5 aprile 2018 Porto Alegre Il giudice Sergio Moro ha ordinato all’ ex-presidente Lula da Silva di costituirsi alla polizia federale il giorno successivo alle ore 17 locali per essere arrestato.
6 aprile 2018 Curitiba La ressa dei fotografi davanti al carcere di Curitiba e’ immane.
Tutti vogliono vedere l’ex-presidente Lula entrare nel carcere. Si avvicinano le ore 17. Le tv brasiliane e straniere sono come impazzite. Ed ecco che un auto si avvicina.
E dalla stessa esce lui, l’ex-presidente. Alza le dita in segno di vittoria. Si sente come Nelson Mandela. Si proclama innocente. Ma si avvia tristemente verso il carcere. E’ la fine di un epoca.
Ma che cosa sta succedendo in Brasile? Come e’ possibile che un presidente di un paese, sicuramente il piu’ popolare della storia del Brasile, passi dalla miseria al potere assoluto e di nuovo alla miseria?
Benvenuti nel gigante sudamericano per eccellenza, il Brasile, l’unico paese al mondo dove il limite tra potere e miseria, tra elite e plebaglia, tra essere “ai piani alti” e in prigione, e’ piccolissimo, quasi nullo.
Eh si perche’ in nessun paese al mondo, a meno che si verifichi un colpo di stato o una rivoluzione, si verificano fatti come quelli che si stanno verificando in Brasile.
E non ci riferiamo solo a Lula.
Decine e decine di ex-governatori di stati del Brasile, di alti funzionari del potere a tutti i livelli burocratici e amministrativi, di direttori e funzionari di societa’ pubbliche e private, sono finiti in carcere nel gigante sudamericano.
Ma il caso di Lula e’ emblematico.
Non vogliamo scrivere il solito polpettone giornalistico sulla storia del povero arrivato al potere dal nulla e che poi torna nel nulla. Lasciamo questo alle decine di giornalisti, alcuni pennivendoli che esaltavano Lula quando era al potere e ora esaltano la “giustizia” perche’ lo mette in prigione.
Noi vogliamo solo focalizzarci su un punto.
Agli inizi del millennio il Brasile aveva scelto Lula per cambiare le cose.
Grandissime speranze erano riposte in lui e nel PT, il partito dalla parte dei poveri e dei lavoratori.
E realmente le cose migliorarono e molto in Brasile. Una grande ripresa economica, un dinamismo senza eguali e una stabilita’ monetaria mai vista nella storia del Brasile.
C’erano tutti i presupposti di un innalzamento del livello del paese da “subdesenvolvido” (sottosviluppato) a paese quasi desenvolvido (sviluppato).
Il paese sembrava vivere una fase nuova. C’era un grande ottimismo. C’era attenzione ai poveri con i programma “fome zero”, “minha casa minha vida” e altri molto importanti. Al tempo stesso l’economia cresceva di pari passo. Un ottimismo quasi contagioso attraversava tutti i gangli della societa’.
Tutti pensavamo che il Brasile era nella direzione giusta. Ma c’era qualcosa che non andava.
Cosa?
Il settore pubblico. Era sempre lo stesso. L’educazione, la sanita’, le infrastrutture, le opere pubbliche. Erano migliorate ma erano ancora a livelli di sottosviluppo.
E nell’ombra cresceva sempre di piu’ un male endemico del Brasile che pero’ nell’epoca di Lula sembrava aver raggiunto livelli strutturali: la corruzione.
Qualunque cosa era monopolizzata dal partito al potere. Qualunque opera pubblica andava sempre alle stesse imprese. Quelle che finanziavano il PT.
Il paese non migliorava. Al contrario l’eccitazione che il Brasile viveva sembrava invece passeggera. Come un magico sogno che tutto andava bene.
Ma poi quando ci alzava il mattino per andare a lavorare il prezzo del biglietto dell’autobus aumentava sempre di piu’. L’inflazione strisciante aumentava il prezzo delle cose di qualita’.
