava, mio caro lettore, ti basti sapere che l’interno dello stato di Bahia mi ricorda il titolo di uno Zagor (fumetto italiano che reputo essere il migliore, per lo meno 30 anni fa): Terra senza legge. Niente strade asfaltate, terre sconfinate possedute da padroni che non vivevano li’ ma a Sao Paolo, lavoro schiavo diffusissimo e degradante, approfittatori di tutti i tipi e loro, i dannati della terra.
Gente poverissima che annoveravano anche figli di nostri emigrati, italiani in condizione di indigenza sfruttati come gli ex-schiavi negri liberati dalle catene legali ma non quelle economiche del potere dei fazendeiros (proprietari terrieri). Chi li osava sfidare rischiava la vita, visto che loro erano la legge. Ma il nostro simpatico marchigiano, minuscolo ma grandissimo, aveva svolto un grande lavoro ad Esplanada, nell’interno della Bahia, nel completo anonimato.
Dopo aver girato per decenni ad assistere i poveri della Bahia era finito nella capitale dello stato di Bahia, Salvador.
Piccola parentesi tutta italiana. Frei Francesco era tornato per un breve periodo in Italia. Poiche’ era registrato all’ AIRE non aveva diritto ad assistenza sanitaria in Italia. Cosa buffa perche’ lo stesso avveniva in Brasile. L’Italia non lo aiutava ne’ li’ ne’ in patria. Tuttavia ebbe un inizio di polmonite e rischio’ seriamente la vita. Era gia’ stato ricoverato al pronto soccorso con urgenza quando scoprirono che non aveva diritto all’assistenza. Francamente non so se cio’ fosse giusto o no secondo la legge italiana. So che gli dissero cio’. Tuttavia la compassione per il piccolo e fragile padre italiana fu piu’ forte della burocrazia italiana che l’avrebbe lasciato morire. Percio’ (gli dissero) fecero un eccezione e lo ricoverarono. Cosi’ si salvo’ la vita.
Ah, se cio’ avvenisse anche per gli emigrati italiani in condizione di estrema indigenza in Brasile tanti non sarebbero morti in anni recenti qui in Brasile.
Cosi’ frei Francesco ritorno’ a Salvador e continua il suo lavoro con il sorriso di sempre.
Piccolo eroe italiano sconosciuto in questa terra di Bahia, come tanti altri che umilmente lavorano in condizioni che in Italia sarebbero considerate disumane e qui sono considerate normali.
Non importa se l’Italia li ignorano, pensa solo a quanto costano, e’ cosi’ avara con loro.
Hanno deciso di vivere cosi’ e non saranno quattro centesimi del governo italiano che li fara’ cambiare idea.
Solo che forse meriterebbero di essere come minimo ricordati dal nostro stato, cosi’ generoso con alcuni banchieri nostrani, avidi e senza scrupoli, che sono salvati dal disastro che hanno causato ai poveri risparmiatori italiani, e cosi’ taccagno con i nostri eroi sconosciuti di Bahia.
Polizze unit e index linked: le banche si arricchiscono a spese dei risparmiatori
I risparmi di tutta una vita. Giovanni aveva centellinato ogni lira sua e di sua moglie. Per affrontare le difficolta’ del periodo in cui andava in pensione. Come professore di scuola media superiore non guadagnava certo una pensione dorata. Al contrario. Tra quella sua e quella della moglie i soldi erano sufficienti per mantenersi, per aiutare il proprio figlio in difficolta’ e soprattutto per pagarsi le spese mediche.
Si perche’ il servizio sanitario nazionale nel Sud Italia non era certo famoso per la sua efficienza.
Vivere una vita dignitosa con i soldi della pensione. Questo era l’obiettivo. Tuttavia le spese erano cresciute sempre di piu’ e Giovanni aveva dovuto usare sempre di piu’ i propri risparmi.
Risparmi sudati ma comunque al sicuro. Per lo meno questo era quello che credeva. Le ultime volte il funzionario di banca che lo assisteva era cambiato, aveva incontrato uno nuovo che gli parlava sempre di prodotti finanziari nuovi, sempre piu’ sofisticati. In principio Giovanni non aveva volto cambiare il caro e vecchio deposito di risparmio per qualcosa di diverso. Ma quel nuovo funzionario era diventato sempre piu’ insistente. Tutte le volte che andava in banca Giovanni si trovava un po’ in soggezione con lui. Ed in imbarazzo. E si perche’ non sapeva piu’ come dirgli di no.
“I tempi sono cambiati mio caro Giovanni” diceva il nuovo funzionario, “i depositi di risparmio non ce li ha piu’ nessuno, dovresti aggiornarti”. E, con quello sguardo furbo e smaliziato lo poneva sempre piu’ in difficolta’. Giovanni sentiva che non poteva piu’ sotttrarsi. Doveva anche lui “aggiornarsi”, modernizzarsi. Non poteva piu’ apparire un dinosauro dei tempi antichi.
Per la verita’ quando entrava nella filiale nuova della sua banca tutti quei giovani dinamici che parlavano di fondi di investimento, polizze assicurative index linked, unit linked, lo facevano sentire piu’ vecchio dei suoi 75 anni. Promotori finanziari, questa poi era la categoria piu’ strana di tutte.
