Sapevate che ci sono più di un centinaio tra giornali, riviste e agenzie italiane all’estero? Sapevate che alcuni di loro sono abbastanza popolari? E sapevate che raramente vi appaiono critiche ai rappresentanti italiani all’estero eletti nel Parlamento italiano? Ma com’è possibile visto che alcune delle comunità italiane all’estero (specialmente quella sudamericana) sono molto critiche nei confronti dell’operato della madrepatria nei loro confronti?
Questo mistero si svela con lo stato di grande confusione dell’informazione italiana all’estero, che sostanzialmente si basa su:
1) contributi alla stampa periodica italiana all’estero, regolati dall’art. 26 della legge del 1981: stanziati dalla legge Finanziaria di circa 2 milioni di euro.
2) Contributi a quotidiani italiani diffusi all’estero di circa 3 milioni di euro. In questa categoria sono inclusi principalmente Il Corriere canadese e America oggi, ma anche La Voce d’Italia di Caracas, L’Italia del popolo, Il Globo e Gente d’Italia.
Vi sono poi gli abbonamenti del MAE con alcune agenzie, i fondi delle regioni italiane e soprattutto alcune agenzie che hanno una convenzione con la Presidenza del Consiglio.
In questa giungla di contributi di varia natura sembrano esserci alcuni comuni denominatori:
1) l'attribuzione è basata su criteri quasi discrezionali. La legge del 1981 recita, in maniera generica che l’attribuzione si ha “tenendo conto della loro diffusione presso i lavoratori italiani all'estero, della loro natura e consistenza informativa, nonché del loro apporto alla conoscenza dei fatti italiani e dei problemi del lavoro italiano all'estero”.
2) l'attribuzione dei fondi è di competenza delle autorità governative.
Pertanto i commenti alla camomilla, a volte addirittura i panegirici dei rappresentanti eletti, si sprecano nella stampa italiana all’estero. Pare che ancora esista, in molti casi, un atteggiamento subalterno della stampa italiana all’estero verso il potere. Insomma, il tenore dei commenti non corrisponde al grado di soddisfazione delle comunità italiane all’estero ma più spesso è motivato da ragioni finanziarie: il governo molto spesso concede ad alcune riviste e agenzie italiane all’estero fondi con cui essi sopravvivono.
Bisogna essere chiari: i giornali, le riviste e le agenzie italiane all’estero non sono enti di carità e pertanto fanno ciò che possono per sopravvivere: sono quindi ben felici di usufruire di fondi governativi. E’ un loro diritto. Solo che, inevitabilmente, data la discrezionalità nell’assegnazione dei fondi, sussiste un certo timore nel criticare il governo, la maggioranza e i parlamentari in genere, visto che è sempre serpeggiante la paura di perdere i fondi.
Tuttavia ci sono due punti da sottolineare:
1) per onestà verso i propri lettori i giornali dovrebbero rendere noto quanto ricevono e da chi, un po’ come avviene per le banche di investimento.
Nel suggerire l'opportunità dell'acquisto un’azione, le banche dichiarano se posseggono quei titoli o no, e quindi se si trovano in una situazione di potenziale conflitto di interessi nel raccomandare tale acquisto.
Alla stessa maniera i giornali, rendendo noto chi li finanzia, mostrerebbero il proprio potenziale conflitto di interessi nello scrivere a favore di un politico o di un'impresa. Se ciò avvenisse, si spiegherebbero immediatamente gli sperticati elogi che spesso vi appaiono a favore di alcuni politici, specialmente in Sudamerica. Il lettore ed elettore potrebbe perciò intendere il grado di oggettività nelle posizioni dei giornali e agenzie italiane all’estero.
2) vi sono molti giornali, riviste e agenzie che mostrano grande onestà ed indipendenza e veramente esprimono ciò che la collettività italiana all’estero sente.
E’ interessante notare un fenomeno recente abbastanza in uso nella stampa italiana all’estero, specie in America Latina: interviste a politici locali fortemente critici verso l’operato del governo nei confronti della propria comunità locale (tipo Brasile). Se ciò appare una rottura verso l’atteggiamento ossequioso del passato dei giornali italiani all’estero, bisogna tuttavia sottolineare che si tratta di un cambiamento solo apparente.
Ad esempio in Brasile queste dichiarazioni forti vengono proprio da dirigenti locali di partiti che esprimono la corrente maggioranza di governo, e che quindi dovrebbero avere um canale privilegiato con il medesimo.
In altre parole se l’elettore vota X per avere un cambiamento, ed il partito di X va al governo il meno che si può attendere è che X si faccia interprete dei problemi del proprio elettore presso il governo, non che X critichi il governo. Questo è compito del politico dell’opposizione, non di quello vicino al governo.
E’ veramente strano che questa osservazione non venga mai fatta dall’intervistatore ai politici italiani all’estero. Forse ciò mostra la volontà di non mettere l’intervistato a disagio com una ovvia domanda: E lei che fa? Se il suo partito sta al governo e lei non ha influenza su di esso (visto che lo sta criticando) perché votare lei?
Concludendo con una piccola osservazione per gli italiani all’estero: prima di leggere l’ennesima intervista salameccosa al político di turno all’estero, forse è meglio controllare chi finanzia questo giornale, in maniera diretta o indiretta.
Articolo pubblicato il 26 Settembre 2007
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