Confesso che non l’ho visto. Probabilmente non lo vedro’. Ma leggendo la trama del nuovo film Italians, di prossima uscita in Italia, mi torna alla mente la frase del mio vecchio professore di liceo: “Caro Max, quando si parla di un luogo, di un popolo, vai sempre alla fonte, come ricercatore parla e se puoi vivi con le persone del luogo. E’ sempre meglio l’interpretazione autentica piuttosto che quella filtrata, di persone che non sono state mai in quel luogo o, peggio ancora, sono state li’ per turismo”.
Forse una delle ragioni per cui sono divenuto italiano all’estero e’ questa, perche’ non volevo leggere di cio’ che accadeva in posti che non conoscevo con commenti di persone che andavano li’ per un breve periodo come giornalisti o turisti. Preferivo andare di persona e “vivere” il posto e le persone del luogo, specialmente gli italiani all’estero. Cosi’ ho conosciuto alle radici le tematiche degli italiani all’estero. Ironia della sorte, nonostante le mie profonde conoscenze dell’ argomento, non sono mai stato convocato da alcuna delle numerose commissioni parlamentari su queste tematiche. E dire che a queste commissioni vanno “cani e porci” per parlare dell’universo mondo.
Ma cio’ che mi preme oggi e’ di sottolineare una moda di lunga data del nostro cinema: quella di dipingere l’italiano all’estero, in maniera macchiettistica, l’eterno furbone in vacanza, che cerca di sbarcare il lunario con trucchi, con inghippi, con inganni.
Purtroppo l’ immagine che si ha in Italia dell’italiano all’estero e’ questa: Italians e’ solo l’ultimo di una lunga serie di film che si sono arrichiti con uno stereotipo di italiano all’estero che e’ tanto comico quanto lontano anni luce dal vero. L’italiano “che si fa sempre riconoscere”, la macchietta. A questo riguardo bisogna essere realisti: il cinema e’ fatto per guadagnare e film su persone che lavorano alacremente all’estero sarebbero considerati barbosi e probabilmente sarebbero un disastro in biglietteria. Il furbone, quella che pensa di saperla lunga, che vuole fare fesso gli altri, quello si che vende. In realta’ questa immagine solletica l’immaginario collettivo dell’italiano medio:
vado all’estero dove mi libero dalle catene della societa’ italiana ingessata e mi scateno nell’ avventura anche selvaggia. Come se all’estero, specie nei paesi meno sviluppati, non ci fossero regole, si vivesse ne far west.
Per lo meno in questo questi film sono veritieri: gli italiani che vivono in Italia e vengono ad esempio in Brasile per turismo a volte si comportano proprio cosi’, con festini a base di sesso, droga e rock’n ‘roll che infangano la comunita’ italiana residente in Brasile, che vive e lavora in maniera onesta qui in Brasile. Non e’ l’italiano all’estero ma e’ proprio l’italiano d’Italia in vacanza che si comporta cosi’ da avventuriero, da pirata. Poi quando torna in patria e’ il primo a denigrare l’italiano all’estero e come si vive la’, anche se lui va segretamente proprio per queste ragioni.
L’ipocrisia regna sovrana.
Pertanto un consiglio ai miei lettori: se volete vedere il film Italians per fare due risate andateci pure, probabilmente ne vale la pena.
Ma se, dopo aver assistito al film, pensate di aver visto come vivono gli italiani all’estero, mi dispiace deludervi: vi sbaglierete di grosso.
L’italiano all’estero, nella maggior parte dei casi, vive e lavora duramente: il furbone che vedrete nel film ritrae piu’ il regista del film che guadagna “sulle spalle nostre” che noi italiani all’estero.
1 commento:
Caro max, ieri sera purtroppo sono incappata ingenuamente in questo film. Ero fermamente convinta che sarebbe stato piacevole.
La tua visione é interessante anche se denota che ti sei perso questo mirabile capolavoro! Il film é anche peggio di una semplice rappresentazione macchiettistica dell'italiano all'esterno, bensi un'elogio all'italianitá, quella strana malattia che sta colpendo la penisola. Un morbo ben distante dalla dolce visione caricaturale alla Totó o alla Sordi, ma piú vicino al peso culturale di un Corona e di qualche erudito tronista.
L'aforisma che apre la seconda parte (quella interpretata da Verdone) é una frase presumibilmente tratta da qualche linea di T-shir per decerebrati.
La frase é la seguente:" La vita é troppo breve per non essere italiani"...certo! Perché italiani non si nasce, si diventa. E´per fortuna allora. Anch'io come te sono un'italiana ( o dovrei dire un'italiese) all'estero. Nostalgicamente affezionata alla nostra penisola a forma di stivaletto e tristemente cosciente che il paese é allo sfacio.
Un altro particolare agghiaciante: il film é stato riconosciuto come film d'interesse culturale nazionale dalla Direzione Generale per il Cinema del Ministero per i Beni e le Attività Culturali italiano. Che dire: c'é chi ha Kurosawa, c'é chi ha Linch e c'é chi ha Veronesi. Il solito culo! Ovvio, con questo non dico che c'é solo questo, ma menzionare un film del genere in questa lista...
Oltre a dare una rappresentazione stupida e falsa dell'italiano e dell'italianitá, generalizzare senza tregua, cercare alti momenti di poesia in elementi banali e restrogradi (un esempio é il suono del motore della ferrari)il film presenta é scarsissimo anche dal punto di vista della sceneggiatura, dei dialoghi e delle scenografie. L'arabia saudita pare la rappresentazione del presepe. Qualche pecorella qua e la, una bella casa tra la sabbia con i tappeti a terra e una scena di toccante del Bravo Scamarcio vicino a un pozzo con la luna. No,... non é per niente stereotipato.
Non posso non pensare a Pasolini o sorridere crudelmente immaginando un commento del nostro Carmelo Bene. Se girassero ancora in analogico avrebbero sprecato un sacco di metri di pellicola.
Scusa se la mia critica é carente di una solida sintassi, ma sono in ufficio e ancora schifata da ieri, volevo esprimere il mio sdegno.
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