Gli parlavano del suo gruzzolo duramente costruito durante gli anni come di una pianta che stava marcendo, mentre poteva crescere rigogliosa se avesse investito i suoi soldi nei loro prodotti. Per la verita’ Giovanni non era avido, non era alla ricerca di ritorni fantasmagorici, cercava solo di mantenere il potere d’acquisto che aveva costruito con il sudore della fronte.
Ma ormai doveva arrendersi all’evidenza: se non avesse investito in quegli strumenti finanziari strani le persone della banca l’avrebbero guardato con ironia e quasi aria di sfotto’. Doveva aggiornarsi. Le persone come Giovanni hanno un senso dell’autostima molto alto e non possono assoggettarsi a cio’.
Morale della favola: Giovanni ha investito i suoi risparmi in prodotti assicurativi unit linked e index linked. Dopo il recente crollo della borsa il suo capitale e’ stato piu’ che dimezzato ed in piu’ se vende le perdite saranno anche maggiori. Le penali per vendere prima del tempo sarebbero pesantissime.
Giovanni si era fidato della sua banca ed ora e’ rovinato. Deve pagare le medicine per se’, sua moglie e suo figlio ed e’ costretto ad uscire anticipatamente dall’investimento finanziario.
Una grande banca italiana ha guadagnato laute commissioni alle sue spalle e lo ha mollato senza alcun aiuto dopo.
Giovanni ha poi letto in un sito (www.assicurazione-online.it) questo:
“Una polizza vita di tipo "unit linked" è innanzitutto una polizza vita ad alto contenuto speculativo. Il denaro, cioè il premio, che si consegna al gestore (banca, SIM o compagnia d'assicurazione) viene cioè investito in quote di fondi di investimento, i quali posseggono generalmente una parte più o meno elevata di azioni. Il rendimento della polizza è così legato al rendimento del fondo; garanzie di rendimenti minimi o di riavere indietro quanto versato non ve ne sono.
La complessità del prodotto assicurativo unit linked e il rischio di subire elevate perdite sono inidonei per persone con bassa conoscenza dei prodotti finanziari e ridotta propensione al rischio.”
Queste ultime parole sono abbastanza indicative. Il governo ha deciso di soccorrere le banche per evitare perdite ai risparmiatori. Ma Giovanni sta fuori da questa categoria. Lui, che sa poco o niente di prodotti finanziari, e’ considerato un investitore sofisticato. Percio’ le perdite che subisce sono a suo carico. E’ questo che la banca gli ha detto.
E mi chiedo:
Che fa la Vigilanza della Banca d’Italia, la Consob, e gli altri organi di controllo? Ed il governo?
Perche’ le banche possono arricchirsi alle spalle di poveri risparmiatori ignari di quello che comparano e poi essere salvate dopo che hanno bruciato grossi capitali?
L’ironia della sorte e’ che Giovanni paghera’ due volte: una con la perdita dei propri risparmi e due con le maggiori imposte che dovra’ pagare perche’ lo stato copra le perdite delle banche che gli hanno appioppato prodotti finanziari a dir poco scabrosi.
E questo quando quelle stesse banche ed il loro top management rimarranno la’ perche’ il governo le ha salvate e proprio con i soldi dei risprmaitori e quindi anche di Giovanni.
E mi tornano alla mente le parole che il mio vecchio professore di liceo citava sempre:
“Il sonno della ragione genera mostri”.
Fino a quando dovremo pagare per i mostri che sonoin alcune banche nostrane?
Si perche’ il servizio sanitario nazionale nel Sud Italia non era certo famoso per la sua efficienza.
Vivere una vita dignitosa con i soldi della pensione. Questo era l’obiettivo. Tuttavia le spese erano cresciute sempre di piu’ e Giovanni aveva dovuto usare sempre di piu’ i propri risparmi.
Risparmi sudati ma comunque al sicuro. Per lo meno questo era quello che credeva. Le ultime volte il funzionario di banca che lo assisteva era cambiato, aveva incontrato uno nuovo che gli parlava sempre di prodotti finanziari nuovi, sempre piu’ sofisticati. In principio Giovanni non aveva volto cambiare il caro e vecchio deposito di risparmio per qualcosa di diverso. Ma quel nuovo funzionario era diventato sempre piu’ insistente. Tutte le volte che andava in banca Giovanni si trovava un po’ in soggezione con lui. Ed in imbarazzo. E si perche’ non sapeva piu’ come dirgli di no.
“I tempi sono cambiati mio caro Giovanni” diceva il nuovo funzionario, “i depositi di risparmio non ce li ha piu’ nessuno, dovresti aggiornarti”. E, con quello sguardo furbo e smaliziato lo poneva sempre piu’ in difficolta’. Giovanni sentiva che non poteva piu’ sotttrarsi. Doveva anche lui “aggiornarsi”, modernizzarsi. Non poteva piu’ apparire un dinosauro dei tempi antichi.
Per la verita’ quando entrava nella filiale nuova della sua banca tutti quei giovani dinamici che parlavano di fondi di investimento, polizze assicurative index linked, unit linked, lo facevano sentire piu’ vecchio dei suoi 75 anni. Promotori finanziari, questa poi era la categoria piu’ strana di tutte.