Le opportunita’ di lavoro offerte alla classe media erano bloccate.
Se non appartenevi alla classe del PT tutto era bloccato.
Addirittura per i giornalisti nelle conferenze stampa lo spazio era in fondo alla sala come quando Dilma venne a Salvador. Non c’era possibilita’ di replica. La critica era quasi soffocata nel mare magnum del “le cose vanno bene”.
Ma le cose non andavano bene. Si viveva un sogno. Ma le cose diventavano sempre piu’ care. Arrivato in Brasile agli inizi del 2000, all’inizio dell’epoca Lula, la vita era molto piu’ economica che in Italia.
Alla fine dell’epoca Lula (includendo il periodo di Dilma) il Brasile e’ diventato un paese carissimo, molto di piu’ che in Italia.
Sembrava quasi che il magico sogno fosse finito. O che la sbornia fosse passata. E che rimaneva solo un grande mal di testa. La societa’ era delusa.
Non era cambiato nulla. Ma non era vero.
Alla fine dell’epoca del PT le cose sono invece cambiate e molto. Non bisogna mentire a riguardo. Il Brasile e’ molto migliorato.
Ma quello che veramente ha deluso e’ che si pensava di diventare un paese dove le opportunita’ sarebbe aumentata su un nasceva PP (preto, pobre cioe’ nero e povero) o della classe media.
Ma questo non e’ cambiato. Il Brasile e’ uguale a prima. Non ci sono le opportunita’ sperate.
La fine del PT al potere e’ stata un miscuglio di corruzione dilagante a tutti i livelli. L’operazione Lava Jato ha scoperchiato un livello di corruzione inaudito, che ricorda il livello delle corruzioni Enimont in Italia.
Il Brasile e’ come un bambino che si e’ risvegliato da un brutto sogno e che piange.
Il Brasile e’ cambiato. Profondamente. Paradossalmente il merito del PT e’ la causa della sua fine.
Spieghiamoci.
Fintantoche’ il Brasile era mantenuto nell’ignoranza dell’élite nel canale Rio- Sao Paolo i brasiliani non facevano sentire la loro voce in maniera forte, con l’eccezione del caso Fernando Affonso Collor de Mello che fu deposto dal potere.
Ma quando il paese ha cominciato a accelerare, diventare una potenza economica e sociale, la gente ha preteso giustamente che le cose migliorassero anche nel settore pubblico e nell’amministrazione della giustizia e del potere.
Ma questo non e’ avvenuto. Al contrario le opportunita’ sono sempre state poche anche con Lula.
Il processo che ha portato il PT fuori dal potere e’ sicuramente a dir poco dubbio per non dire non democratico.
Ma questo non toglie che il paese era stufo di Lula e del PT.
Il paese voleva cambiare sul serio. Il paese voleva diventare sul serio quello che Lula gli aveva promesso e che non aveva mantenuto: un paese del futuro.
Ma Lula non l’ha capito.
E questo e’ stato il suo grande errore. Ha continuato a insistere nella sua candidatura quando era evidente che il paese era stufo della politica del PT. Non di lui.
Ma lui era il primo responsabile del sistema di corruzione impiantato nel paese.
E Lula e’ andato avanti ignorando cio’. E forse e’ questa la vera ragione della sua fine in carcere.
La folla ulula fuori del carcere di Curitiba.
il grande ex-presidente sorride e promette che ritornera’. Che lui e’ come Mandela. Uscira’ e tornera’ presidente.
Lula e’ stato un grande. Ma non ha capito quando era ora di farsi da parte.
E’ triste ma vera la frase del mio vecchio professore di storia al liceo:
“Caro Max se cominci una rivoluzione stai attento. Ti porteranno sugli scudi ma se tradisci le promesse finirai nella polvere. E come nella rivoluzione francese chiederanno la tua testa”.
E sembra proprio che questo sia successo al grande ex-presidente Lula.
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