A che serve un consolato? A che serve una rappresentanza di uno stato in terra straniera? Qual è l’utilità di una presenza fisica territoriale di uno stato all’estero?In tempi di internet ad alta velocità la maggior parte delle informazioni viaggiano in rete e l’utilità della presenza fisica in un altro luogo è ridotta.
Questo è valido, tuttavia, in presenza di tre condizioni:
1) perfetta informatizzazione dei servizi pubblici,
2) inserimento delle informazioni in tempo reale da parte degli uffici competenti;
3) addestramento del pubblico utente.Chiunque conosce la pubblica amministrazione italiana, specie quella all’estero, sa benissimo che siamo anni luce dalla presenza di queste pre-condizioni.
Basti pensare che in un consolato periferico come quello di Salvador de Bahia si richiede la presenza fisica per prelevare i moduli per i certificati, dopo una estenuante attesa in un sole africano (invece che poterli comodamente scaricare da internet). Il tempo medio di attesa di un certificato (che on-line sarebbe immediatamente disponibile) è 15 giorni.
La triste situazione di Salvador de Bahia si riproduce in moltissimi altri consolati, specialmente quelli periferici.Pertanto c’è la seria necessità di potenziare questi consolati, non di ridurli.
Perché ciò avviene dunque? Per una serie di ragioni: politiche ed economiche.Politicamente la situazione odierna è paradossale: per la prima volta i cittadini italiani all’estero hanno avuto la possibilità di mandare eletti nella propria circoscrizione al Parlamento italiano. Pertanto il loro potere politico dovrebbe essere il massimo nella storia delle comunità italiane all’estero. Tuttavia è il contrario: la cronica incapacità dei rappresentanti italiani eletti nelle circoscrizioni estere di far valere il loro potere negoziale sta generando una spirale in cui le comunità italiane sono costantemente emarginate e umiliate come mai nella storia della Repubblica.Il personale del Ministero degli Esteri è demoralizzato e diffidente, ma soprattutto le comunità italiane si sentono sempre più abbandonate dalla madrepatria.In realtà la ragione vera della severa riduzione della presenza italiana all’estero
(l’Illustrissimo ci permetta ma preferiamo questa parola a restyling) è economica.
La presenza di consolati, in un mondo sempre più legato al business, è promuovere i propri affari all’estero. Gli Usa e la Gran Bretagna sono maestri in questo. Non così l’Italia. L’atteggiamento un po' da corte rinascimentale della diplomazia italiana ricorda una nobiltà decaduta da “Miseria e Nobiltà” di Eduardo de Filippo.
Non c’è un approccio di stimolo degli investimenti italiani all’estero, tranne in casi di carovane di investitori che vengono al seguito del Presidente del Consiglio.Si tratta di iniziative occasionali, molto spesso per motivi di immagine, che non producono molti effetti pratici.Ma l’aspetto peggiore di ciò è che questi interventi sono completamente slegati dalla valorizzazione della comunità italiana nel paese dove si va.In altre parole la comunità italiana all’estera, stando sul posto, ha un know-how enorme che viene completamente negletto.
Ed è forse questo che svilisce più che ogni altro le comunità italiane all’estero. Invece che essere considerate come “punto d’appoggio” in loco, sono considerate al pari di postulanti da scacciare con fastidio.Il problema fondamentale della politica estera italiana è che non c’è una politica estera italiana. Siamo ancora troppo legati a vecchie logiche ed andiamo al carro di superpotenze ed ex-tali.
Siamo oggetti piuttosto che soggetti politici. E questo anche all’interno dell'Unione Europea, dove siamo trattati da scolaretti che devono sempre fare i compiti a casa.L’uscita da ciò sarebbe valorizzare le comunità italiane all’estero con consolati forti che stimolano la crescita economica di imprese italiane in loco e della madrepatria, così facendo stimolando anche l’economia del paese ospite. Il know-how delle comunità italiane genererebbe uno scambio di informazioni e flussi economici con l’Europa, piuttosto che una eterna pretesa di aiuti economici che non vengono mai.Tutto questo sempre che l’Illustrissimo non passi dal restyling al thinnning style (supermagro) della nostra rete consolare all’estero.
http://www.legnostorto.com/index.php?option=com_content&task=view&id=19376
http://liberaliperisraele.ilcannocchiale.it/post/1652398.html
http://www.investirenelmondo.com/europa/articoli/a-che-serve-oggi-un-consolato-2.html
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