Gli parlavano del suo gruzzolo duramente costruito durante gli anni come di una pianta che stava marcendo, mentre poteva crescere rigogliosa se avesse investito i suoi soldi nei loro prodotti. Per la verita’ Giovanni non era avido, non era alla ricerca di ritorni fantasmagorici, cercava solo di mantenere il potere d’acquisto che aveva costruito con il sudore della fronte.
Ma ormai doveva arrendersi all’evidenza: se non avesse investito in quegli strumenti finanziari strani le persone della banca l’avrebbero guardato con ironia e quasi aria di sfotto’. Doveva aggiornarsi. Le persone come Giovanni hanno un senso dell’autostima molto alto e non possono assoggettarsi a cio’.
Morale della favola: Giovanni ha investito i suoi risparmi in prodotti assicurativi unit linked e index linked. Dopo il recente crollo della borsa il suo capitale e’ stato piu’ che dimezzato ed in piu’ se vende le perdite saranno anche maggiori. Le penali per vendere prima del tempo sarebbero pesantissime.
Giovanni si era fidato della sua banca ed ora e’ rovinato. Deve pagare le medicine per se’, sua moglie e suo figlio ed e’ costretto ad uscire anticipatamente dall’investimento finanziario.
Una grande banca italiana ha guadagnato laute commissioni alle sue spalle e lo ha mollato senza alcun aiuto dopo.
Giovanni ha poi letto in un sito (www.assicurazione-online.it) questo:
“Una polizza vita di tipo "unit linked" è innanzitutto una polizza vita ad alto contenuto speculativo. Il denaro, cioè il premio, che si consegna al gestore (banca, SIM o compagnia d'assicurazione) viene cioè investito in quote di fondi di investimento, i quali posseggono generalmente una parte più o meno elevata di azioni. Il rendimento della polizza è così legato al rendimento del fondo; garanzie di rendimenti minimi o di riavere indietro quanto versato non ve ne sono.
La complessità del prodotto assicurativo unit linked e il rischio di subire elevate perdite sono inidonei per persone con bassa conoscenza dei prodotti finanziari e ridotta propensione al rischio.”
Queste ultime parole sono abbastanza indicative. Il governo ha deciso di soccorrere le banche per evitare perdite ai risparmiatori. Ma Giovanni sta fuori da questa categoria. Lui, che sa poco o niente di prodotti finanziari, e’ considerato un investitore sofisticato. Percio’ le perdite che subisce sono a suo carico. E’ questo che la banca gli ha detto.
E mi chiedo:
Che fa la Vigilanza della Banca d’Italia, la Consob, e gli altri organi di controllo? Ed il governo?
Perche’ le banche possono arricchirsi alle spalle di poveri risparmiatori ignari di quello che comparano e poi essere salvate dopo che hanno bruciato grossi capitali?
L’ironia della sorte e’ che Giovanni paghera’ due volte: una con la perdita dei propri risparmi e due con le maggiori imposte che dovra’ pagare perche’ lo stato copra le perdite delle banche che gli hanno appioppato prodotti finanziari a dir poco scabrosi.
E questo quando quelle stesse banche ed il loro top management rimarranno la’ perche’ il governo le ha salvate e proprio con i soldi dei risprmaitori e quindi anche di Giovanni.
E mi tornano alla mente le parole che il mio vecchio professore di liceo citava sempre:
“Il sonno della ragione genera mostri”.
Fino a quando dovremo pagare per i mostri che sonoin alcune banche nostrane?
lunedì 20 ottobre 2008
Italiani dimenticati di Bahia
Porto di Napoli, 1958. La nave francese era carica di italiani (per la maggior parte meridionali) con la tristezza e la speranza nel cuore. Tristezza perche’ abbandonavano la terra amata, loro e dei loro padri. Senza sapere se mai sarebbero tornati. Il dopoguerra aveva lasciato l’Italia distrutta ed il Sud Italia quasi senza speranze. O la fame o il viaggio. Viaggio verso l’ignoto.
E qui nasceva la speranza. Speranza di un mondo migliore, di una vita degna, non piu’ di stenti. In un mondo nuovo, dove (dicevano) davano la terra gratis. Il Brasile.
Il giovane siciliano con lo sguardo sveglio e la millenaria sapienza sicula sul volto, salutava idealmente la terra che aveva lasciato quando era partito dalla Sicilia.
Siculiana, provincia di Agrigento, che aveva lasciato a soli 20 anni, carico di speranze. Ora Pasquale (questo era il suo nome) doveva cominciare una nuova vita. Aveva cominciato gli studi per divenire agronomo ma non li aveva terminati. Il sussidio del governo italiano era venuto meno e non poteva permettersi di continuare gli studi.
Era sbarcato a Salvador nello stato di Bahia, in Brasile. Qui aveva cominciato piccoli lavori come commerciante. Andava fino a Sao Paolo a comprare stoffa e vestiti e li rivendeva a Bahia. I viaggi erano lunghi e difficili e non privi di rischi. Per darvi una idea oggi le strade di collegamento tra la Bahia e il Sud-est del Brasile sono state definite da vari studi in pessime condizioni. A quell’epoca neanche esistevano strade asfaltate. Viaggiare era una avventura. E i banditi ti potevano rapinare ed uccidere.
Ma la sapienza millenaria del simpatico siciliano lo aiuto’ a superare tutte le difficolta’. Non a guadagnare molto pero’. A sbarcare il lunario con dignita’. Il Brasile dell’epoca, terra di sogni e di promesse, si rivelo’ terra difficile, anche se gentile e ospitale.
Ora Pasquale siede qui davanti a me a raccontarmi la sua vita. Non e’ indigente per i parametri brasiliani. Guadagna circa 1200 reais al mese (circa 400 euro) ma deve pagarsi l’assicurazione di salute che si mangia quasi tutto, data la sua eta’ (70 anni). “Ma l’assistenza sanitaria offerta dall’Italia?” gli chiedo. Mi guarda e con un sorriso che tradisce tutta la bonarieta’ siciliana mi dice “Assistenza sanitaria, pensione? Macche’, il governo italiano non mi da niente, per loro non esisto”.
“Ne’ il governo italiano ne’ quello brasiliano”, continua. “Ma perche’?”, gli chiedo io, “qui in Brasile ne avresti diritto”.
E con uno scatto di orgoglio Pasquale mi risponde: “no, perche’ io sono considerato straniero qui in Brasile” e mi mostra la carta per straniero (RNE in linguaggio brasiliano).
Ma, incalzando, gli chiedo: “Per essere vissuto mezzo secolo qui in Brasile, avresti diritto a chiedere la naturalizzazione che ti da gli stessi diritti di un brasiliano”. E Pasquale mi risponde: “Mio caro Max, all’epoca dovevo rinunciare alla mia nazionalita’, quella italiana. Io sono italiano, ho orgoglio della mia patria e non ci rinuncio per niente al mondo. Per questo non ho diritto alla pensione brasiliana”.
Lo confesso: non so quasi niente di sistemi pensionistici italiani e brasiliani (forse dovrei perche’ vivendo in Brasile prima o poi ci passero’ anch’io). Ma penso che Pasquale dice il vero.
Il nostro simpatico amico siciliano dopo oltre mezzo secolo e’ orgoglioso di essere italiano. Guadagna molto poco ed e’ in ristrettezze finanziarie.
Il suo paese, l ‘Italia, lo ignora. Il consolato di Salvador di Bahia fa lo stesso.
In Italia avrebbe diritto alla pensione sociale. La costituzione italiana lo dice. Ma non e’ applicata per gli italiani all’estero.
Gli emigrati italiani in condizione di difficolta’ o indigenza sono una grande realta’. “Quanti sono?” mi chiede un lettore. Non lo so. Sicuramente molti di piu’ di quelli registrati dai consolati italiani, in Brasile e nel mondo. A Salvador una ong, APK, sta facendo il censimento degli italiani, in numero molto maggiore di quello registrato al consolato. Senza fondi statali. Si tratterebbe di un lavoro del governo italiano, che invece non lo fa, ne’ lo finanzia.
Perche’, se si tratta di cittadini italiani?
Pasquale mi guarda con un lampo di furbizia tutta siciliana e mi dice: “ Ne ho visti tanti come me che sono morti qui in Brasile come indigenti. Dopo il lunghissimo viaggio in navi, decenni vissuti in ristrettezze finanziarie qui in Brasile erano tutti fieri di essere italiani. E l’Italia e’ fiera di loro, che l’hanno lasciata per non morire di fame in patria?”.
Non lo so caro Pasquale, ma giro la tua domanda al governo italiano.
E qui nasceva la speranza. Speranza di un mondo migliore, di una vita degna, non piu’ di stenti. In un mondo nuovo, dove (dicevano) davano la terra gratis. Il Brasile.
Il giovane siciliano con lo sguardo sveglio e la millenaria sapienza sicula sul volto, salutava idealmente la terra che aveva lasciato quando era partito dalla Sicilia.
Siculiana, provincia di Agrigento, che aveva lasciato a soli 20 anni, carico di speranze. Ora Pasquale (questo era il suo nome) doveva cominciare una nuova vita. Aveva cominciato gli studi per divenire agronomo ma non li aveva terminati. Il sussidio del governo italiano era venuto meno e non poteva permettersi di continuare gli studi.
Era sbarcato a Salvador nello stato di Bahia, in Brasile. Qui aveva cominciato piccoli lavori come commerciante. Andava fino a Sao Paolo a comprare stoffa e vestiti e li rivendeva a Bahia. I viaggi erano lunghi e difficili e non privi di rischi. Per darvi una idea oggi le strade di collegamento tra la Bahia e il Sud-est del Brasile sono state definite da vari studi in pessime condizioni. A quell’epoca neanche esistevano strade asfaltate. Viaggiare era una avventura. E i banditi ti potevano rapinare ed uccidere.
Ma la sapienza millenaria del simpatico siciliano lo aiuto’ a superare tutte le difficolta’. Non a guadagnare molto pero’. A sbarcare il lunario con dignita’. Il Brasile dell’epoca, terra di sogni e di promesse, si rivelo’ terra difficile, anche se gentile e ospitale.
Ora Pasquale siede qui davanti a me a raccontarmi la sua vita. Non e’ indigente per i parametri brasiliani. Guadagna circa 1200 reais al mese (circa 400 euro) ma deve pagarsi l’assicurazione di salute che si mangia quasi tutto, data la sua eta’ (70 anni). “Ma l’assistenza sanitaria offerta dall’Italia?” gli chiedo. Mi guarda e con un sorriso che tradisce tutta la bonarieta’ siciliana mi dice “Assistenza sanitaria, pensione? Macche’, il governo italiano non mi da niente, per loro non esisto”.
“Ne’ il governo italiano ne’ quello brasiliano”, continua. “Ma perche’?”, gli chiedo io, “qui in Brasile ne avresti diritto”.
E con uno scatto di orgoglio Pasquale mi risponde: “no, perche’ io sono considerato straniero qui in Brasile” e mi mostra la carta per straniero (RNE in linguaggio brasiliano).
Ma, incalzando, gli chiedo: “Per essere vissuto mezzo secolo qui in Brasile, avresti diritto a chiedere la naturalizzazione che ti da gli stessi diritti di un brasiliano”. E Pasquale mi risponde: “Mio caro Max, all’epoca dovevo rinunciare alla mia nazionalita’, quella italiana. Io sono italiano, ho orgoglio della mia patria e non ci rinuncio per niente al mondo. Per questo non ho diritto alla pensione brasiliana”.
Lo confesso: non so quasi niente di sistemi pensionistici italiani e brasiliani (forse dovrei perche’ vivendo in Brasile prima o poi ci passero’ anch’io). Ma penso che Pasquale dice il vero.
Il nostro simpatico amico siciliano dopo oltre mezzo secolo e’ orgoglioso di essere italiano. Guadagna molto poco ed e’ in ristrettezze finanziarie.
Il suo paese, l ‘Italia, lo ignora. Il consolato di Salvador di Bahia fa lo stesso.
In Italia avrebbe diritto alla pensione sociale. La costituzione italiana lo dice. Ma non e’ applicata per gli italiani all’estero.
Gli emigrati italiani in condizione di difficolta’ o indigenza sono una grande realta’. “Quanti sono?” mi chiede un lettore. Non lo so. Sicuramente molti di piu’ di quelli registrati dai consolati italiani, in Brasile e nel mondo. A Salvador una ong, APK, sta facendo il censimento degli italiani, in numero molto maggiore di quello registrato al consolato. Senza fondi statali. Si tratterebbe di un lavoro del governo italiano, che invece non lo fa, ne’ lo finanzia.
Perche’, se si tratta di cittadini italiani?
Pasquale mi guarda con un lampo di furbizia tutta siciliana e mi dice: “ Ne ho visti tanti come me che sono morti qui in Brasile come indigenti. Dopo il lunghissimo viaggio in navi, decenni vissuti in ristrettezze finanziarie qui in Brasile erano tutti fieri di essere italiani. E l’Italia e’ fiera di loro, che l’hanno lasciata per non morire di fame in patria?”.
Non lo so caro Pasquale, ma giro la tua domanda al governo italiano.
sabato 18 ottobre 2008
Gli italiani all’estero e i tagli della Finanziaria
“Caro Max ma perche’ non scrivi sui tagli della Finanziaria per gli italiani all’estero?” mi chiede con veemenza il mio lettore dallo stato di New York. “Il nuovo governo sta tagliando tutto e tu non dici niente. Perche’?”. Un’altro dai Caraibi gli fa eco: “Questi tagli sono cosi’ consistenti che bisogna dire qualcosa”. Calma miei lettori, calma.
Non mi sono nascosto alle mie responsabilita’. E non voglio stupirvi ne’ lasciarvi incolleriti con quanto sto per dirvi. Sono favorevole ai tagli del nuovo governo con un ma.
“Ma che dici Max?” sareste pronti a replicare in tanti. “Ma perche’?”
Per le parole del mio vecchio e caro professore di liceo, un tipo burbero e tosto, ma a cui piaceva dire la verita’. Ricordo le sue parole: “Quando si vede un provvedimento di un governo, di una istituzione, di un paese, mio caro Max, lascia perdere gli strilli e le grida, ma vedi solo i fatti.” . “Due sono i criteri: i beneficiati e le misure adottate”.
Devo confessare la mia ignoranza sul vasto provvedimento della Finanziaria per gli italiani all’estero. E vi spiego anche il perche’. Un motivo molto prosaico: la mia figlioletta di pochi mesi non dorme, i soldi per il bilancio familiare dell’italiano all’estero (il sottoscritto) sono pochi e non mi posso permettere una nursey. Devo ninnare da solo. Per questo non ho avuto il tempo di analizzare la nuova Finanziaria in dettaglio.
Tuttavia conosco bene due aree degli italiani all’estero e, in relazione a queste, possono esprimere un giudizio: la stampa italiana all’estero, gli emigrati in condizione di indigenza.
In relazione alla stampa italiana all’estero ho condotto una inchiesta che ha messo in evidenza (leggete il mio blog www.maxbono.blogspot.com per i dettagli) una vera e propria gomorra di spreco di fondi pubblici.
Le iniquita’, la altissima concentrazione di fondi pubblici a beneficio del gruppo Assopigliatutto- La Repubblica, i milioni di rivoli in cui si perdono i fondi pubblici in giornali e riviste mai pubblicati, inesistenti, con poche copie, con pubblicazioni inconsistenti, di qualita’ molto dubbia. Persone a dir poco folkloristiche per non dire sinistre, e a volte addirittura con fedina penale poco pulita. L’editoria italiana all’estero ha di tutto e di piu’. No mio caro lettore i tagli, la razionalizzazione delle spese in quest’ area non mi lascia per niente proccupato anzi. Finalmente arriva e speriamo che sia veramente giusta, che la finisca con gli sprechi colossali, che benefici chi il giornalista all’estero lo fa veramente, con articoli di qualita e sul territorio, sul web o sulla carta stampata in egual misura. Abbiamo chiesto a voce alta questa razionalizzazione e la vogliamo veramente.
Coloro che sono colpiti dalle misure del governo sono, per la maggior parte, persone che non meritavano, che ne approfittavano (per non dire di peggio). I beneficiati (si spera) dovrebbero essere quelli che il giornalismo all’estero lo fanno sul serio. Le misure adottate, la razionalizzazione ed i tagli sono pertanto misure giuste.
E veniamo al ma. Questo riguarda un’area che mi sta particolarmente a cuore, che conosco bene: gli emigrati in condizione di estrema indigenza. Purtroppo le misure (o per meglio dire l’assenza di misure) sono uguali a quelle del precedente governo. Ancora una volta gli emigrati indigenti che vivono nelle favelas brasiliane, argentine, sudamericane o di altri parti del mondo, sono abbandonati a se’ stessi. Assistenza sanitaria, pensioni sociali sono ancora un lontano miraggio. E’ buffo che le critiche a questo governo vengono dalla stessa parte che nel governo scorso non ha fatto niente per gli indigenti. Di nuovo la lezione del mio professore di liceo torna alle mie orecchie: i danneggiati dall’assenza di misure adottate sono italiani in condizione di difficolta’, indigenti.
Ma forse, al di la’ della mancanza di fondi per loro, quello che colpisce e’ la mancanza di sensibilita’ dell’italiano medio per questi emigrati indigenti. Nella gomorra napoletana sono morti 6 persone in una strage vergognosa contro gli immigrati africani. Nella gomorra di rio de janeiro sono morti in un giorno 30 persone mitragliate in una strage uguale a Duque de caxias, periferia di Rio. Nella gomorra di salvador di Bahia sono morti in una strage analoga piu’ di una mezza dozzina di persone. Succede quasi tutti i fine settimana, mi racconta un amico che vive li’.
Emigrato indigente italiano. Dimenticato dall’italiano di Italia, che pare sensibile alle gomorre nostrane e non a quelle che avvengono in altri paesi, anche se i suoi fratelli italiani all’estero vivono li’.
Non mi sono nascosto alle mie responsabilita’. E non voglio stupirvi ne’ lasciarvi incolleriti con quanto sto per dirvi. Sono favorevole ai tagli del nuovo governo con un ma.
“Ma che dici Max?” sareste pronti a replicare in tanti. “Ma perche’?”
Per le parole del mio vecchio e caro professore di liceo, un tipo burbero e tosto, ma a cui piaceva dire la verita’. Ricordo le sue parole: “Quando si vede un provvedimento di un governo, di una istituzione, di un paese, mio caro Max, lascia perdere gli strilli e le grida, ma vedi solo i fatti.” . “Due sono i criteri: i beneficiati e le misure adottate”.
Devo confessare la mia ignoranza sul vasto provvedimento della Finanziaria per gli italiani all’estero. E vi spiego anche il perche’. Un motivo molto prosaico: la mia figlioletta di pochi mesi non dorme, i soldi per il bilancio familiare dell’italiano all’estero (il sottoscritto) sono pochi e non mi posso permettere una nursey. Devo ninnare da solo. Per questo non ho avuto il tempo di analizzare la nuova Finanziaria in dettaglio.
Tuttavia conosco bene due aree degli italiani all’estero e, in relazione a queste, possono esprimere un giudizio: la stampa italiana all’estero, gli emigrati in condizione di indigenza.
In relazione alla stampa italiana all’estero ho condotto una inchiesta che ha messo in evidenza (leggete il mio blog www.maxbono.blogspot.com per i dettagli) una vera e propria gomorra di spreco di fondi pubblici.
Le iniquita’, la altissima concentrazione di fondi pubblici a beneficio del gruppo Assopigliatutto- La Repubblica, i milioni di rivoli in cui si perdono i fondi pubblici in giornali e riviste mai pubblicati, inesistenti, con poche copie, con pubblicazioni inconsistenti, di qualita’ molto dubbia. Persone a dir poco folkloristiche per non dire sinistre, e a volte addirittura con fedina penale poco pulita. L’editoria italiana all’estero ha di tutto e di piu’. No mio caro lettore i tagli, la razionalizzazione delle spese in quest’ area non mi lascia per niente proccupato anzi. Finalmente arriva e speriamo che sia veramente giusta, che la finisca con gli sprechi colossali, che benefici chi il giornalista all’estero lo fa veramente, con articoli di qualita e sul territorio, sul web o sulla carta stampata in egual misura. Abbiamo chiesto a voce alta questa razionalizzazione e la vogliamo veramente.
Coloro che sono colpiti dalle misure del governo sono, per la maggior parte, persone che non meritavano, che ne approfittavano (per non dire di peggio). I beneficiati (si spera) dovrebbero essere quelli che il giornalismo all’estero lo fanno sul serio. Le misure adottate, la razionalizzazione ed i tagli sono pertanto misure giuste.
E veniamo al ma. Questo riguarda un’area che mi sta particolarmente a cuore, che conosco bene: gli emigrati in condizione di estrema indigenza. Purtroppo le misure (o per meglio dire l’assenza di misure) sono uguali a quelle del precedente governo. Ancora una volta gli emigrati indigenti che vivono nelle favelas brasiliane, argentine, sudamericane o di altri parti del mondo, sono abbandonati a se’ stessi. Assistenza sanitaria, pensioni sociali sono ancora un lontano miraggio. E’ buffo che le critiche a questo governo vengono dalla stessa parte che nel governo scorso non ha fatto niente per gli indigenti. Di nuovo la lezione del mio professore di liceo torna alle mie orecchie: i danneggiati dall’assenza di misure adottate sono italiani in condizione di difficolta’, indigenti.
Ma forse, al di la’ della mancanza di fondi per loro, quello che colpisce e’ la mancanza di sensibilita’ dell’italiano medio per questi emigrati indigenti. Nella gomorra napoletana sono morti 6 persone in una strage vergognosa contro gli immigrati africani. Nella gomorra di rio de janeiro sono morti in un giorno 30 persone mitragliate in una strage uguale a Duque de caxias, periferia di Rio. Nella gomorra di salvador di Bahia sono morti in una strage analoga piu’ di una mezza dozzina di persone. Succede quasi tutti i fine settimana, mi racconta un amico che vive li’.
Emigrato indigente italiano. Dimenticato dall’italiano di Italia, che pare sensibile alle gomorre nostrane e non a quelle che avvengono in altri paesi, anche se i suoi fratelli italiani all’estero vivono li’.
sabato 11 ottobre 2008
The end of the financial world
Lehmann disappeared. Merrill Lynch as well. Morgan Stanley seems to be the next one to disappear. AIG, together with Fannie Mare and Freddie Mac nationalized.
A gigantic rescue attempt of the financial system by the US government spending billions of dollars seems not to stop the anxiety of stocks investors all around the world, all taken by a selling frency. The world of investment banking built up in over a century, nearly disappeared in less than a week.
What’s happening? Is this the end of the world? Actually it is the end of the world, the end of the financial world. What does that mean? Let’s try to understand what is happening.
The service industry always took advantage of its position to get fat and often unjustified margins by its clients. And, within it, the financial industry was the one that got the fattest margins and (probably) the lowest value added for its clients.
In the past bank clients had to book an appointment and meet his/her bank manager to receive good advise and make “good” investments in stocks and bonds.
But this is history. Nowadays you can easily do the same thing over the net with a click of your mouse and without any time wasting. Well, you could argue that the advise of your bank manager is invaluable. But is it?
Over the net you could get such valuable information that, probably, not even a good branch manager of a large bank could give you. And so, whay would you pay so fat margins to your bank? Well, you would say that this phenomenon was already true in the recent past. What does that have to do with Wall Street financial meltdown? In fact it was the sub-prime loan crisis which spurred the meltdown, not the disintermediation and disintegration of the financial industry. True and not.
The sub-prime loan crises accelerated a trend which was already inevitable: the disappeareance of the financial industry the way it is now and the creation of two different financial worlds.
An investment and commercial banking group class which offers standardized products to its clients, and a small group of very high value added institutions which gives real valuable advise to their clients.
The investment banking industry had already undergone a change in the last years but few people had admitted it. The very same change that the commercial banking industry had undergone in the past.
As we might reckon, the standardization of the traditional banking and insurance products made unjustified the fat margins asked by the commercial banks and insurance companies. But, within the financial industry, the investment bank industry was still earning fat margins. The justification was simple: high value-added products offered by very experienced financial experts.
Capital market products (both in bonds, equities and derivatives), advisory on large corporate deals, short-term investments, wealth management and even tax optimization plans: these were most of the sophisticated products offered by the industry and people, corporations, commercial banks and insurance companies were willing to pay large margins to get those products.
But the true was that the products were not that sophisticated and, with the rapid diffusion of information due to the internet, they are easily accessable by most operators today.
In addition the greediness of the investment banking industry made it possible to speculate and make huge bets without the backing of the first and foremost tool of the industrial world: the capital. Regulators set very low capital (BIS) ratios and did not adjust them to the new reality of the financial world of derivatives. With huge leveraged positions made possible with new financial instruments an average trader within a financial firm could bet several times the entire capital of any investment banking group.
In fact what the sub-prime loan crises shows is the replication of Nick Leeson’s lesson at system level: the collapse of the industry due to wrong bets and highly leveraged positions against a relatively low capital base. HBOS case show how a well capitalized bank according to BIS standards in fact was not at all in today’s financial world. What Nick Leeson did at personal level the financial industry did as a system: to bet several times its capital to get high profits in an unsustainable situation of the real estate market. That explains why so many firms collapsed: virtually anyone did it without controls. Leverage against it own capital was absurd and untainable. Once one fell, most of the others came along.
The lack of controls and low capital base just accelerated a clear trend of the financial industry: its uselessness in today’s net world.
Nobody needs the old style financial industry. Neither the average man in the street nor the sophisticated investor nor the large corporations nor the governments.
All we need is a bunch of few institutions where we can deposit our money or get a loan from. And at a cheap rate, the base rate for the industry. But also all the other financial products could be offered as standardized and cheap products by the same institutions. There is virtually no sophisticated financial product not easily accessable at a cheap price anymore. Everything is available and standardized in today’s financial industry. And whoever charges high fees for financial products has his days numbered.
There is room only for a bunch of high value added advisors, capable of putting together sophisticated deals in the capital markets world or people with really true excellent analytical skills to make good investment decisions.
But the crowd of high fliers financial whizz-kids is something of the past. No illusions any more: you must get some real value added for the money today. Gone are the days of “good” advise on some secret deals made in the darkness which would make you rich.
Today nearly everything is standardized in the financial world. And whoever says the opposite might do so to justify his/her untainable margins. But today the financial client knows it and does not buy it anymore.
A gigantic rescue attempt of the financial system by the US government spending billions of dollars seems not to stop the anxiety of stocks investors all around the world, all taken by a selling frency. The world of investment banking built up in over a century, nearly disappeared in less than a week.
What’s happening? Is this the end of the world? Actually it is the end of the world, the end of the financial world. What does that mean? Let’s try to understand what is happening.
The service industry always took advantage of its position to get fat and often unjustified margins by its clients. And, within it, the financial industry was the one that got the fattest margins and (probably) the lowest value added for its clients.
In the past bank clients had to book an appointment and meet his/her bank manager to receive good advise and make “good” investments in stocks and bonds.
But this is history. Nowadays you can easily do the same thing over the net with a click of your mouse and without any time wasting. Well, you could argue that the advise of your bank manager is invaluable. But is it?
Over the net you could get such valuable information that, probably, not even a good branch manager of a large bank could give you. And so, whay would you pay so fat margins to your bank? Well, you would say that this phenomenon was already true in the recent past. What does that have to do with Wall Street financial meltdown? In fact it was the sub-prime loan crisis which spurred the meltdown, not the disintermediation and disintegration of the financial industry. True and not.
The sub-prime loan crises accelerated a trend which was already inevitable: the disappeareance of the financial industry the way it is now and the creation of two different financial worlds.
An investment and commercial banking group class which offers standardized products to its clients, and a small group of very high value added institutions which gives real valuable advise to their clients.
The investment banking industry had already undergone a change in the last years but few people had admitted it. The very same change that the commercial banking industry had undergone in the past.
As we might reckon, the standardization of the traditional banking and insurance products made unjustified the fat margins asked by the commercial banks and insurance companies. But, within the financial industry, the investment bank industry was still earning fat margins. The justification was simple: high value-added products offered by very experienced financial experts.
Capital market products (both in bonds, equities and derivatives), advisory on large corporate deals, short-term investments, wealth management and even tax optimization plans: these were most of the sophisticated products offered by the industry and people, corporations, commercial banks and insurance companies were willing to pay large margins to get those products.
But the true was that the products were not that sophisticated and, with the rapid diffusion of information due to the internet, they are easily accessable by most operators today.
In addition the greediness of the investment banking industry made it possible to speculate and make huge bets without the backing of the first and foremost tool of the industrial world: the capital. Regulators set very low capital (BIS) ratios and did not adjust them to the new reality of the financial world of derivatives. With huge leveraged positions made possible with new financial instruments an average trader within a financial firm could bet several times the entire capital of any investment banking group.
In fact what the sub-prime loan crises shows is the replication of Nick Leeson’s lesson at system level: the collapse of the industry due to wrong bets and highly leveraged positions against a relatively low capital base. HBOS case show how a well capitalized bank according to BIS standards in fact was not at all in today’s financial world. What Nick Leeson did at personal level the financial industry did as a system: to bet several times its capital to get high profits in an unsustainable situation of the real estate market. That explains why so many firms collapsed: virtually anyone did it without controls. Leverage against it own capital was absurd and untainable. Once one fell, most of the others came along.
The lack of controls and low capital base just accelerated a clear trend of the financial industry: its uselessness in today’s net world.
Nobody needs the old style financial industry. Neither the average man in the street nor the sophisticated investor nor the large corporations nor the governments.
All we need is a bunch of few institutions where we can deposit our money or get a loan from. And at a cheap rate, the base rate for the industry. But also all the other financial products could be offered as standardized and cheap products by the same institutions. There is virtually no sophisticated financial product not easily accessable at a cheap price anymore. Everything is available and standardized in today’s financial industry. And whoever charges high fees for financial products has his days numbered.
There is room only for a bunch of high value added advisors, capable of putting together sophisticated deals in the capital markets world or people with really true excellent analytical skills to make good investment decisions.
But the crowd of high fliers financial whizz-kids is something of the past. No illusions any more: you must get some real value added for the money today. Gone are the days of “good” advise on some secret deals made in the darkness which would make you rich.
Today nearly everything is standardized in the financial world. And whoever says the opposite might do so to justify his/her untainable margins. But today the financial client knows it and does not buy it anymore.
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